Percorso:

421ª Seduta Pubblica – Dichiarazione di voto sul DL recante disposizioni urgenti sulla crisi in Ucraina

Resoconto stenografico in corso di seduta

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, il mondo è cambiato dopo il 24 febbraio: l’aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina ha spezzato un ordine geopolitico mondiale e ha anche messo in crisi un paradigma di sicurezza dell’intero Occidente. È una guerra in Europa e i Paesi europei rafforzano le proprie strutture di difesa e sicurezza, accolgono – alcuni Paesi più di altri – i rifugiati ucraini ed inviano aiuti e sistemi d’arma. Di fronte alla crisi ucraina l’Europa si è trovata costretta a fare i conti con la prolungata assenza di una politica estera, con la debolezza delle sue diplomazie e con la mancanza di una forza di difesa comune. La diplomazia italiana non ha avuto un ruolo di primo piano nello scenario di tensione e di crisi che preludeva allo scoppio della guerra. Siamo stati, diciamolo, piuttosto assenti e silenti, anche un po’ marginalizzati in quei tentativi internazionali, poi falliti, di trovare una soluzione diplomatica.

Dopo lo scoppio della guerra, il Governo italiano si è impegnato con una risoluzione importante, sostenuta anche da Fratelli d’Italia, che condanna l’aggressione della Russia, condivide la decisione europea delle sanzioni alla Russia, stabilisce il diritto di accoglienza per rifugiati ucraini. Ancora, il primo decreto Ucraina – sappiamo che ce ne saranno altri – viene approvato alla Camera direi quasi all’unanimità, comunque ad amplissima maggioranza, con il voto favorevole di Fratelli d’Italia: un voto favorevole – sia chiaro – non al Governo, ma ai contenuti del decreto. Un voto, il nostro, che esprime la condanna dell’attacco militare russo contro l’Ucraina e contro il suo popolo, attacco alla sovranità nazionale, alla libertà, all’indipendenza e al diritto di quel popolo all’autodeterminazione.

La nostra posizione è stata netta da subito e non l’abbiamo mai cambiata, una scelta di campo inevitabile, inesorabile: da un lato i carri armati, dall’altro la popolazione civile; da un lato l’aggressore, dall’altro l’aggredito. E pur confidando sempre nelle diplomazie, nei negoziati e nella risoluzione di conflitti con il diritto internazionale, ci sono momenti – come questo – in cui non c’è spazio per i tentennamenti, per i distinguo sofisticati e per una sorta di pacifismo peloso. Noi non faremo mai l’elogio della guerra, ne siamo atterriti come tutti, ne siamo orripilati, ma non accettiamo – e voglio essere chiara – neppure chi pretende la resa degli ucraini come un dovere. (Applausi).

Solo il popolo ucraino può reclamare il diritto alla resa, così come può esercitare solo lui il suo diritto di difendersi e di difendere la sua sovranità nazionale. (Applausi). Noi pensiamo che l’aggredito debba contare sulla solidarietà e gli aiuti delle democrazie occidentali.

Torno al decreto-legge, approvato anche con il voto di Fratelli d’Italia alla Camera: un consenso dettato dalla crisi ucraina e dall’emergenza in cui siamo precipitati. È un decreto-legge che prevede – lo ricordo a chi oggi fa finta di dimenticarlo – aiuti anche militari e la partecipazione di personale militare al potenziamento dei dispositivi NATO esistenti, come per esempio il dispiegamento delle forze dell’Alleanza nelle Repubbliche baltiche, la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza, il dispositivo di sorveglianza navale e altro.

Come abbiamo denunciato tanto alla Camera quanto in Senato in sede di Commissione, cercando di emendare, senza riuscirvi, il testo in questo senso, in questo decreto-legge mancano interventi per tutelare le famiglie e le imprese italiane dal caro bollette; mancano interventi, presenti peraltro in tutti i nostri emendamenti, su cui la Commissione ha espresso un parere contrario, per sostenere imprese e famiglie contro il caro bollette. Avete anche bocciato l’emendamento sui minori non accompagnati. (Applausi).

