Percorso:

110ª Seduta Pubblica – Documento di economia e finanza 2019

RESOCONTO STENOGRAFICO

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, Governo, il Documento che analizziamo oggi dovrebbe essere, notoriamente, un Documento di programmazione economica, ma è proprio questo aspetto che, a nostro avviso, manca, ossia la programmazione, una politica economica produttiva. Dobbiamo a malincuore definire il DEF non come un libro dei sogni ‑ magari! ‑ ma come un manifesto elettorale, con una serie di enunciazioni, di intenzioni, talune anche belle e condivisibili, ma senza copertura, senza indicazioni precise sulle risorse.

Cominciamo dal fantasma dell’IVA, dal giallo dell’IVA, su cui il Governo deve dire esattamente cosa vuole fare. Infatti, il ministro Tria ‑ che il DEF l’ha scritto, sa di cosa parla e sicuramente lo ha anche letto ‑ ha dichiarato che servirà un aumento dell’IVA, in quanto nel Documento di economia e finanza c’è scritto che le clausole di salvaguardia non si possono disinnescare perché non ci sono le risorse. È stato smentito da altre voci del suo stesso Governo, che hanno detto, fortemente e convintamente, che l’aumento dell’IVA non ci sarà. Bisognerebbe allora dire dove e come verranno reperite le risorse, come si fermerà l’aumento dell’IVA.

Devo aggiungere che la risoluzione di maggioranza, con gli impegni di Governo, non risolve il giallo dell’IVA; essa, infatti, impegna il Governo, alla lettera b), ad adottare misure per il disinnesco delle clausole fiscali di salvaguardia del 2020. Come dire: comune buonsenso e senso comune, un po’ di aria fritta, perché non contiene un’indicazione.

Ma andiamo avanti. A nostro avviso, il Governo dovrebbe enunciare la propria politica economica e dovrebbe farlo in modo chiaro prima delle elezioni europee del 26 maggio, altrimenti ritorna il punto da cui sono partita, ossia che il DEF finisce per essere un manifesto elettorale. La verità, cari colleghi, è che questo Documento è frutto di misure assistenziali che pregiudicano intenzionalmente la competitività e i consumi. Il timore, anzi il rischio, è di vedere una stangata vera e propria abbattersi sulle imprese e sui consumi nel prossimo autunno.

La certezza è che il Paese purtroppo è in recessione, che l’Italia ristagna. Il DEF sostanzialmente certifica la stagnazione. Il Governo, in nessuna riga di questo Documento, sostanzia una visione di bilancio; non voglio dire romanticamente eroica e coraggiosa (magari), ma la giudicherei decisamente troppo minimalista nel concreto, con una crescita dello 0,1 per cento del prodotto interno lordo, portando le previsioni del 2019, se tutto viene confermato, a un triste 0,2 per cento, mi permetto di dire, con poca eleganza, con buona pace del decreto crescita e del neo bollinato decreto sblocca-cantieri.

Fratelli d’Italia tiene a questa discussione perché ha una sua ricetta economica.

Ieri la nostra leader, Giorgia Meloni, in un incontro organizzato dal collega Urso su impresa e lavoro ha ribadito davanti alle categorie produttive il nostro patto per lo sviluppo. Noi abbiamo una ricetta, in parte contenuta nella risoluzione che abbiamo presentato, in parte nel programma elettorale delle europee e totalmente contenuta da sempre nel nostro DNA politico, che qui riassumo un po’ per slogan, anche se l’abbiamo dettagliata lì dove abbiamo potuto: uno shock fiscale, investimenti pubblici, meno tasse, più infrastrutture, più tutela del made in Italy, una riforma complessiva del sistema fiscale introducendo una vera flat tax al 15 per cento per famiglie e imprese sul reddito incrementale rispetto al periodo d’imposta precedente.

Ancora, nella nostra ricetta proponiamo di destinare il 3 per cento del PIL ad investimenti pubblici e infrastrutture: insomma, con una battuta, come diceva il mio collega Calandrini «più TAV e meno TAX», per favorire lo sviluppo, modernizzare il Paese e renderlo competitivo.

Proponiamo, inoltre, che il 50 per cento della quota del PIL dedicata a investimenti pubblici e infrastrutture sia utilizzata nelle Regioni meridionali per ridurre il gap esistente.

Una realtà triste, rispetto alla quale tutti dobbiamo confrontarci, è che in Italia non crescono i consumi delle famiglie dal secondo trimestre del 2018 e la tendenza si conferma nel primo trimestre dell’anno in corso; tali consumi, tra l’altro, non cresceranno con questo DEF.

È vero – e lo sappiamo – che queste considerazioni vanno contestualizzate con un ciclo internazionale economicamente critico, ma in Italia la pressione è più accentuata e la situazione è più grave che negli altri Paesi europei.

Rispetto a questo trend negativo – per il quale sia chiaro che non insultiamo, ma è una presa d’atto – le politiche economiche del Governo hanno privilegiato misure assistenzialistiche e propagandistiche. Come non citare il reddito di cittadinanza che non risolve la povertà e non produce lavoro? E, ancora, la mancanza di investimenti pubblici, l’aumento della tassazione, la decrescita infelice per famiglie, aziende e per il sistema produttivo, con un quadro di debolezza economica italiana che incide evidentemente e negativamente sulla tenuta del sistema sociale, sulla coesione sociale.

Non lo diciamo noi, ma lo dice l’OCSE, che ci ricorda che l’Italia rischia di chiudere l’anno in piena recessione con il calo del succitato 0,2 per cento nel 2019, unica economia europea con risultato così negativo. Sempre l’OCSE sottolinea, purtroppo, il fatto che l’Italia registra la minor crescita del PIL rispetto alla media europea.

In conclusione, ci sono economisti di fama internazionale che sulle fonti dell’OCSE, su queste constatazioni si chiedono addirittura – e lo sottolineo – se la scintilla della recessione globale arriverà dall’Italia ovvero se sarà l’Italia, insomma, a scatenare la prossima crisi globale. Quesiti importanti, enormi, di responsabilità.

Io non so se sarà così, spero di no. Noi ci auguriamo che non sia così, perché siamo prima di tutto dei patrioti; amiamo l’Italia, amiamo questo Paese e ne vogliamo vedere la crescita felice. Tuttavia, devo dire che quello che vediamo oggi non è un grande disegno economico, un Documento di programmazione economica. Quello che vediamo oggi è un piccolo cabotaggio economico. Mi dispiace, ma questa non è la rotta di una navigazione che si utilizza per affrontare un pericolo superiore quale è quello che, purtroppo, si staglia di fronte all’Italia, di fronte a tutti noi. (Applausi dal Gruppo FdI).

Resoconto stenografico della seduta n 111 del 18-04-2019
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