Percorso:

Mozione – Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00321 – Monte dei Paschi di Siena (MPS)

Atto n. 1-00321

Pubblicato il 24 febbraio 2021, nella seduta n. 299

URSO , BALBONI , BARBARO , CALANDRINI , DE BERTOLDI , DE CARLO , FAZZOLARI , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , LA PIETRA , MAFFONI , NASTRI , PETRENGA , RAUTI , RUSPANDINI , TOTARO , ZAFFINIIl Senato,

premesso che:

nel 2017 si decise di procedere al “salvataggio” di Monte dei Paschi di Siena (MPS), a seguito dell’accordo di massima raggiunto con la Commissione europea per la concorrenza che prevedeva la ricapitalizzazione precauzionale di 5,4 miliardi di euro dell’istituto bancario con la partecipazione diretta del Ministero dell’economia e delle finanze come azionista di maggioranza con il 68,2 per cento del capitale sociale ed un piano di ristrutturazione da svolgersi nel corso di 5 anni;

sempre nel 2017 lo Stato, e dunque il contribuente italiano, aveva già finanziato il “salvataggio” di Banca popolare di Vicenza e Veneto banca attraverso la ricapitalizzazione di Banca Intesa, la quale ricevette ben 5 miliardi di euro dal fondo pubblico come anticipo di cassa per l’acquisto delle due banche venete alla cifra simbolica di un euro, ereditandone peraltro solo le attività sane, destinando i crediti deteriorati ad una bad bank;

è stata un’operazione sicuramente vantaggiosa per Banca Intesa, cui non fu chiesto nulla in cambio, neppure a favore degli azionisti e dei risparmiatori delle banche venete, che stanno per lunga parte aspettando ancora di ricevere il 30 per cento loro promesso;

nel dicembre 2019 il Governo ha disposto il potenziamento delle capacità patrimoniali e finanziarie di Mediocredito centrale, società controllata da Invitalia, fino ad un massimo di 900 milioni di euro, per consentire alla stessa di operare quale banca d’investimento che possa accompagnare la crescita e la competitività delle imprese italiane, consentendole, dunque, tra l’altro di partecipare al rilancio della Banca popolare di Bari distrutta da anni di malagestione e in assenza di controlli da parte degli organismi di vigilanza;

gravi sono le responsabilità europee in merito alle operazioni di “salvataggio” delle quattro banche del Centro Italia (Banca dell’Etruria, Banca Marche e le Casse di risparmio di Ferrara e Chieti), ove si pensi che Bruxelles vietò l’intervento pubblico salvo poi scoprire, qualche anno dopo, l’illegittimità di quel divieto e impose la vendita frettolosa e penalizzante di rilevanti quantità di crediti NPL (non performing loan), con pesanti ulteriori perdite;

in proposito si ricorda la decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea sul salvataggio di Tercas che sconfessò la Commissione ritenendo che le risorse del fondo interbancario di tutela dei depositi utilizzate per salvare la Tercas non erano da considerarsi “aiuto di Stato”, bensì un intervento legittimo per impedire il poker di “risoluzioni” che avrebbe colpito una dopo l’altra Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara, Carichieti e Banca Etruria;

sono ancora in corso i procedimenti giudiziari a carico dei vertici di MPS e sulle loro responsabilità per il dissesto della banca, pagato come sempre dai cittadini, dai piccoli risparmiatori, dai lavoratori e dipendenti dell’istituto, dalle piccole imprese e famiglie a cui è stato ridotto il credito;

considerato che:

entro la fine del 2021 Monte dei Paschi deve essere riprivatizzata, essendo trascorsi i 5 anni entro cui, secondo l’accordo con l’Europa, si sarebbe dovuto realizzare il piano di ristrutturazione dell’istituto di credito;

da notizie di stampa si apprende che per realizzare l’obiettivo di riprivatizzazione è prevista una “dote” che sembra diventare sempre più onerosa e che potrebbe superare la quota di 10 miliardi di euro: un importo assolutamente non tollerabile nell’attuale contesto sociale e dei conti pubblici;

