Famiglia, natalità, asili nido e assegno unico, sono gli orfani del Recovery! Nel difficile compito di spulciare tra le 300 pagine del PNRR, ci si rende subito conto che non solo nessuna delle 6 missioni è dedicata, come invece richiesto da Fratelli d’Italia, alla famiglia e alla natalità ma anche che questi temi sono stati frantumati in più parti, con scarsa considerazione, pochi investimenti e nessuna efficacia di riforma.
Solo qualche esempio: la famiglia è richiamata nella missione 5 alla componente 2 (M5C2), nel REACT e nel ‘Fondo Complementare’ ma la somma è infelice e manca una visione di prospettiva. Ancora più grave ed evidente è la scomparsa di un ‘piano asili nido’ dedicato, perché le risorse di 4,6 miliardi (Missione 4, componente 1 M4C1) comprendono anche ‘le scuole dell’infanzia e i servizi di educazione e cura per la prima infanzia’. Tutto ciò significa che i nuovi posti negli asili nido non saranno più di 228000 ovvero, circa tra l’8 e il 10 per cento in meno rispettivamente all’obiettivo indicato dall’Unione Europea ed alla media europea. Inoltre, la questione denatalità viene fotografata, senza pathos, secondo i drammatici dati Istat ma non viene affrontata, demandando tutto all’eterno ‘progetto di riforma del Family Act’, una specie di fantasma programmatico di cui si parla da oltre un anno, poi approvato in Consiglio dei Ministri (giugno 2020) e di cui siamo ancora in attesa. Ma il ruolo di convitato di pietra spetta sicuramente alla misura dell’assegno unico universale per i figli, contenuto anch’esso nel ‘Family Act’ ma approvato all’unanimità e in via definitiva al Senato nel marzo scorso, con decorrenza dal 1 luglio 2021. Peccato, però, che manchino i decreti attuativi del disegno di legge (n 46/2021) e la definizione del ‘quantum’ ed, infatti, è stato appena reso noto che a luglio le famiglie non lo riceveranno. E se questo non bastasse il ‘Family Act’ e lo stesso Assegno Unico universale per i figli sono inseriti nelle ‘Riforme di accompagnamento al Piano’, quando si faranno. Se, infine, si volessero rintracciare temi come ‘politiche per le donne’ e più in generale l’occupazione femminile, bisognerebbe cercarli faticosamente un po’ qua e un po’ la, e all’interno delle ‘priorità trasversali’ degli obiettivi generali che, a dispetto della suggestione che la definizione potrebbe generare, non significa maggiore importanza ma piuttosto marginalizzazione. Insomma, siamo dinanzi a una mancanza di coraggio e di volontà politica nel voler dare centralità ad una vexata quaestio a cui la pandemia ha aggiunto nuove criticità.
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