Percorso:

230ª Seduta Pubblica – Informativa del Presidente Conte, in vista del Consiglio Europeo

Il resoconto stenografico in corso di seduta

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, Governo, colleghi, Fratelli d’Italia, come forza patriottica e responsabile, durante la guerra scatenata dal Covid non ha mai disertato. Abbiamo partecipato alle riunioni della cabina di regia e agli incontri a Palazzo Chigi; in Aula abbiamo votato gli sforamenti di deficit e abbiamo elaborato centinaia di emendamenti per ogni provvedimento, sempre nell’interesse degli italiani.

Oggi, signor Presidente, i banchi del Gruppo Fratelli d’Italia sono vuoti, qui al Senato come alla Camera. Fratelli d’Italia ha scelto di stare fuori dall’Aula in segno di protesta, una protesta che io voglio spiegare con chiarezza. Noi protestiamo contro la sua prepotente imposizione di modificare il calendario dei lavori d’Aula. Lei, in vista della videoconferenza del Consiglio europeo del 19 giugno, non ha voluto tenere la prevista e doverosa comunicazione, ma – diciamo così – se la cava con una semplice informativa. Qual è la differenza tecnica sostanziale tra comunicazione e informativa? È una differenza semplice, ma grave, perché l’informativa impedisce la presentazione di risoluzioni e quindi consente di sfuggire al voto del Parlamento e di liberarsi da quella sorta di fastidio verso il confronto parlamentare.

Ma non solo questo. L’informativa è anche un modo per non evidenziare e per non far esplodere le contraddizioni che agitano la sua maggioranza, su temi divisivi appunto, ma anche decisivi come il MES, che per Fratelli d’Italia è una mostruosa trappola europea. Oggi questa ennesima mortificazione delle prerogative del Parlamento non solo indebolisce purtroppo le istituzioni, ma indebolisce anche lei. Direi, abusando di un’espressione, che il re è nudo. Lei al Consiglio europeo partecipa senza un mandato su cosa l’Italia voglia o debba fare in Europa. Ed è tanto, perché si discute del quadro finanziario pluriennale, delle misure monetarie, degli strumenti di finanziamento, come ricordava lei stesso nel suo discorso.

C’è un articolo – che io ricordo, ma che lei conosce meglio di me – l’articolo 5 della legge n. 234 del 2012 prevede che per “ogni iniziativa volta alla conclusione di accordi tra gli Stati membri dell’Unione europea che producano conseguenze rilevanti sulla finanza pubblica (…) il Governo assicura che la posizione rappresentata dall’Italia nella fase di negoziazione degli accordi tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere”. Il titolo di tale articolo è: «Consultazione delle Camere su accordi in materia finanziaria o monetaria» (lei senz’altro lo conosce). Non ci stupisce questa assenza di rispetto per articoli e regole da parte di un Governo nato senza legittimazione popolare, che procede a colpi di decretazione d’urgenza, che brandisce i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri come sciabole; questi ultimi sono atti amministrativi abusivi (ne abbiamo discusso la settimana scorsa), ai quali successivamente dà copertura legislativa. Aggiungo anche questo ricorso compulsivo ai voti di fiducia: ormai il Parlamento vota solo in questo modo e quindi non può emendare nessun provvedimento.

Signor Presidente, c’è poi anche il dotarsi di un esercito di task force e di quelle che lei ha definito – mi ha colpito la definizione – singole menti brillanti – ce ne sono anche qui; glielo assicuro – che la stanno aspettando adesso a Villa Pamphili. Questo esercito di task force è quasi come se fosse una sorta di Governo del Governo e non lo chiamerò struttura di partito o, almeno, non ancora struttura di partito. A questo vulnus democratico contribuisce anche la sistematica compressione delle minoranze parlamentari, che si chiamano e si rispettano come opposizioni, i cui tentativi propositivi e l’impegno nell’elaborare proposte ed emendamenti sono stati respinti o bocciati in modo sistematico.