pare, infatti, che oltre ai 2,5 miliardi per la ricapitalizzazione e agli altri 2,5 miliardi di DTA (deferred tax asset, cioè imposte attive differite) così come previsto dalla legge di bilancio, occorre aggiungere il costo, sempre a carico dello Stato, derivante dall’acquisto, da parte della società pubblica Amco, di crediti deteriorati, almeno 8 miliardi per gli NPL del MPS e altri 20 per quelli di Unicredit ad un prezzo che appare fuori mercato, per non parlare dell’ulteriore costo della manleva che sarebbe sempre a carico dello Stato (attraverso l’intervento di un’altra azienda pubblica);

peraltro le deferred tax asset costituiscono un meccanismo di trasformazione in crediti di imposta ben noto in ambito contabile bancario e finanziario già utilizzato fin dal 2017, nella successione dei Governi Gentiloni prima, e Renzi poi, con Pier Carlo Padoan Ministro dell’economia, previste proprio dal decreto di salvataggio di MPS che consentì, a fronte di una maxi perdita di oltre 11 miliardi di euro, di iscrivere nel bilancio 3 miliardi di crediti d’imposta nel computo del capitale;

l’allora Ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, dichiarò che l’operazione di salvataggio di MPS sarebbe avvenuta senza costi per i contribuenti e che, anzi, lo Stato ci avrebbe guadagnato quando avrebbe rivenduto le azioni;

contrariamente alle previsioni, in questo momento, invece, in borsa i titoli bancari hanno perso valore anche per effetto della crisi economica; in particolare il valore delle azioni MPS è precipitato: acquistate la prima tranche a 6,5 euro ad azione e la seconda a 8,5 euro, oggi hanno un valore di poco superiore ad un euro, polverizzando gli investimenti pubblici e lo stesso restante azionariato privato;

i nuovi parametri europei sulla classificazione del debito sono particolarmente onerosi e mettono a rischio il nostro sistema bancario e più in generale il nostro sistema sociale e produttivo, come più volte denunciato in sede parlamentare e anche dalle associazioni di impresa e dalla stessa ABI;

l’aumento del debito pubblico, quale effetto anche delle ripetute manovre di scostamento di bilancio, espone a più alti rischi il sistema Italia, come evidenziato anche dal COPASIR nella relazione sulla tutela degli asset strategici nazionali nei settori bancario e assicurativo (Doc. XXXIV, n. 3 del 5 novembre 2020), particolarmente esposto ad ulteriori acquisizioni da parte della finanza straniera (soprattutto francese) in particolare nel settore bancario e assicurativo;

considerato, altresì, che:

mentre Monte dei Paschi di Siena possiede in proporzione al proprio bilancio il più alto numero di titoli pubblici partecipando in modo significativo alla stabilità del sistema finanziario italiano, Unicredit li ha recentemente ridotti in modo sensibile, preferendo massimizzare il ritorno agli azionisti, in gran parte stranieri;

il gruppo Unicredit, sotto la gestione Mustier, ha sostanzialmente modificato il proprio assetto azionario, ha perso la sua natura di banca di sistema diventando di fatto banca con diversi soci esteri “forti”, mentre l’azionariato italiano è particolarmente ridotto e frazionato (basti pensare che il primo azionista italiano è al decimo posto);

in particolare si evidenzia che agli inizi del 2017 è stato realizzato da Unicredit un piano di dismissione di NPL, di tale dimensione e a prezzi di saldo da comportare un’altrettanto importante ricapitalizzazione che di fatto è stata sottoscritta solo da investitori stranieri (alcuni dei quali “casualmente” acquirenti a forte sconto dei suddetti NPL), determinando la riduzione in minoranza degli azionisti italiani;

sempre nel corso della gestione Mustier gli assetti societari di Unicredit hanno registrato la rilevante cessione di alcuni “gioielli italiani”, quali Fineco, ceduta nel 2019, e Pioneer Investments, ceduta alla francese “Amundi” del gruppo “Crédit agricole”, sempre a favore di gruppi francesi, peraltro competitori con quelli italiani;

sono note le ambizioni della finanza straniera nei confronti della stessa Unicredit e in particolare delle sue partecipazioni estere, tra l’altro oggetto di un recente progetto di scorporo che avrebbe dovuto realizzarsi proprio in seguito alla fusione quasi fosse una “compensazione” per gli attori esteri, che invece è stato fortunatamente accantonato;

tenuto conto che:

