Percorso:

The European Conference on “New Ways in Overcoming Gender Stereotypes”

The European Conference on “New Ways in Overcoming Gender Stereotypes”

Con il Patrocinio del Ministero per i diritti umani e le minoranze della Repubblica Ceca.

Praga, 27 maggio 2009

Intervento del Capo Dipartimento per le Pari Opportunità, Prof.ssa Isabella Rauti, nel corso del meeting dei Ministri e dei Capi Delegazione

Sono Isabella Rauti, Capo Dipartimento del Ministero per le Pari Opportunità, e rappresento il Ministro On. Maria Rosaria Carfagna. Entro subito nel merito delle due questioni che ci sono state poste, per questo spazio di discussione, sulla natura degli stereotipi di genere e sugli strumenti e le misure per superarli; vorrei sottolineare come gli stereotipi in generale, siano delle mappe mentali che influenzano la comprensione della realtà, riproducendo modelli culturali e ruoli sociali con effetti segreganti e discriminanti.

Anche l’origine etimologica rafforza il concetto; il termine stereotipo (dal greco stereòs: rigido e tòpos: impronta) richiama un’immagine fissa. Tale termine è stato mutuato dalle scienze sociali nell’ambito degli sudi sui processi di formazione dell’opinione pubblica, in cui il rapporto conoscitivo con la realtà esterna non è diretto ma, mediato dalle immagini mentali che di quella realtà ognuno si forma. Tali immagini non sono altro che semplificazioni piuttosto rigide che il nostro intelletto costruisce quali “scorciatoie” per comprendere l’infinita complessità del mondo esterno.

Questa “costruzione mediata socialmente” (stereotipi) riveste una funzione difensiva dell’identità del gruppo che ha prodotto gli stereotipi, in quanto concorre al mantenimento dello stesso sistema sociale che li ha generati. La caratteristica evidente degli stereotipi è la loro persistenza; direi che sono “idee” dure a morire ed incuranti non solo della complessità ma anche dei mutamenti della realtà.

Quando si associa, senza riflettere, una categoria o un comportamento a un genere, si ragiona utilizzando gli stereotipi di genere; il loro uso produce e comporta una percezione rigida e distorta nonché distorsiva, della realtà e di quanto comunemente si intende – appunto – per “femminile” e “maschile” e su ciò che ci si aspetta, quindi, dalle donne e dagli uomini.

L’effetto degli stereotipi di genere e dei pre-giudizi che ne derivano, è quello di una gabbia interpretativa e di un perimetro dato come stabilito che finisce per limitare e comunque condizionare lo stile di vita, le azioni ed i pensieri delle persone.

Sulla seconda questione relativa agli strumenti di superamento, è stato già sottolineato – e concordo pienamente – il ruolo fondamentale svolto dagli aspetti e dagli interventi educativi e mi riferisco all’Educazione di genere nelle scuole, di ogni ordine e grado; ma anche all’attenzione da porre nei confronti di un innato sessismo della lingua nonché alla necessità di regolare gli aspetti legati alla comunicazione con particolare riferimento al messaggio pubblicitario, come abbiamo visto anche nei lavori di questa mattina. Sugli aspetti di educazione e formazione, voglio ricordare – lo dico per inciso – come buona prassi, le due edizioni avviate e finanziate dal Ministero per le Pari Opportunità del progetto formativo “Donne, politica e istituzioni: percorsi formativi per la cultura di genere e delle Pari Opportunità”, realizzate nel corso degli anni accademici dal 2007 al 2009 e, rivolte alle Università italiane e destinate agli studenti universitari ma anche a coloro che sono in possesso di diploma di scuola media superiore.

Inoltre, il Ministero per le Pari Opportunità ha finanziato, a favore degli Istituti di Istruzione secondaria di II grado, la progettazione e la realizzazione di moduli didattici sulla differenza di genere da svolgersi tra il 2008 ed il 2010.

Per quanto attiene alle misure di carattere normativo, come gli altri colleghi che hanno accennato alle loro realtà nazionali, vorrei evidenziare che l’Italia ha, in materia di pari opportunità e parità, un impianto legislativo che si è stratificato nel tempo – poi raccolto ed ordinato nel Codice per le Pari Opportunità – consolidato e maturo, inoltre operano nel Paese numerosi organismi nazionali e locali di parità e di tutela antidiscriminatoria. Infine, voglio ricordare la modifica dell’Art. 51 della Costituzione italiana, introdotta nel 2003, tesa ad assicurare a tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso, parità di accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive attraverso la promozione, con appositi provvedimenti, di pari opportunità tra uomini e donne.

La rappresentanza femminile nelle Istituzioni politiche nazionali è, nella Legislatura in corso, del 21,2% alla Camera e del 18% al Senato, mentre negli Enti locali risulta superiore; a tal proposito si ricorda che in Italia non è attualmente in vigore una norma cogente su “quote” di rappresentanza femminile nelle Istituzioni mentre, nelle Elezioni europee del 2004 è stato introdotto, nella composizione delle Liste elettorali, il principio normativo (Legge n. 90 dell’8 aprile 2004) che destinava al genere sottorappresentato non meno di un terzo dei posti nelle Liste elettorali: le elette sono state il 21%.

Il tasso di occupazione femminile ruota, in Italia, intorno al 46,6% e le donne guadagnano meno dei colleghi maschi ma il divario è percentualmente ridotto rispetto al gender gap salariale che si registra in altri Paesi europei. Dal punto di vista normativo e descrittivo le pari opportunità in Italia sono garantite e consolidate, ma è nello scarto esistente tra parità legislativa e parità sostanziale e sociale che si annidano le disuguaglianze e le forme discriminatorie, figlie anche degli stereotipi che talvolta sembrano addirittura riemergere; la questione è di carattere culturale, di educazione, di formazione e di mentalità e chiama in causa anche la necessaria riconsiderazione della condivisone dei ruoli all’interno della famiglia, per quanto riguarda il cosiddetto lavoro di cura, e le tematiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

E’ nel gap tra la parità legale e quella di fatto che prolificano gli stereotipi di genere che diventano barriere invisibili ma determinanti nel produrre o perpetuare discriminazioni, dirette ed indirette e segregazioni, orizzontali e verticali.

Questa voce è stata pubblicata in Convegni con Tag: .