Percorso:

Mozione – Atto di sindacato ispettivo n. 1-00309 – Natalità

Atto n. 1-00309

Pubblicato il 29 dicembre 2020, nella seduta n. 288

DRAGO , LONARDO , ALESSANDRINI , SAPONARA , PILLON , LUNESU , PIZZOL , RUFA , PAZZAGLINI , PEROSINO , URSO , MARIN , TOSATO , TESTOR , RICCARDI , PELLEGRINI Emanuele , RAUTI , LUCIDI , BAGNAI , BORGONZONI , MONTANI , GRASSI , PAPATHEU , STEFANI , DE POLI , IWOBI , PARAGONE , BRUZZONE , BOSSI Simone , GALLONE , BINETTIIl Senato,

premesso che:

l’Italia è tra i Paesi sviluppati che si trovano oggi a fronteggiare uno scenario demografico il cui impatto sulla crescita del prodotto pro capite nei prossimi decenni sarà negativo. L’ISTAT stima che la popolazione residente in Italia dovrebbe attestarsi nel 2065 sui 53,7 milioni di abitanti, con una perdita pari a 7 milioni rispetto ad oggi, 4,2 milioni dei quali a scapito del sud. La contrazione della natalità e della mortalità, quest’ultima legata ad un innalzamento dell’aspettativa di vita, hanno inciso sulla struttura per età della popolazione, determinando un lento e progressivo invecchiamento della popolazione italiana e causando il calo del prodotto interno lordo che nel medio-lungo termine potrebbe significare un’ulteriore precarietà e incertezza per i lavoratori del Paese;

accanto a questo, recenti dati ISTAT hanno evidenziato che il 2019 ha segnato, per il settimo anno consecutivo, il valore più basso mai registrato in oltre 150 anni di Unità nazionale. Prosegue, pertanto, il rapido declino della natalità, avviata a partire dal “punto di svolta” del 2008, con una dinamica che in poco più di un decennio ha ridotto di un quarto il numero annuo di neonati: dal confronto tra il 2008 (577.000) e il 2019 (435.000) se ne contano infatti 142.000 in meno. Poi è arrivata la pandemia da Covid-Sars-2, con conseguenze drammatiche, fra le quali, come è tristemente noto, spiccano in primo luogo quelle di ordine sanitario, ma che portano al seguito anche talune rivoluzionarie trasformazioni imposte all’organizzazione sociale e familiare, nel cui ambito le stesse relazioni della vita quotidiana di coppia e le scelte nella sfera affettiva e riproduttiva finiscono per risultare fortemente esposte al cambiamento;

ci si domanda che ne sarà dunque della natalità nel prossimo futuro, cambiamento che incrementa le dimensioni del cosiddetto “inverno demografico”, termine coniato dai sociologi per esprimere il progressivo ed inesorabile processo di invecchiamento della popolazione, un vero e proprio suicidio demografico, che in mancanza di interventi in grado di invertire il pericoloso trend di invecchiamento della popolazione, costituisce fattore critico economico e previdenziale della stessa popolazione che invecchia. L’Italia, in tale contesto, non solo non fa eccezione ma è, anzi, tristemente nelle posizioni di vertice di questa tutt’altro che invidiabile classifica;

il nostro è fra i Paesi al mondo con il livello più basso di nuovi nati ed ha una popolazione fra le più anziane, con un tasso di fecondità che ha raggiunto il record negativo che oscilla tra l’1,26 e l’1,29 figli per donna, un valore ben al di sotto del livello di sostituzione superiore a 2 figli, necessario per mantenere l’equilibrio demografico. Se si considera la fertilità della donna, si può affermare che è massima nel periodo compreso tra i 20/25 anni, ma paradossalmente si deve constatare che quelle che aumentano (4 per cento) sono le gravidanze attorno ai 40 anni, proprio quando si registra un impoverimento del patrimonio ovarico. Questi concetti riconosciuti universalmente, non sono chiari nella popolazione che tende a sovrastimare la fertilità della donna. Bisogna quindi sostenere le coppie nella gestione serena della famiglia e nell’educazione dei figli, armonizzando i tempi di lavoro e di cura della famiglia e garantendo la massima presenza e vicinanza al nucleo familiare. Una coppia serena genera figli sereni;

gli studi evidenziano come la nascita di ogni nuovo figlio produca un significativo effetto benefico sull’economia del Paese, poiché costituisce un importante fattore di stimolo alla produzione di una vasta gamma di beni e servizi destinati alla cura e alla crescita del bambino e del futuro cittadino, con un’incidenza complessiva sul prodotto interno lordo stimata in circa 35.000 euro annui per ogni nuovo nato. Se si pensa che negli ultimi 11 anni si sono registrate 142.000 nascite in meno la perdita in termini di PIL si è attestata nell’ordine di 4.970.000.000 di euro;

considerato che:

