Percorso:

277ª Seduta Pubblica – Intervento in dichiarazione di voto sul disegno di legge recante disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere

Resoconto stenografico in corso di seduta

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, Governo, colleghi, sono passati ventuno anni dalla prima Giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre e, dall’inizio della legislatura, questa è la terza Giornata mondiale che celebriamo. Voglio sottolineare che abbiamo sempre fatto qualcosa e che siamo riusciti in tutte e tre le occasioni a fare qualcosa insieme, come la materia merita, chiede e pretende. Anche quest’anno, derogando alle regole che ci siamo dati, abbiamo giustamente inserito il disegno di legge in discussione in coincidenza con questa giornata.

Questo disegno di legge è il figlio e il frutto condiviso del lavoro della Commissione di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, poi approvato in 1a e in 5a Commissione. Torniamo alle origini: voglio sottolineare il fatto che sia un lavoro condiviso, devo dire anche con qualche fatica e qualche volta con qualche contrapposizione, superando talvolta le differenze di visione tra di noi. Io non casualmente compaio come seconda firmataria, dopo la collega Valente (credo che questo sia un fatto simbolico); vi compaio anche perché facevo parte del gruppo che si dedicava al lavoro sulle statistiche e perché dalle prime riunioni della Commissione abbiamo sottolineato proprio ciò che il titolo del disegno di legge recita, ovvero «Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere». Noi, cari colleghi, abbiamo aggredito così un nodo antico e annoso, ovvero l’assenza dei dati, l’assenza di banche dati che potessero dialogare tra di loro a livello nazionale, ma anche europeo.

La raccolta dei dati non è una mania della matematica, ma è l’esigenza di una dimensione quali-quantitativa per restituire analisi statistiche che siano reali, utili ed efficaci. È questo il senso del nostro disegno di legge. Noi – penso di poter dire noi tutti – abbiamo inteso elaborare dei criteri di rilevazione che siano omogenei e (secondo elemento) vincolanti, tra i quali la cadenza triennale delle ricerche di campionatura dell’Istat, la cadenza biennale delle indagini sui centri antiviolenza e le case rifugio e ancora la relazione tra vittima e autore della violenza. Tutto questo perché?

Perché noi abbiamo il dovere di far emergere un sommerso, il sommerso della violenza. Sappiamo quanti di questi atti di violenza scivolino, si nascondano nelle lesioni, nelle percosse, nelle minacce, nella violenza privata, quando, invece, hanno un nome, ed è violenza sulle donne e violenza di genere.

Non ci possiamo fermare alla constatazione della classica punta dell’iceberg. È per questo, cari colleghi, che abbiamo chiesto dei dati di livello sanitario, di livello giudiziario, quindi dati disaggregati e ragionati. Dati che chiediamo a livello interministeriale, che riguardano anche i casi di denunce per violenza subita, ma anche i casi di femminicidio, ovvero quegli omicidi di donne in ragione del loro essere donna. Insomma, l’obiettivo che ci siamo dati e che oggi in qualche modo raggiungiamo (o, comunque, abbiamo un percorso) è quello di un sistema informativo sulle violenze di genere, per mettere a punto politiche di prevenzione e di contrasto.

Questo proprio per non fermarci a quella punta dell’iceberg, proprio per far emergere quello spazio invisibile e maledetto delle violenze domestiche o di quelle violenze che si annidano e si nascondono dietro le relazioni sentimentali private o, comunque, dietro legami sentimentali in atto o interrotti

Io potrei continuare con tecnicismi, potrei chiamare in causa la letteratura scientifica o gli atti del Senato, che abbiamo e che invito a leggere. No, io vorrei che questa discussione fosse appassionata. Io vorrei che questa discussione fosse più partecipata di quanto, peraltro, non sia con le presenze che vedo in Aula. Voglio dire, senza rivendicazioni, che il Gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, di Camera e Senato, oggi indossa una mascherina segnata dal colore rosso.

Il colore rosso è il colore del sangue, che si lega, purtroppo agli atti di violenza, ma il colore rosso è anche lo stesso colore di tutte le azioni che mettiamo in campo tutti, in termini di prevenzione e di contrasto: dalle panchine rosse alle scarpe rosse. Insomma, un colore che indossiamo anche in questa giornata, non per vuote celebrazioni, ma per ricordare tutte le vittime di violenza nel mondo e per richiamare l’attenzione sulle tristi statistiche.

In Italia e nei Paesi europei, infatti, la media è quella di una uccisione di una donna ogni tre giorni. Sono già 91 quest’anno le vittime e sono state 96 le donne uccise nel 2019. È anche per questo che oggi abbiamo deciso di indossare questa mascherina, con una campagna di sensibilizzazione, richiamando anche quello che è successo durante il lockdown e contestualizzando.

Non sfuggirà a nessuno, infatti, che la situazione di pandemia che stiamo vivendo ci deve spingere a riflettere maggiormente sulla ricaduta sul mondo femminile, anche in termini di crisi economica, di tenuta, di coesione sociale e di condizione occupazionale. Mezzo milione di donne ha perso il lavoro in questi ultimi mesi e, per questo, noi pensiamo che proprio le famiglie, insieme alle donne, stiano pagando il prezzo esistenziale più alto alla pandemia. Occorre, dunque, una attenzione politica e istituzionale di tutti, che non si esaurisca nelle celebrazioni di oggi, ma che si concretizzi in un sistema organico di misure straordinarie, di tutela e in un piano di strumenti economici e di ristori, nonché nell’applicazione integrale delle norme penali previste per rendere giustizia alle vittime e punire gli autori dei reati.

Quindi, per tutti noi è una battaglia politica quotidiana, ma anche culturale, contro ogni arretramento che favorisce e fomenta tutte le forme di violenza sulle donne. Senza se e senza ma, è stato detto. E io aggiungo: senza copyright politici da parte di nessuno.

È una questione sociale che riguarda tutti; non è un fatto privato e non è appannaggio di nessuno.

Per questo il nostro pensiero va oggi a tutte quelle donne che durante il lockdown – che ha visto un aumento del 73 per cento delle richieste di aiuto – hanno dovuto vivere prigioniere dei loro aguzzini, intercettate dalle app e dalle chat perché non si potevano recare dove potevano essere accolte o dove potevano rendere denuncia.

Annunciando dunque il voto convintamente favorevole del partito che rappresento, voglio concludere invitando tutti a fare uno sforzo: non lasciamo mai le donne sole, non lasciamo mai alle donne l’onere della prova della violenza subita.

Purtroppo, diciamocelo, quello di cui stiamo parlando è un mondo che attraversa il mondo, le geografie, le latitudini, le religioni, i ceti e le credenze. È un flagello sociale, è una pandemia nella pandemia e, come tale, va guardata e percepita, senza girarsi mai dall’altra parte. Se infatti i dati ci dicono che ognuno di noi conosce almeno un caso di violenza, se non lo vediamo, vuol dire che abbiamo chiuso gli occhi e abbiamo girato le spalle e questo rende complici.

Dobbiamo tutti assumere la questione come un’emergenza sociale, collettiva, condivisa e non come un fatto privato da scaricare sulle spalle delle vittime. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Interventi in Aula Senato, Primo piano.