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Tempi.it – Le insidie nascoste nella legge contro l’omofobia. Dibattito ad Atreju

Al “Natale dei conservatori” di Fratelli d’Italia il direttore di Tempi Emanuele Boffi ha presentato il libro di Alfredo Mantovano contro il ddl Zan. Con lui Isabella Rauti, Mauro Coruzzi-Platinette e Marina Terragni

Ha detto bene Salvatore Merlo sul Foglio, qualche giorno fa, commentando il successo di Atreju, la festa dei giovani di Fratelli d’Italia divenuta questa settimana il centro del dibattito politico italiano, senza urla, risse, veti o starnazzi: Giorgia Meloni ha rivelato «la propria forza nella dimostrazione d’una centralità repubblicana che si specchia nella capacità di attrarre e di dialogare con gli altri. Specie gli avversari poltici».
Il contesto è «Il Natale dei conservatori», e il primo dettaglio che salta agli occhi è proprio la parola «conservatori», che ha sostituito il più tradizionale «patrioti» e che non è solo un maquillage semantico, ma indica piuttosto la nuova dimensione di una Giorgia Meloni che vuole lasciare intendere di essere pronta a governare, e lo fa scegliendo ospiti trasversali e temi che interessano il pubblico.
Nonostante la pioggia torrenziale di un venerdì pomeriggio romano contrassegnato dall’ennesimo sciopero la tensostruttura di Atreju è piena di gente – ragazzi, soprattutto – che per ore ascoltano dibattiti sulla questione islamica, e l’omofobia, dopo che nei giorni scorsi si è parlato di migranti, giustizia, educazione, transizione energetica, lavoro e ci sono state le interviste ai principali leader dei partiti italiani. Centinaia di persone hanno partecipato ieri alla presentazione del libro di Alfredo Mantovano “Legge omofobia, perché non va”, con Isabella Rauti, Marina Terragni e Mauro Coruzzi (in arte Platinette), moderati dal direttore di Tempi, Emanuele Boffi.

«Una società meno permissiva» con la legge Zan
Si inizia con un ricordo affettuoso e un applauso a Luigi Amicone, poi la senatrice Rauti ricorda che con il ddl Zan «si voleva punire con nuovi reati una fobia che non c’è. Si vuole punire chi ha “idee non idonee”, e si punta a rieducare i bambini nelle scuole ad accettare una società asessuata, fluida, dove ci sono molteplicità di generi». Negli incontri di Atreju si fa spesso riferimento alle note linee guida della Commissione europea sul Natale, ma la Rauti ricorda la provocazione di Riccardo Simonetti, “ambasciatore speciale Ue per i diritti Lgbt”, travestito da Madonna Transessuale. «Noi crediamo che i bambini nascono maschi e femmine, e che hanno diritto a un padre e una madre, non possiamo essere puniti soltanto perché pensiamo questo».
Il ddl Zan è stato bloccato al Senato ma, ricorda Boffi, «ha senso parlarne adesso perché la battaglia non è finita: quel ddl può essere ripreso tra sei mesi, ma intanto la definizione di identità di genere è “rientrata dalla finesta” con un’altra legge». È vero che non si può più dire niente, o è un’esagerazione? «Ci sono cose che si fa fatica a dire», esordisce Coruzzi-Platinette, «e che si fa fatica ad accettare quando arrivano da chi si pensa che sia “dei nostri”».
Gay dichiarato e travestito noto da anni per le sue apparizioni televisive, Coruzzi è stato da subito contrario al ddl Zan: «Se prendo una multa perché dico “frocio” a qualcuno vuol dire che stiamo andando verso una società ancora meno permissiva. La società italiana non è omofoba, basta vedere lo spazio che gli omosessuali hanno in tv da anni», dice Platinette, prima di lanciare un appello ai politici di destra: «Fate coming out, anche se è una espressione che odio, in Italia il discorso sull’omosessualità è in mano soltanto alla sinistra». Quello che più scandalizza il conduttore radio e tv, dice, «è l’utero in affitto. Trovo assurdo che una donna venda il proprio corpo per fare da panettiere per infornare il bambino di altri».

«La legge sull’omofobia non riguarda i gay»
Per questa e altre posizioni poco allineate («sono contrario ai matrimoni gay e alle adozioni, penso che gli omosessuali siano più “troie” degli etero» e non vogliano davvero cose del genere) Platinette è definito «omofobo e transfobico come me», dice Marina Terragni, giornalista, scrittrice, femminista e animatrice del blog Feminist post. Lei si è opposta al ddl Zan perché dentro di esso «c’erano due leggi: una che accoglieva la richiesta, giusta, di non discriminazione da parte delle persone omosessuali. Un’altra che introduceva la questione dell’identità di genere, per cui – per fare un esempio – io potrei andare all’anagrafe senza avere fatto trattamenti di alcun tipo e sostenere di essere uomo. È il corrispettivo della “Ley trans” spagnola, per cui basta dichiararsi di un sesso per vederselo riconosciuto sui documenti».