si assiste ad un progressivo spopolamento proprio in quelle aree che presentano criticità per assenza di infrastrutture e servizi essenziali;

la fascia di popolazione, la cosiddetta “generazione core”, ovvero giovani di età compresa tra i 19 ed i 39 anni, è “costretta” ad emigrare per motivi di studio o lavoro, ed è quella che rappresenta un “moltiplicatore” per ogni Paese, in quanto, se inserita nel mondo lavorativo, produce beni e servizi, acquista (casa, automobile), genera figli stimolando l’indotto;

nonostante la presa di coscienza della gravità della situazione e le dichiarazioni di impegno più o meno solenni da parte della politica, si fatica a trovare, nell’esperienza recente, interventi che abbiano affrontato in modo organico e sistemico il tema;

parte della responsabilità delle crisi economiche succedutesi negli ultimi anni sono da imputare al crollo della natalità. Detto crollo ha modificato la struttura socio-economica aumentando i costi fissi coperti con crescita di imposte sul PIL e conseguenti riduzioni dei redditi e degli utili d’impresa;

le differenze nei tassi di occupazione tra uomini e donne sono più ampie tra le persone che vivono in famiglia e in particolare nel Mezzogiorno, dove lavora solo il 34 per cento delle donne con figli piccoli, la presenza della donna, con figli in età scolare, nel mercato del lavoro è allo stato attuale e, in conseguenza all’epidemia, di difficile conciliazione, le donne occupate (oltre un milione) hanno dichiarato di aver apportato un tale cambiamento contro poco più di mezzo milione di padri; (secondo il presidente dell’ISTAT Blangiardo);

è opportuno incentivare il ciclo economico virtuoso proprio della famiglia considerato l’auto produzione di reddito e redistribuzione al suo interno, la produzione di risparmio, gli investimenti e i consumi. Perciò la famiglia è da considerarsi un ammortizzatore che assorbe al suo interno costi sociali presi in outsourcing dallo Stato, ma contemporaneamente compete con esso attraverso l’istruzione, il sostegno di figli disoccupati e l’assistenza a malati ed anziani,

impegna il Governo:

1) a proporre uno o più provvedimenti legislativi a sostegno della formazione delle famiglie nuove, destinando lo 0.9 per cento del PIL nazionale, fuori dai parametri fiscali ordinari, con carattere straordinario, causa la situazione emergenziale;

2) a modificare l’attuale disciplina delle astensioni e congedi per maternità e paternità, ampliando la finestra temporale disponibile e incrementando il trattamento economico, in particolare prevedendo la possibilità per entrambi i genitori, in maniera alternata, di astenersi facoltativamente dal lavoro per i primi tre anni del bambino, con una retribuzione del 60 cento nei primi due anni di vita del minore e del 50 per cento nel terzo anno;

3) a riformare il sistema di calcolo dell’ISEE, al fine di considerare il reddito netto effettivamente a disposizione delle famiglie in luogo di quello lordo e rimodulando i parametri di calcolo del patrimonio familiare e la scala di equivalenza a favore di alcune categorie di soggetti (famiglie numerose, famiglie con figli in tenera età, nuclei monogenitoriali e diversamente abili);

4) ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati allo sgravio fiscale, riducendo dal 22 al 5 per cento il valore dell’IVA per l’acquisto dei beni per l’infanzia;

5) ad adottare piani socio-sanitari per prevenire l’insorgenza di condizioni patologiche in grado di compromettere la possibilità di procreare, promuovendo campagne informativo-formative sul piano sanitario, socio-psico-pedagogico ed economico;

6) a rivedere il ciclo di studi scolastici ed universitari, contraendoli e rendendo abilitanti più diplomi di laurea, allo scopo di anticipare l’inserimento nel mondo lavorativo;

7) a sostenere la libertà di scelta educativa, progettando l’integrazione tra la scuola pubblica paritaria e pubblica statale, prevedendo una quota capitaria per alunno, senza distinzione alcuna;

8) ad introdurre un sistema di esenzioni dai costi di compartecipazione per l’accesso alle prestazioni sanitarie rientranti nei livelli essenziali di assistenza (LEA) per le famiglie in cui siano presenti almeno due figli;

9) ad adottare, vista la situazione emergenziale in atto, misure volte a favorire il ricorso al lavoro agile e flessibile con particolare riferimento alle madri, allo scopo di agevolare la conciliazione fra le esigenze della famiglia con quelle lavorative, come lo smart working, tutto ciò, oltre a garantire maggior tutele alle donne, potrebbe produrre effetti incisivi sulla distribuzione del reddito (costo zero) e di fatto intervenire diminuendo l’emigrazione e facendo aumentare i consumi sul proprio territorio;

10) ad assumere ogni iniziativa di competenza, per garantire la piena attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194, al fine di attuare i primi articoli, aumentando il numero delle “culle in anonimato”, aumentando e potenziando il numero di consultori familiari.

[Fonte: www.senato.it]

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