Percorso:

Ashraf. Visita all’Ospedale “San Camillo” di Roma di parlamentari ai feriti del campo profughi di Ashraf giunti in Italia

Una delegazione composta dai co-presidenti del Comitato parlamentare Iran libero, Carlo Ciccioli ed Elisabetta Zamparutti, dalla Presidente dell’Intergruppo della Regione Lazio ‘Amici dei Diritti Umani in Iran’, Isabella Rauti insieme all’On. Alessandro Pagano e a Sergio d’Elia, Segretario di “Nessuno tocchi Caino” si è recata in visita dei 4 feriti del campo Ashraf ricoverati ora presso l’Ospedale San Camillo a Roma.
Le quattro persone, tre uomini e una donna, sono appartenenti ai Mojaheddin del popolo iraniano (OMPI), movimento che si oppone al regime iraniano. Sono rimasti  gravemente feriti durante il feroce attacco da parte delle forze irachene, l’8 aprile scorso, al campo di Ashraf dove vi sono 3500 mojaheddin residenti che godono della protezione internazionale in base alla IV Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sul diritto dei rifugiati e del suo Protocollo aggiuntivo del 1967.
A causa di quell’attacco sono morte 35 persone e 340 ferite gravemente che non hanno accesso ad alcuna cura a causa del blocco imposto dalle forze irachene, sotto la pressione iraniana.
L’arrivo in Italia dei 4 feriti è stato il frutto di un’intensa attività parlamentare che ha visto il 14 luglio scorso la Commissione esteri della Camera dei Deputati impegnare, con un voto unanime, il Governo ad accogliere alcune decine di feriti. Grazie alla disponibilità della Regione Lazio è poi stato possibile far arrivare 4 feriti mentre altri 3 sono ancora in attesa di identificazione per poi venire in Italia.
I co-presidenti del Comitato Iran libero, Carlo Ciccioli, Elisabetta Zamparutti ed Isabella Rauti hanno dichiarato: “L’Italia ha saputo dare un alto esempio di accoglienza umanitaria a cui possono far riferimento anche altri Paesi affinchè tutti i feriti di Ashraf abbiano la possibilità di curarsi. Ma soprattutto – hanno continuato gli esponenti politici – occorre che la comunità internazionale trovi una soluzione duratura e rispettosa dei diritti umani fondamentali per i 3500 residenti di Ashraf sui quali incombe la minaccia di smantellamento del campo, entro la fine dell’anno 2011.”

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