Il ddl Zan, ha aggiunto Terragni, avrebbe dato il via libera alle transizioni di genere tra gli adolescenti, cresciute negli ultimi anni del 4.000 per cento in Inghilterra. Io non sono pregiudizialmente contro, ma penso che si debba discutere di questo. Chi invece negli scorsi mesi ha osato chiedere di parlarne è stato oggetto di manganellate» mediatiche e morali. «Non è una questione che riguarda i gay», ha sottolineato Terragni, che citato le indicazioni dell’azienda multinazionale di studi legali Dentons, attiva da anni per i diritti civili, che suggeriscono: «Se avete un tema che avrebbe poco consenso “glassatelo” con un tema che ne ha di più. Ed è quello che è successo con l’identità di genere, annacquata nel giusto richiamo a diminiire le discriminazioni verso i gay. L’altro suggerimento è: “fate in modo di parlarne il meno possibile”. Se ricordate, quando il testo passò alla Camera nessuno ne parlava. L’ultimo suggerimento: “Fate in modo di portare a casa la legge prima che se ne accorgano”. Ci hanno provato, non ce l’hanno fatta perché noi abbiamo fatto un casino».

Contro l’utero in affitto, «mercato di creature umane»
Anche Terragni ha concluso il suo intervento con un appello: «L’utero in affitto non è altro che un mercato di creature umane. Amici omosessuali, non abbiate paura di dirlo. In questi giorni scriverò una lettera al sindaco di Milano, Beppe Sala, che ha registrato il figlio di una coppia gay avuto da utero in affitto. Se io come madre vado all’anagrafe e chiedo di trascrivere come padre uno che non lo è vengo perseguita per reato di falso in atto pubblico. Perché a un uomo che va in comune a dire che un altro uomo o un’altra donna sono il genitore di loro figlio, nessuno dice niente? Allora depenalizziamo il reato di falso in atto pubblico a questo punto!».
L’autore del libro, Alfredo Mantovano, ha concluso il dibattito. Il magistrato, vicepresidente del Centro Studi Livatino, già deputato, senatore e sottosgretario, nonché collaboratore storico di Tempi, ha ricordato il “boicottaggio” riservato al suo saggio da parte delle librerie Feltrinelli, dicendosene «grato»: Quel blocco, ha scherzato, «ha fatto diventare il mio scritto un libro proibito, perciò ricercato, e oggi siamo già alla quarta ristampa». Mantovano ha ricordato come da maggio in poi l’approvazione del ddl Zan fosse diventato, nella narrazione dominante di media e politici di sinistra «l’emergenza assoluta», tanto che sul palco della manifestazione del primo maggio invece di parlare dei diritti dei lavoratori l’incitamento più forte è stato per l’approvazione di questa legge».

«Omofobo» è il nuovo «fascista»
«Negli anni Settanta bastava definire qualcuno “fascista” per screditarlo, renderlo immediatamente impresentabile e non più degno di essere ascoltato. Unico arbitro autorizzato ad affibbiare questa etichetta era il Pci. Oggi “omofobo” è il nuovo “fascista”». Ma oggi non c’è più un Pci, ha spiegato Mantovano, bensì una galassia di persone e interessi con entrature nei media e che vuole intervenire sulla legge punendo chi esprime riserve nei confronti dei cosiddetti nuovi diritti. «Il limite più grosso del ddl Zan è questo consegnare all’autorità giudiziaria un’arma arbitraria parlando di “identificazione percepita del genere”».
«Qualche esempio? Un atleta uomo che si percepisce donna va a chiedere di essere iscritto alle gare femminile. Se il presidente della Federazione che riceve questa richiesta ha dei dubbi, con il ddl Zan inizierebbe un procedimento a suo carico. Così come verrebbe indagato un medico che dicesse ai genitori che loro figlio rischia danni irreversibili dal trattamento con triptorelina per la transizione di genere». I sostenitori della legge Zan rispondono a questi esempi dicendo che si tratta di iperboli, chi ti condanna, poi? «Intanto ho una pendenza», dice Mantovano. «Per cui posso essere sottoposto a intercettazioni, sospensione dal lavoro, misure cautelari. Con l’approvazione di una legge di questo tipo contro l’omofobia, lo stigma mediatico diventa stigma criminale».

Uscire da questa ossessione
La soluzione è il dialogo, la mediazione? Mantovano non ha dubbi: «Dobbiamo uscire da questa ossessione, rompere l’incantesimo, lottare contro il nulla armato come Atreju, il protagonista della “Storia infinita”. La legge Zan difende il nulla, e lo fa con una sanzione penale: è un nulla armato contro cui dobbiamo lottare. Come? A volte mi chiedo se sia più opportuna una risposta giuridica o psichiatrica, o addirittura se non serva chiamare l’esorcista. Un altro libro a cui siamo legati è “Il signore degli anelli”, ha concluso il magistrato: «Al re Theoden, addormentato, sotto incantesimo, serve ricordare la sua missione di re più che esortarlo alla mediazione con Saruman. Con Saruman non si tratta. L’ossessione va eliminata».

[Fonte: www.tempi.it]

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