Percorso:

Mozione – Atto di sindacato ispettivo n. 1-00291 – Sulla vicenda che vede coinvolti 18 pescatori, di cui 11 di cittadinanza italiana, sequestrati in Libia

Atto n. 1-00291

Pubblicato il 3 novembre 2020, nella seduta n. 272

URSO , RAUTI , CIRIANI , BALBONI , CALANDRINI , DE BERTOLDI , DE CARLO , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , LA PIETRA , MAFFONI , NASTRI , RUSPANDINI , ZAFFINI , TOTARO

Il Senato,

premesso che:

da oltre due mesi resta insoluta la delicata e oltraggiosa vicenda che vede coinvolti 18 pescatori, di cui 11 di cittadinanza italiana, dei due pescherecci di Mazara del Vallo, “Antartide” e “Medinea”, sequestrati la sera del 1° settembre 2020 dai militari del generale Khalifa Haftar;

le autorità libiche di Bengasi del generale Haftar hanno proceduto al sequestro sulla base di un “trattato unilaterale” con il quale la Libia estende arbitrariamente la sua sovranità oltre le 12 miglia nautiche riconosciute dal diritto internazionale per ulteriori 12 miglia nautiche ed un totale di 24 miglia (48 chilometri) dalle sue coste, invocando il quale hanno contestato agli equipaggi dei due pescherecci la presenza in acque territoriali libiche, in quanto si trovavano a circa 40 chilometri dalle coste della Libia;

a giudizio dei proponenti del presente atto di indirizzo il dramma dei pescatori sequestrati deriva anche dall’incapacità del Governo italiano di affrontare la situazione con una strategia che tuteli gli interessi nazionali e i nostri cittadini dall’arroganza e dalle rivendicazioni, spesso immotivate, di altri Paesi mediterranei e dalla conclamata latitanza dell’Unione europea, che dovrebbe assumere un ruolo attivo in casi come questo;

risulta oramai avviata da anni la territorializzazione del Mediterraneo, con una drastica riduzione di zone di mare libero a seguito della creazione di zone di giurisdizione nazionale da parte di quasi tutti i Paesi rivieraschi secondo la convenzione del diritto del mare del 1982 (ratificata dall’Italia con legge 2 dicembre 1994, n. 689), in primis quella della zona economica esclusiva (ZEE);

tale processo è in atto sia nel Mediterraneo orientale ove si verifica la nota e grave contrapposizione tra Turchia e Grecia e che riguarda anche nostri interessi nazionali, sia nel Mediterraneo occidentale in cui l’Algeria ha unilateralmente dichiarato una ZEE che giunge a lambire le nostre acque territoriali in prossimità di Oristano;

l’Italia ha sinora rinunciato ad introdurre nel proprio ordinamento la ZEE, avvalendosi parzialmente dei diritti sovrani esercitabili secondo la citata convenzione mediante la creazione della zona di protezione ecologica (ZPE) attuata con la legge 8 febbraio 2006, n. 61;

soltanto una ZPE è stata istituita dall’Italia nel Mediterraneo occidentale, nel mar Ligure e nel Tirreno, con decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 2011, n. 209, il cui limite meridionale si tiene ben al di qua dell’equidistanza con l’Algeria;

la frontiera marittima con la Francia continua ad essere non delimitata, in quanto, di fronte alle legittime proteste di alcune categorie relative alle soluzioni non corrispondenti ai nostri interessi adottate con l’accordo di Caen del 2015, pare essersi scelta la via di rinviarne sine die la ratifica;

il recente accordo del 9 giugno 2020 sulla ZEE con la Grecia ha solo valore per il futuro, in quanto la ZEE non fa ancora parte del nostro ordinamento;

in periodi precedenti a tale accordo, erano circolate voci su attività offshore programmate dalla Grecia in block energetici ricadenti parzialmente sulla nostra piattaforma continentale come delimitata dall’accordo del 24 maggio 1977 (ratificato con legge 23 maggio 1980, n. 290);

analogo fenomeno si verifica con il Montenegro e con la Croazia con riguardo al confine della piattaforma continentale adriatica stabilito dall’accordo con la Iugoslavia dell’8 gennaio 1968 (ratificato con decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1969, n. 830);

la Croazia nel 2003 ha istituito una zona di protezione ittica ed ecologica (ZERP) decidendo unilateralmente di adottare il confine della piattaforma continentale stabilito nel 1968 dal citato accordo con la Iugoslavia nei cui confronti la Croazia stessa si è dichiarata Stato successore;

la medesima Croazia effettua periodicamente sequestri, assolutamente non giustificati, di imbarcazioni di pescatori cui si addebita la violazione del mare territoriale dell’arcipelago di Pelagosa, non avendo mai dato applicazione alla clausola prevista nell’art. 11 del trattato di pace del 1947 che fa salva l’attività tradizionale di pesca esercitata dai nostri connazionali nelle acque dell’isola;

da decenni si trascina la questione della pesca nella zona a sudovest di Lampedusa, che la Tunisia reclama come propria e che il nostro Paese ha invece giustamente sottoposto a vincoli di ripopolamento, frequentata da lungo tempo dai pescatori delle marinerie siciliane i quali più volte, in passato, sono stati oggetto di violente e illegittime azioni di polizia delle autorità tunisine;

