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390ª Seduta Pubblica – Discussione del disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024

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Resoconto stenografico in corso di seduta

RAUTI (FdI). Signor Presidente, all’inizio di questo dibattito – come ricordava il collega senatore Barbaro – ci avete riconosciuto la dignità di opposizione responsabile, che suona un po’ come l’onore delle armi. Tale dignità di opposizione responsabile è dettata dal fatto che il Gruppo Fratelli d’Italia ha presentato oltre 700 emendamenti ragionati, di buon senso e propositivi al disegno di legge di bilancio, quando ancora speravamo di poter apportare qualche miglioramento. Colleghi, non ne abbiamo presentati migliaia, come le forze di maggioranza, ma oltre 700 ragionati ed è inutile che ve li racconti in questa sede. Forse ci riconoscete la dignità di opposizione responsabile per le nostre presenze in Commissione, naturalmente quando le sedute si sono svolte, perché – come sappiamo – la Commissione è stata continuamente sconvocata e paralizzata dai veti incrociati tra le forze di maggioranza. Onorevoli colleghi, non vi nascondo però un senso di frustrazione, anche nel guardarci qui intorno, in quest’Aula spopolata, per i tempi, per i modi, per come arriviamo oggi fin qui e perché non si riesce mai a migliorare ciò che è più importante per la Nazione. E ce l’abbiamo messa tutta, dal buon senso, alla buona volontà. Ce l’abbiamo messa tutta, ma sbattiamo contro un muro di gomma e la sensazione, che riguarda tutti e non soltanto l’opposizione, è quella di un progressivo svuotamento del Parlamento, di un suo svilimento e di una sua umiliazione.

Voglio allora ricordare che il Governo dei migliori ci ha condotto fin qui, mentre la manovra per il 2019, con il Governo giallo-verde, è stata presentata il 31 ottobre 2018, è stata approvata l’8 dicembre 2018 dalla Camera dei deputati, è stata approvata dal Senato con modifiche – bei tempi! – il 23 dicembre 2018 ed è stata approvata definitivamente dalla Camera dei deputati il 30 dicembre 2018. La manovra per il 2020, del Governo giallo-rosso, è stata presentata al Senato il 2 novembre 2019, è stata approvata il 16 dicembre 2019 – bei tempi anche quelli, direi – ed è stata approvata senza modifiche dalla Camera dei deputati il 24 dicembre 2019. La manovra per il 2021, varata dal Governo giallo-rosso post-pandemia, è stata presentata alla Camera dei deputati il 18 novembre 2020, approvata il 27 dicembre 2020 ed approvata dal Senato, senza modifiche, il 30 dicembre 2020.

Ebbene, il Governo dei migliori ha il record peggiore dei tempi di presentazione e di gestione di questa manovra. Infatti, la road map del disegno di bilancio, che letta oggi fa quasi ridere, prevedeva quanto segue: il 28 ottobre il Consiglio dei ministri adotta il disegno di legge di bilancio, che si presumeva sarebbe stato trasmesso al Senato in data 2 novembre. Come tutti sanno, non fu così e in quella road map si ipotizzava una possibile approvazione in prima lettura qui al Senato tra il 13 e il 17 dicembre e una possibile approvazione definitiva alla Camera tra il 20 e il 23 dicembre. Letta oggi la road map fa un po’ ridere, se non addirittura piangere, perché questa è la storia. Com’è andata lo sappiamo bene e lo sento dire, tra l’altro, anche da esponenti della maggioranza. Evidentemente non siamo noi dei visionari negativi, morbosi e malati; anzi, noi abbiamo cercato di contribuire, ma la realtà oggettiva è spaventosa ed è quella che oggi qui, tra pochi intimi, ci stiamo raccontando. Questo era il metodo, o meglio l’assenza di metodo, e poi parlerò anche del merito.

