Percorso:

Interrogazioni a risposta scritta – Atto n. 4-02837 – Al Presidente del Consiglio dei ministri

Atto n. 4-02837

Pubblicato il 5 febbraio 2020, nella seduta n. 187

URSO , RAUTI , BALBONI , DE BERTOLDI , CALANDRINI , GARNERO SANTANCHE’ , LA PIETRA , IANNONE , PETRENGA – Al Presidente del Consiglio dei ministri. –

Premesso che:

il nostro ordinamento, a garanzia di un corretto svolgimento delle competizioni elettorali (politiche, europee ed amministrative) e di un esercizio imparziale del conseguente mandato, prevede una serie di cause di incandidabilità, incompatibilità e ineleggibilità;

in particolare, la normativa vigente stabilisce che, per essere candidabili, i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, i capi di gabinetto dei ministri, i commissari del Governo e tutti gli altri soggetti ineleggibili ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 debbano cessare dalle loro funzioni almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Legislatura (in caso di elezioni anticipate, bisogna dimettersi comunque entro i 7 giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento delle Camere); a ciò si aggiunge tutta una serie di disposizioni che sanciscono il divieto di cumulo del mandato (elettivo) parlamentare con altre cariche;

benché si tratti di istituti giuridici sostanzialmente differenti (sia nei presupposti che negli effetti), la ratio complessiva delle disposizioni è quella di evitare eccessive concentrazioni di potere, assicurare parità di condizioni nello svolgimento delle competizioni elettorali e, in definitiva, quella di garantire un’efficace “rappresentanza” e una maggiore “rappresentatività”;

in sostanza, il fondamento della disciplina sulle incompatibilità e ineleggibilità risiede in motivazioni di carattere funzionale, morale o più propriamente tecnico, che rendono per il legislatore inconciliabile l’esercizio contemporaneo di una determinata carica e del mandato parlamentare nonché nel timore dell’influenza che determinate posizioni individuali hanno (o anche solo potrebbero avere) sul corpo elettorale;

in ossequio al principio generale della separazione dei poteri, inoltre, vige un generale principio di incompatibilità tra organo esecutivo e organo assembleare elettivo; in sostanza si ritiene che la possibilità che una medesima persona faccia parte dell’organo di indirizzo politico-amministrativo e al contempo di quello di governo esponga maggiormente al rischio di potenziali conflitti di interesse nonché di un’eccessiva concentrazione di poteri che potrebbe determinare indebite interferenze;

in questo quadro, e sempre a garanzia della legalità, trasparenza, imparzialità ed efficacia di ogni processo decisionale e partecipativo, val la pena richiamare tutta la normativa vigente in materia di conflitto di interessi, voto di scambio, traffico di influenze illecite, campagna elettorale e par condicio che, inevitabilmente, in una lettura organica e sistematica, non può non entrare in gioco (anche solo potenzialmente) nello scenario che si va delineando per le prossime elezioni suppletive del 1° marzo nel collegio di Roma 1 per la Camera dei deputati;

considerato che:

il Ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, è il candidato designato dall’intero centrosinistra per le suppletive del collegio uninominale Roma 1;

ciò, oltre a rappresentare una grave e incomprensibile anomalia per il nostro consolidato sistema democratico-rappresentativo, costituisce un grave vulnus per l’intero assetto istituzionale delineato dal legislatore e sopra sinteticamente richiamato;

il Ministro, in una recente intervista, nell’esprimere tutta la sua soddisfazione per la candidatura in quanto “figlio di questa città e di questo territorio sin dai tempi del liceo Visconti” ha dichiarato di “considerare un onore rappresentarli, come pure poter sostituire in Parlamento Paolo Gentiloni”; tali dichiarazioni stridono con la realtà considerato che, una volta eletto, egli non potrà pienamente corrispondere a quell'”etica del lavoro e della responsabilità” che “fa parte della mia formazione”, stante l’impossibilità di un esercizio contestuale dell’incarico parlamentare e di quello governativo;