problemi di analogo genere sussistono, come emerge appunto in modo drammatico anche dalla gravissima vicenda del sequestro dei 18 pescatori, con la Libia relativamente alla zona di protezione della pesca di 62 miglia a partire dalle acque territoriali, istituita nel 2005 dalla Libia ed oggetto di proteste avanzate più volte ma senza successo dall’Unione europea per conto degli Stati membri, per il fatto che il suo limite esterno è spostato in modo arbitrario verso nord per effetto della giustamente contestata linea di chiusura del golfo della Sirte;

l’Unione europea, pur avendo competenze in materia di pesca, non ha mai avviato trattative né con la Tunisia né con la Libia per la stipula di accordi di pesca (come invece fatto con il Marocco su impulso della Spagna), di cui avrebbero potuto beneficiare anche i nostri connazionali;

dagli anni ’60 del secolo scorso va avanti, senza alcun progresso, un processo negoziale con Malta dedicato alla delimitazione delle rispettive zone di piattaforma continentale durante il quale, nel 2012, era stata ipotizzata la creazione di un’area di sfruttamento energetico congiunto;

nessun esito ha mai avuto, nell’ambito di tale ultradecennale negoziato, la sentenza emessa nel 1985 dalla Corte internazionale di giustizia per il caso Malta-Libia la quale riconosce indirettamente al nostro Paese diritti ad ovest e ad est di Malta;

di recente la stampa estera ha dato notizia dell’invito rivolto dalla Libia a Malta e Grecia di aprire un negoziato a tre per la delimitazione delle rispettive ZEE, senza il coinvolgimento dell’Italia che sarebbe quindi esclusa anche da questa trattativa;

sono all’esame del Parlamento proposte di legge sull’istituzione della zona economica esclusiva,

impegna il Governo:

1) a porre rimedio all’incertezza delle frontiere marittime italiane che è causa di un vuoto di giurisdizione che danneggia i diritti e gli interessi dell’Italia, avviando al più presto trattative, a similitudine di quanto fatto con la Grecia, per la delimitazione della ZEE e, ove necessario, della sottostante piattaforma continentale, con Croazia, Montenegro, Albania, Libia, Malta, Tunisia e Spagna;

2) a portare a termine il negoziato con l’Algeria in modo da raggiungere un risultato equitativo nello spirito della citata convenzione del diritto del mare;

3) a comporre, nello spirito dei rapporti di buon vicinato, ma anche a tutela dei nostri interessi nazionali e delle legittime richieste delle categorie interessate, le questioni controverse relative all’accordo di Caen anche valutando l’opportunità di ritirare l’Italia dal trattato;

4) a riferire periodicamente sullo stato di avanzamento dei negoziati di delimitazione con i Paesi citati;

5) a corredare gli accordi di delimitazione, al momento della presentazione del disegno di legge di ratifica, di una relazione tecnica atta ad indicare le metodologie adottate, i punti di disaccordo e gli scambi di aree marittime attuate, come compromesso, nell’ambito della trattativa;

6) ad affidare, senza alcun onere di bilancio, ad un’unità organizzativa già esistente nel Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il compito di trattare su base continuativa i problemi di delimitazione degli spazi marittimi nazionali, con l’ausilio di un team di specialisti designati da altre amministrazioni e dall’Istituto idrografico della Marina militare e con la consulenza di un gruppo di cattedratici di diritto internazionale di chiara fama, in servizio o in congedo, i quali accettino di collaborare senza compenso;

7) a risolvere i contenziosi di pesca citati, facendo ricorso ad opportuni accordi nel cui ambito sia riconosciuta l’attività tradizionale dei nostri connazionali in acque rivendicate come esclusive da Tunisia, Libia e Croazia;

8) a sollecitare la UE ad avviare trattative con i Paesi del nord Africa per la stipula di accordi di pesca, ferma restando la possibilità di favorire la creazione di società miste cui partecipino nostri connazionali nel quadro delle relazioni economiche bilaterali dell’Italia con tali Paesi;

9) a richiedere nel contempo alla stessa UE di chiarire ulteriormente la propria posizione sulla pretesa libica relativa alla zona di protezione della pesca, al fine di evitare ulteriori incidenti di pesca e agire a tutti i livelli per ottenere l’immediato rilascio dei pescatori sequestrati dalle milizie libiche;

10) a rivedere la strategia energetica nazionale nella parte in cui, fermo restando lo sviluppo prioritario delle fonti rinnovabili, non dà adeguato risalto allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale esistenti nelle aree già aperte alla ricerca dal Ministero dello sviluppo economico su specifiche aree della piattaforma continentale nazionale, quale misura atta a contrastare le pretese dei Paesi frontisti;

11) a definire una strategia marittima nazionale dedicata anche agli spazi marittimi di giurisdizione italiana, affidandone la redazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ferma restando l’opportunità di costituire un ministero del mare competente a trattare tutte le questioni attinenti al cluster marittimo secondo una visione di lunga portata incentrata sullo sviluppo della blue economy.

[Fonte: www.senato.it]

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