Ci poniamo, allora, tante domande. Non avete voluto affrontare il danno dovuto al rimbalzo economico delle sanzioni, che ricade sull’Italia, sul nostro commercio e sulle nostre imprese. Così, mentre la Germania decide di innalzare le spese militari alla soglia del 2 per cento del PIL annuo e di creare addirittura un fondo speciale di 100 miliardi di euro dedicato agli armamenti e mentre la Francia sceglie di incrementare gli investimenti nella sicurezza e nella difesa, in Italia il presidente Draghi – per l’esattezza, al Consiglio europeo di Versailles – ribadisce il rispetto degli impegni, non vincolanti ma comunque sottoscritti con gli alleati già nel 2006 (lo ricordo), rilanciati nel vertice in Galles del 2014, ovvero quelli del 2 per cento del PIL per le spese della difesa. Il Governo, quindi, ribadisce vecchi impegni e ne assume di nuovi; lo fa alla Camera il 16 marzo anche approvando un ordine del giorno collegato al decreto-legge sull’Ucraina, che lo impegna a incrementare progressivamente le spese della difesa verso il traguardo, appunto, del 2 per cento del PIL.

Chiariamo che noi nel 2020 eravamo, nella graduatoria mondiale, al 102° posto, quindi forse dovremmo fare qualcosa.

Il Governo assume una postura precisa. Esistono – le ho qui – decine di dichiarazioni, che potrei naturalmente rinovellare, sulle posizioni prese dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della difesa; ma nel giro di pochi giorni, a un certo punto, cambia tutto e ci troviamo ad oggi. Il Governo italiano si avvita su se stesso, fa due passi avanti e uno indietro, oscilla, barcolla. Siamo qui senza un relatore e – paradossalmente – con la richiesta di un voto di fiducia con cui, sostanzialmente – diciamolo – più che mai il Governo sconfessa se stesso. (Applausi).

Voglio ricordare che il nostro ordine del giorno (per chi non l’avesse letto e l’avesse solo raccontato) non indicava un termine temporale negli impegni: negli impegni non c’è scritto «2024» e questo ha la sua importanza. Inoltre si chiedeva di essere coerenti con quanto già sostenuto.

Arrivo, quindi, alla conclusione. Quelle risorse servono per le caserme, per gli equipaggiamenti, per la formazione, per le basi aeree, per gli hangar, per tutto ciò che nella difesa va anche rimodernato; servono per le sfide cyber. Ecco a cosa servono gli aumenti di spesa! (Applausi).

Cari colleghi della Lega, mi rivolgo anche a voi. La nostra scelta oggi di non votare la fiducia sul decreto Ucraina è facile, perché voi non meritate la nostra fiducia. La nostra è una scelta obbligata: si chiama coerenza. Avremmo votato anche al Senato, come alla Camera, a favore di questo disegno di legge di conversione del decreto-legge, se avesse avuto un normale percorso, con emendamenti, ordini del giorno, miglioramenti, un confronto; invece, il ricorso all’ennesimo voto di fiducia, su una materia così condivisa, così sensibile, sconfessa il Governo stesso che quella fiducia chiede. Già ieri il presidente Ciriani e il vice presidente La Russa hanno affermato le contraddizioni contenute in questa richiesta di voto di fiducia.

La nostra scelta è obbligata e facile. Quello che, invece, mi chiedo e vi chiedo è la vostra scelta. Per voi è più difficile, o almeno dovrebbe esserlo, perché mi chiedo quale voto di fiducia stiate esprimendo. Per quale Governo votate la fiducia, voi che siete con forze così variegate? A quale Governo state dando la fiducia? Al Governo che ha accolto, senza riformularlo, l’incriminato ordine del giorno di Fratelli d’Italia (eppure è storia)? Oppure al Governo del ministro Di Maio, che non si è espresso e non sappiamo cosa pensi? O al Governo del ministro Guerini, che ha cercato una scappatoia con la matematica, prevedendo il termine del 2028 (che, certo, viene dopo il 2024, per carità)?

Qual è il Governo cui date la fiducia? È forse quello del Governo Conte, che ha aumentato del 17 per cento le spese militari durante il suo mandato? Qual è il Governo cui date la fiducia? Quello che afferma una cosa e si smentisce il giorno dopo? Qual è il vostro Governo? (Applausi). Vi ha detto bene il presidente Draghi, affermando – mi avvio a concludere, signora Presidente – che, se si mettono in discussione gli impegni assunti in un momento così delicato alle porte dell’Europa, viene meno il patto di maggioranza. Di questo dovete prendere atto.

La vostra non è una forza di governo, è una sommatoria che non è una sintesi, che non ha una politica estera e che è piena di contraddizioni. Prendete atto di questo e delle sue conseguenze. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Commissione Difesa - Attività, Interventi in Aula Senato, Primo piano.