da questo punto di vista, dunque, il collegio uninominale interessato si troverà, di fatto, a non avere un’effettiva e adeguata rappresentanza parlamentare, per lo più immotivatamente dato che, a legislatura già avviata e con un Governo nel pieno dei suoi poteri, ben potevano essere effettuate altre scelte, anche al fine di tutelare e promuovere una più ampia e diffusa partecipazione alla competizione elettorale; a fronte di ciò, il Ministro-deputato percepirà quindi anche l’indennità di parlamentare per una funzione che, di fatto, non potrà esercitare;

peraltro, nelle prossime settimane il Governo dovrà procedere ad oltre 400 nomine (tra multinazionali, società per azioni controllate dai ministeri, organismi indipendenti, enti economici e authority) e proprio il Ministero dell’economia si troverà a dover svolgere un ruolo delicato e cruciale in questa fase di riassetto della complessa governance economico-produttiva del nostro Paese; né va sottovalutato che il collegio interessato è sede dei Ministeri, delle Autorità e delle principali società su cui il Ministro stesso esercita un potere diretto di nomina, di indirizzo e di vigilanza;

è evidente che, tanto più in tale scenario, la candidatura di un Ministro in carica rischia di alterare la competizione elettorale, creando seri squilibri in termini di competitività, concorrenza, parità di accesso e di condizioni rispetto agli altri candidati, stante la sua acclarata posizione “dominante” e “privilegiata”;

è, del resto, di palese evidenza che il ruolo di Ministro, nelle possibili influenze sugli elettori, è tanto più incisivo e importante di quanto possa essere quello di un sindaco candidato nel collegio del suo Comune o del capo di gabinetto dello stesso Ministero, per i quali la legge non a caso prevede espressamente le dimissioni prima dell’accettazione della candidatura;

d’altronde, in un Governo nato proprio con l’obiettivo di fare la legge di bilancio e tutti i provvedimenti conseguenti per far fronte alla difficile congiuntura economico-finanziaria che sta attraversando il nostro Paese, il responsabile del Dicastero dell’Economia ha, di fatto, oggi più che mai, assunto un ruolo dominante nell’Esecutivo, privo di vice presidenti e con un Presidente del Consiglio dei ministri che si definisce “tecnico”: in questo quadro il Ministro dell’economia e delle finanze interviene come proponente di provvedimenti legislativi, direttive e nomine amministrative, indicazioni di nomine di diverso livello che, tra l’altro, ne fanno oggetto di presenza costante e rilevante in Parlamento e sui mezzi di comunicazione, tali da violare le norme basilari in materia di par condicio rispetto agli altri candidati;

a tutto ciò si aggiunge che, mentre nel corso delle campagne elettorali per il rinnovo del Parlamento l’attività del Governo si limita all’ordinaria amministrazione per non influire sulla stessa, in tal caso, invece, si verifica il paradosso che il Ministero dell’economia e delle finanze, il cui titolare è candidato, continua a svolgere la sua attività complessiva nella pienezza dei poteri con il rischio di sostanziali violazioni del complesso di norme richiamate (e, nello specifico, quelle in materia di conflitto di interessi, traffico di influenze illecite e par condicio),

si chiede di sapere se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga che la candidatura del ministro Gualtieri alle imminenti elezioni suppletive del 1° marzo per il collegio uninominale Roma 1 per la Camera dei deputati contrasti con l’intero assetto normativo-istituzionale vigente e, in ogni caso, se non ritenga doveroso assumere l’incarico ad interim della reggenza del medesimo Dicastero almeno per l’intera durata della campagna elettorale, al fine di fugare ogni dubbio in merito alle finalità degli atti che il Ministero è chiamato ad assumere, e in merito al mancato rispetto della par condicio, elemento fondamentale di ogni sana democrazia.

[Fonte: www.senato.it]

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