il 13 ottobre 2020, il consiglio di amministrazione di Unicredit ha cooptato all’unanimità il professor Pier Carlo Padoan, allora parlamentare in carica, quale miglior candidato per la posizione di presidente per il mandato 2021-2023, circostanza che ha suscitato forti reazioni politiche in ordine alla sussistenza di molteplici conflitti d’interesse e di un intreccio di ruoli e competenze, specie in relazione agli interventi disposti, nel ruolo di Ministro, proprio per il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena nel 2017;

il 27 gennaio 2021, il consiglio di amministrazione di Unicredit ha identificato, all’unanimità, Andrea Orcel come prossimo amministratore delegato, noto banchiere di fama internazionale particolarmente esperto nelle cosiddette aggregazioni multiple;

intanto Crédit agricole ha lanciato un’OPA nei confronti di Credito valtellinese che si avvarrà anche dei vantaggi fiscali previsti nella nuova norma della DTA, che di fatto aumenta ulteriormente la presenza della finanza francese nel nostro sistema;

considerato, infine, che:

il 31 giugno di quest’anno scade la proroga del golden power nei confronti di soggetti europei volto a tutelare gli interessi economici nazionali, particolarmente significativi per quanto riguarda il settore bancario e assicurativo esposti, come evidenziato da tempo, a scalate estere;

l’acquisizione di MPS da parte di Unicredit, in questo momento, sarebbe quindi non solo particolarmente onerosa per lo Stato e quindi per i contribuenti ma potrebbe mettere a rischio anche l’acquirente esponendolo a scalate ostili;

l’ipotesi di una banca pubblica, con la aggregazione di Mediocredito, Popolare di Bari e MPS appare difficilmente praticabile e comunque foriera di altri insuccessi con costi nel tempo sempre più alti per lo Stato;

il settore bancario è particolarmente sotto pressione per gli effetti della pandemia da COVID-19, con margini reddituali assai ridotti, sicché l’aggregazione tra Unicredit e MPS non sembra idonea a creare valore,

impegna il Governo:

1) a concordare con la Commissione europea il rinvio della privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena auspicando un contesto in cui il valore azionario del settore bancario sia più corrispondente alla realtà e le condizioni economiche generali in fase di ripresa;

2) a dare impulso al nuovo management di accelerare sulla strada del risanamento per preparare condizioni migliori al suo collocamento nel mercato, tutelare i livelli occupazionali, favorire il mantenimento a Siena della direzione generale della banca, preservare il nome prestigioso dell’istituto bancario che costituisce per Siena e per l’Italia un brand storico e culturale;

3) ad esaminare le ragioni di credito della fondazione Monte dei Paschi di Siena che ha promosso una richiesta di risarcimento alla banca MPS, in via stragiudiziale, per 3,8 miliardi di euro ed a favorire una composizione della controversia;

4) ad incentivare le altre forme di aggregazioni bancarie per rafforzare il sistema Italia con banche di sistema che siano in condizioni di competere anche sul piano europeo, includendo le banche popolari e successivamente la stessa MPS;

5) a rivedere la normativa sulle banche cooperative e sulle banche popolari per consentire di rafforzare sensibilmente la tutela degli asset nazionali di fronte alle sempre più frequenti iniziative di gruppi e soggetti esteri, tanto più in un periodo particolarmente critico sul piano economico e finanziario, come quello determinato dalle conseguenze dell’emergenza da COVID-19, come sollecitato dal COPASIR, nella cui relazione il credito cooperativo viene riconosciuto quale asset strategico del Paese, meritevole di specifica attenzione per la rilevanza del ruolo nel contesto economico nazionale e per il contributo che è in grado di offrire alla stessa tenuta del sistema democratico;

6) a favorire, sempre a livello normativo, la creazione di una o più banche di standing nazionale di “secondo livello” che supportino le banche territoriali, quali le banche cooperative e le banche popolari;

7) ad agire in sede europea per la revisione dei criteri di classificazione del debito, così da garantire la necessaria flessibilità sulle varie categorie di crediti problematici (NPE e NPL) al fine di permettere alle banche di concedere prestiti alle famiglie e alle imprese;

8) a realizzare, tenuto conto del persistere della pandemia e delle ancora più gravi conseguenze sul tessuto sociale ed economico del Paese, un’ulteriore proroga di 6 mesi alla norma sul golden power nei confronti di soggetti europei.

[Fonte: www.senato.it]

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