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Italpress.com – PIL: Isabella Rauti “Necessario ma non sufficiente”

CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) (ITALPRESS) – Ricchezza e felicità. Un indicatore come il Pil, capace di misurare le transazioni economiche e il bisogno (forse) di allargare lo sguardo a indicatori nuovi come il Fil (felicità interna lorda). Provocazione? Nient’affatto. Il tema a Cortina InConTra viene affrontato insieme a Donato Speroni, autore de “I numeri della felicità. Dal PIL alla misura del benessere”, Enrico Giovannini, presidente Istat, Fiorella Kostoris, docente di Economia Politica all’Università La Sapienza di Roma, Isabella Rauti, consigliere della Regione Lazio, il sociologo Domenico De Masi e l’editorialista Stefano Zecchi.
Un libro, avverte Speroni, che non va letto in chiave ideologica.
“Quali devono essere i nuovi obiettivi della politica? – si è chiesto Speroni – Se lo Stato mi dice che devo essere felice ho paura, però è giusto che la classe politica si ponga il problema di come aumentare il benessere della società, anche attraverso un nuovo indicatore”.
Secondo Isabella Rauti “il Pil è necessario ma non più sufficiente… Va trovato un indicatore che comprenda e superi il Pil. Al prodotto interno lordo sfugge la dimensione sociale, ignora i cosiddetti invisibili, coloro che non producono, come i bambini, gli anziani, gli studenti, i portatori di handicap”.
“Se il compito della politica è anche quello dell’equità – ha continuato il consigliere regionale – allora la politica deve occuparsi anche della felicità. La felicità come progetto politico: bisogna aumentare il prodotto interno lordo ma da solo non basta. Le pulsioni dell’uomo non sono solo economiche. E’ il compito di quella che definirei l’economia sociale di mercato e che rappresenta la via maestra attraverso la quale la politica può e deve prendersi cura del benessere pubblico di un sistema Paese”.
Il tono scanzonato di De Masi sul tema: “Quando parliamo di felicità siamo d’accordo su poche cose. Nell’ordine 1) da sempre tutti gli esseri umani hanno aspirato alla felicità; 2) ogni popolo ha avuto un concetto diverso di felicità; 3) Nessuno ha mai definito la felicità senza far ricorso al concetto dell’infelicità; 4) Alcuni cercano la felicità su questa terra, altri nell’aldilà; 5) La felicità è soggettiva; 6) Alcune comunità come quella napoletana sono più propense alla
felicità, altre meno (leggi Milano!); 7) Felicità e infelicità non sono mai complete. Tutto questo si può misurare? Di certo si è sempre cercato di misurarlo, a partire da Aristotele”.
Per il presidente dell’Istat Giovannini “non è la politica a doversi occupare della felicità ma deve porre piuttosto le condizioni per vivere bene”. Sugli strumenti per misurare ricchezza e benessere: “E’ sbagliato avere un unico indicatore perchè la realtà è complessa”.
“Non voglio che qualcuno mi dica come essere felice – ha aggiunto Zecchi – significherebbe impormi un’idea di vita. Dobbiamo educare i nostri figli non imponendo un pensiero unico e totalitario che grazie a dio siamo riusciti a superare”.
In chiusura Fiorella Kostoris: “C’è un aspetto ideologico nelle cose che si dicono in relazione a pil e fil. Gli economisti quando si sono inventati il pil non volevano misurare la felicità: volevano un indicatore di ricchezza per fare confronti validi nel tempo e nello spazio. Un compito tutto sommato modesto rispetto a quello di cui stiamo parlando”.
(ITALPRESS).

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