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Il Tempo.it – Ci voleva un soprassalto di dignità per togliere dal guado segreterie sempre più dormienti

Ci ha pensato Isabella Rauti a dare l’esempio. La moglie del sindaco Alemanno, che sarebbe stata tirata in ballo nel primo interrogatorio di Fiorito, ha deciso di farsi da parte. La Rauti ha scritto un messaggio via Twitter ad Alfano in cui ha manifestato la volontà di non ricandidarsi al Consiglio della Regione Lazio: «Il partito non me l’ha chiesto e neanche io; non ho nessuna intenzione di ricandidarmi in Regione. Esperienza chiusa». Parole accolte con comprensione dal segretario: «Averti in lista nel Pdl sarebbe stato un onore – ha risposto Alfano – Prendo atto della tua scelta ma non hai nulla da rimproverarti». Con il gesto, la Rauti porta in primo piano il vero nodo che sta attanagliando le segreterie alle prese con uno scandalo che difficilmente l’elettorato dimenticherà. Al di là dei nomi per la presidenza, il problema all’ordine del giorno è un altro. Sintetizzabile in una semplice, disarmante domanda: chi inserire nelle liste per la Pisana? La faccenda è più complessa di quanto sembri. Se il buonsenso suggerirebbe di fare tabula rasa di chi in due anni e mezzo, per usare le parole di Zingaretti, ha trasformato la Regione Lazio in «un baraccone di spesa pubblica clientelare», la ragion di Stato – o meglio, di partito – suggerisce più prudenza. Lo si capisce ripercorrendo sempre quanto detto dall’uomo scelto dalla sinistra per la scalata alla poltrona che fu di Renata Polverini. A precisa domanda sulla presenza in lista di consiglieri uscenti, Zingaretti glissa prima con un «siamo solo all’inizio del cammino, si vedrà». Poi aggiunge: «Non è paragonabile chi ha costretto la Giunta alle dimissioni con chi ha fatto feste». Di fatto, una porta lasciata aperta a chi, da Foschi a De Stefano, da Mancini a Ponzo, ha già fatto sapere di voler fare un altro giro. Di più, quella di Zingaretti è una mano tesa al segretario del Pdl Alfano, che una settimana fa aveva detto di esser pronto a non ricandidare nessuno dei consiglieri uscenti «solo nel caso in cui il Pd facesse la stessa cosa». Di fatto, il Popolo delle Libertà è in gran difficoltà: in teoria si potrebbe attingere dalla famosa lista romana esclusa dalle elezioni di due anni e mezzo fa. Ma quasi tutti sono stati «riciclati» in qualche modo. Alcuni come assessori (e quindi parzialmente investiti dallo scandalo) altri al vertice di vari enti, dall’Ater all’Arsial fino a Cotral. Quindi dovrebbero dimettersi circa due mesi prima delle consultazioni per essere disponibili. Con una tale penuria di candidati a disposizione, non si può escludere la tentazione di schierare molti dei consiglieri uscenti. Magari i meno «impresentabili», quelli che usciranno senza danni dalla tempesta giudiziaria. In tanti, a partire dal «consigliere-Ulisse» De Romanis, hanno già manifestato la voglia di tornare in campo. Come potrebbe digerire l’elettorato uno scenario simile? Come si possono ignorare gli effeti deflagranti del quadro che si sta dipingendo? In attesa di risposte, la Rauti ha dato un segnale: non c’è bisogno di ordini dall’alto né del coinvolgimento in qualche indagine: basterebbe solo la propria autocoscienza.

[Fonte: www.iltempo.it]

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