Voglio inserire tra le righe soltanto un argomento, non marginale – a nostro avviso – prima di arrivare al merito del disegno di legge. Ne abbiamo fatto oggetto di un emendamento e poi di un ordine del giorno che è stato approvato in Commissione: mi sto riferendo alla nota tampon tax, ovvero all’articolo 4. È evidente che prendiamo atto che il Governo ha inserito nella legge di bilancio una significativa variazione dell’aliquota IVA, dall’ordinaria al 22 per cento all’agevolata al 10 per cento, per i prodotti dell’igiene femminile non compostabili, in quanto gli altri già godono di una IVA agevolata. Questo è in linea, tra l’altro, con la direttiva della Comunità europea relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, che prevede che gli Stati membri possano applicare una o due aliquote ridotte, non inferiori al 5 per cento, per la cessione di beni e prestazioni di servizi di alcune categorie. Tra gli altri, vengono menzionati, accanto ai prodotti farmaceutici, proprio i prodotti per la protezione dell’igiene femminile. Allora, nel disegno di legge di bilancio si è passati dal 22 al 10 per cento. Faccio presente che questo argomento, la tampon tax, è stato calcolato non da me, ma dall’Istat: stiamo parlando di una platea di donne interessate, naturalmente in età fertile, di quasi 13 milioni. Sono le stesse donne che hanno subito le conseguenze della pandemia e del Covid, che magari hanno pagato un prezzo alto alla pandemia, che magari hanno perso il lavoro; sono quelle stesse donne che sento invocare sempre come vittime, ma quando si tratta di dare un aiuto, vengono meno gli argomenti. Noi invece gli argomenti ce li abbiamo. (Applausi).

Questo è un elemento tra i tanti. Perché non farlo? Perché non fare uno sforzo in più? Va bene; apprezziamo che l’aliquota sia stata ridotta dal 22 al 10 per cento, ma perché non dal 10 al 5 per cento? Non si tratta di un bene voluttuario. Vi ricordate quella finanziaria che dimezzò l’IVA sui tartufi, che mi pare non siano un bene necessario? Su un bene necessario come questo, invece, avete il braccino corto. Io penso che il 10 per cento non sia sufficiente e bisognerebbe scendere al 5 per cento. Visto che l’ordine del giorno è stato approvato in termini di valutazione, ci auguriamo che lo valutiate davvero e si faccia un atto di coraggio, che ci metterebbe peraltro sulla linea europea. La Francia è già scesa al 5,5 per cento, la Germania al 7 per cento, il Belgio al 6 per cento, il Portogallo al 6 per cento, l’Irlanda naturalmente è intervenuta prima della direttiva del 2006 e ha addirittura annullato l’IVA. Johnson, nel Regno Unito, prima l’aveva abbassata al 5 per cento e adesso l’ha annullata e se l’è venduta come un effetto della Brexit. Quindi, stiamo parlando non di cose irrilevanti, ma di un riconoscimento, un sostegno, un aiuto e un segnale alle donne, in quanto si tratta di un bene – ripeto – necessario e non voluttuario.

È uno sforzo che potete fare. Faccio presente che abbiamo fatto lo stesso ragionamento di abbassamento dell’aliquota e di aliquota agevolata al 5 per cento per i prodotti legati alla prima infanzia, che sono tantissimi e costosissimi, e ciò aiuterebbe le famiglie. Quando sento parlare di inverno demografico, in realtà penso che la situazione sia molto più grave: siamo in completa emergenza demografica perché i figli non li fa più nessuno. Allora, quando c’è la legge di bilancio, abbassate l’aliquota IVA al 5 per cento sui prodotti per la prima infanzia. Una mano a quelli che vogliono fare i figli la vogliamo dare o vogliamo soltanto predicare quando non ci costa niente? (Applausi).

Sarebbe stato bello portare strumenti e idee concrete nel contenitore della legge di bilancio qualora ci fosse stato un confronto serio e serrato. Ho esaurito purtroppo i minuti a mia disposizione, ma molto altro avremmo da dire.

Fratelli d’Italia ha presentato oltre 700 emendamenti su tantissimi argomenti, ma duole dover rilevare che sinceramente da Mario Draghi ci si aspettava un po’ di più. La manovra finanziaria non è il capolavoro di questo Presidente del Consiglio: è un esercizio di ragioneria. Non è un’opera d’arte di ragionevolezza fatta sulla base delle reali esigenze della Nazione. Per esempio, Fratelli d’Italia ha chiesto di concentrare il taglio sul cuneo fiscale, sul costo del lavoro per sostenere le imprese. Abbiamo fatto delle proposte concrete e invece niente. Probabilmente la legge di bilancio è soltanto l’effetto di un compromesso al ribasso di forze contrapposte con idee diverse che vogliono stare insieme e che, però, insieme non riescono a fare nulla.

Il compromesso al ribasso produce l’assenza di una visione: non c’è visione politica in questa manovra; non c’è rilancio per la Nazione perché non c’è amore per la Nazione italiana e per quella che noi chiamiamo patria. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

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