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RomaSette.it – In città: «Salviamo il Centro antiviolenza di Tor Bella Monaca»: oltre 40 mila firme

L’appello è stato rivolto al sindaco Marino e a Isabella Rauti: «Tor Bella Monaca è un quartiere a rischio, non si può togliere anche questo punto di riferimento». In due anni aiutate circa mille donne, anche a Rebibbia

di Redattore Sociale

Dopo due anni di attività rischia di chiudere il centro antiviolenza di Tor Bella Monaca, quartiere tra i più disagiati della periferia romana. Il Centro di supporto psicologico popolare (Cespp) ha dovuto infatti, sospendere in questi giorni le sue attività: dal maggio 2011 era ospitato gratuitamente nei locali dell’associazione “Sirio 87”, ma i proprietari dei locali hanno intimato lo sfratto all’associazione, e così anche il servizio antiviolenza ha dovuto abbandonare la struttura. La responsabile e fondatrice del Cespp, Stefania Catallo ha lanciato subito una petizione su Change.org: «Aiutateci a non chiudere» è l’appello che rivolge a cittadini e istituzioni, in particolare al sindaco di Roma Ignazio Marino e alla consigliera nazionale del ministro dell’Interno per le politiche di contrasto alla violenza contro le donne e al femminicidio, Isabella Rauti. La richiesta è quella di trovare un altro spazio nel quartiere per permettere alla struttura di continuare la sua attività. La petizione ha raggiunto in poche ore oltre 40 mila firme, tra cui quelle di Loredana Taddei, responsabile nazionale delle donne della Cgil, Ida Del Grosso, direttrice del carcere femminile di Rebibbia, e Donatella Smoljko, giornalista e fondatrice dell’associazione L’oro delle donne.

«In due anni abbiamo portato avanti un lavoro in condizioni di totale autofinanziamento e autogestione per tutelare soprattutto le donne vittime di violenze – spiega Catallo nell’appello -. Queste donne, umiliate e sbandate, che non sapevano con quali istituzioni parlare e quale percorso intraprendere, hanno trovato ascolto ed accoglienza con e tramite il centro». Al Cespp son stati creati gruppi di auto-aiuto e corsi di recitazione con la produzione – sempre autofinanziata – di spettacoli e pièce di denuncia sociale e civile, uno dei quali ha coinvolto anche le detenute di Rebibbia. In tutto sono state circa mille le persone che hanno richiesto i servizi della struttura.

«Queste donne sono state aiutate nel percorso di consapevolezza del proprio valore fuori dalla coppia e sostenute in quello di denuncia dei propri uomini violenti –aggiunge -. Non abbiamo mai avuto fondi né dalle istituzioni né dai servizi sociali: quello che abbiamo fatto è stato totalmente creato da noi. Ora il Cespp non ha più tempo: ospitato gratuitamente dal maggio 2011 nei locali dell’associazione “Sirio87” -si ritrova a subire la situazione determinata da vicende precedenti e sconosciute al Cespp. Vicende tra la “Sirio 87” e i legittimi proprietari dei locali che hanno determinato la sospensione delle attività a causa dello sfratto della “Sirio 87” che, fissato lo scorso 14 gennaio, è tuttora pendente. Va da sé che per la delicatezza delle situazioni di cui ci occupiamo abbiamo dovuto interrompere le attività – continua l’appello -. In un colpo solo sono saltati il servizio del centro antiviolenza ed è stato eliminato un punto di riferimento per le centinaia di persone che gravitano intorno alla struttura».

Catallo sottolinea inoltre che il centro ha dato vita anche ad un progetto culturale. «Tor Bella Monaca è un quartiere definito a rischio, dove alto è il numero di chi sta scontando una pena agli arresti domiciliari e forte è il mercato dello spaccio – spiega -.Da quando il Cespp ha iniziato il suo lavoro il 27 maggio 2011 sono stati raggiunti alcuni importanti obiettivi e il centro è diventato una realtà ben radicata nel tessuto sociale. Negli ultimi mesi ho chiesto aiuto al VI Municipio, chiedendo di poter avere un’alternativa sul territorio, come uno spazio confiscato alla mafia o in disuso: ecco perché la petizione, oltre che al sindaco di Roma Ignazio Marino è indirizzata anche alla consigliera nazionale del ministro dell’Interno per le politiche di contrasto alla violenza contro le donne e al femminicidio, Isabella Rauti. Questa indifferenza, oggi come ieri, non è solo uno schiaffo al nostro lavoro, ma alle centinaia di donne morte durante questi anni e a tutte quelle che, per loro fortuna, sono ancora vive grazie al lavoro di chi come noi cerca di fermarne la mattanza – conclude -. Aiutateci a non chiudere».

[Fonte: www.romasette.it]

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