Ci risparmi almeno, quindi, il falso invito in televisione e in tutte le sedi non preposte alla collaborazione, lasciando intendere che le opposizioni sono disfattiste e ottuse, mentre lei e i suoi Ministri sapete bene che abbiamo lavorato sodo, con soluzioni condivisibili o meno, per individuare e proporre ricette nell’esclusivo interesse della Nazione.

Lei, Presidente, mi scusi, ma si sottrae alla dialettica parlamentare e lo fa mentre organizza ben dieci giorni di Stati generali, dove l’Italia – non lo dico io; l’ho letto su «la Repubblica» – si nasconde all’Italia e si chiude nel recinto del potere con la coreografia autocelebrativa di un uomo solo al comando. Gli Stati generali sono stati aperti con la presenza virtuale di rappresentanti della Comunità europea, della BCE e del Fondo monetario internazionale. Si tratta, insomma, della vecchia famiglia della troika. Forse da loro si farà dare delle indicazioni e sicuramente non se le fa dare da questo Parlamento, dalla minoranza e mi permetto di dire che, forse, non se le fa dare neanche dalla sua stessa maggioranza perché non può sul MES, sul recovery fund, sulle misure economiche post pandemia e su tutto ciò che condizionerà il destino della Nazione. Lei prescinde dal Parlamento, dall’Italia e dalla realtà sociale per inseguire un set da reality.

Le do atto che gli Stati Generali hanno una tradizione storica: sono stati inaugurati nel Risorgimento, proseguiti nell’Italia postunitaria e successivamente in molti appuntamenti della storia di questo Paese. In questo momento di emergenza, però, avrebbe piuttosto dovuto ascoltare la società invece che ospiti illustri. Agli Stati Generali avrebbe dovuto invitare chi aspetta la cassa integrazione da marzo, il bonus dei 600 euro; avrebbe dovuto invitare tutti quegli imprenditori che non riescono ad accedere al credito, chi ha chiuso bottega per decreto e non è riuscito ad aprire. Avrebbe dovuto invitare gli operatori del settore turistico, ma anche i parrucchieri, gli estetisti, gli artigiani, i professionisti e i commercianti. In una parola, avrebbe dovuto invitare il popolo italiano e ascoltarlo. È anche per questo che noi non siamo venuti a fare il numero a questo red carpetdell’Aurelia antica, alla “villa dei famosi”, dei VIP e di quelle menti brillanti, che – mi permetto di dire – hanno scelto di vivere fuori dall’Italia e poi vengono a dire agli italiani, alle famiglie e alle imprese come dovrebbero vivere e sopravvivere, mentre per noi prospettano mazzate e stangate, azioni da «Grande fratello» fiscale e, magari, una patrimoniale o qualche operazione di vampiraggio dei risparmi degli italiani. Vengono a spiegarci forse il futuro che verrà, mentre circa 50 milioni di italiani si interrogano su questo futuro del Paese, ma per molti di loro, Presidente, il domani è lontano. Vorrebbero sapere come sopravvivere oggi.

Se lei, Presidente, vuole davvero confrontarsi con le posizioni – come dice e invoca ovunque tranne che qui – deve farlo nelle sedi istituzionali e alle Camere perché gli Stati generali della Repubblica italiana sono il Parlamento. Li ha convocati in modo permanente la democrazia del voto popolare, quel meccanismo di espressione del consenso che voi sfuggite, evitate, ma che vi insegue e che, prima o poi, vi raggiungerà e saprà giudicarvi. Si ricorderà le vostre dichiarazioni roboanti, le promesse economiche e le aspettative deluse, gli annunci di potenza di fuoco e i decreti di immediata liquidità nelle tasche degli italiani.

Uno storytelling governativo virtuale, che non corrisponde alla realtà, che non corrisponde al cuore, alla carne degli italiani e che rappresenta, in modo plastico e pesante, quella frattura esistente tra Governo e società, tra una politica astratta ed il popolo. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

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