Percorso:

ofcs.report – Libia: pescatori italiani ancora nella mani di Haftar

L’armatore al governo: “Riportare i marittimi a bordo sarebbe un passo positivo”

Otto pescatori italiani sequestrati in Libia da settimane e l’Italia sotto ricatto di Haftar. Dopo 24 giorni dal fermo al largo delle coste di Bengasi dei pescherecci italiani Medinea e Antartide, bloccati per ordine del Comando generale dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) di Khalifa Haftar, dalla Farnesina fanno sapere che sono in corso trattative per il rilascio degli equipaggi, di cui fanno parte anche 10 stranieri alcuni dei quali residenti in Italia da anni. Ma il tempo corre e familiari e amici sono sempre più preoccupati: “Vogliamo risposte dal governo. Riuscire a riportare i marittimi a bordo sarebbe un passo avanti positivo”, fanno sapere.

Il generale alza la posta

Ma Haftar prova ad alzare la posta, prima chiedendo il rilascio di alcuni libici detenuti in Italia per traffico di esseri umani, e poi accusando i pescatori di traffico di droga. Il sospetto è che il generale cerchi di ottenere dall’Italia l’appoggio politico per perseguire l’obiettivo di arrivare al comando della Libia. Un tentativo che oggi, alla luce dell’annuncio delle dimissioni di Fayez al Sarraj da capo del governo di unità nazionale voluto dall’Onu, potrebbe avere ripercussioni sulle trattative per la stabilizzazione del Paese.

L’armatore Medinea: “Riportare i marittimi a bordo sarebbe un passo positivo”

Dal 2 settembre i pescatori sono stati portati a terra e da quel momento si sono interrotte le comunicazioni telefoniche. Le uniche notizie sono quelle che arrivano ai familiari tramite l’Unità di crisi della Farnesina. Solo al capitano della Medinea è stato concesso di parlare una volta al telefono con la mamma. In questi giorni, gli armatori dei due pescherecci e i familiari degli equipaggi sequestrati sono partiti dalla Sicilia per raggiungere Roma. Qui sono stati ricevuti a Palazzo Chigi, ma fanno sapere che non ritorneranno a casa fino a quando “non avremo un fatto concreto. Dal 2 settembre sentiamo sempre i soliti discorsi: ‘la situazione è difficile, manteniamo un profilo basso’ – spiega a Ofcs.report Marco Marrone, l’armatore di Medinea – E noi lo stiamo mantenendo il profilo basso. Abbiamo fiducia nel governo ma vogliamo risposte. Non vogliamo sapere cosa stanno trattando, ma dopo 24 giorni non abbiamo ricevuto una telefonata dai ragazzi sequestrati. E adesso vogliamo un segnale. Già riportare i marittimi a bordo sarebbe un passo avanti positivo”. 

Farnesina: “Avevamo avvertito della pericolosità dell’area”

Secondo quanto detto il 24 settembre dal sottosegretario agli Esteri, Riccardo Merlo, in risposta a un’interrogazione a firma Lega in commissione Esteri alla Camera, i connazionali l’8 settembre sono stati trasferiti “nel centro della polizia locale dove risultano al momento trattenuti per nuovi interrogatori oltre a quelli già effettuati”. L’intervento libico, ha aggiunto Merlo, “sarebbe avvenuto per la presunta violazione della zona di pesca protetta, che si estenderebbe per circa 70 km dalla costa”. Merlo ha poi sottolineato che la Farnesina aveva avvertito più volte della pericolosità della zona libica. “L’area era stata dichiarata ad alto rischio per tutte la navi battenti bandiera italiana dal Comitato di coordinamento interministeriale per la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture nel maggio 2019. Abbiamo più volte avvertito che in quell’area è possibile un’azione da parte delle autorità e delle milizie locali, che può concludersi con azioni sanzionatorie”.

Armatore: “Chiediamo la sorveglianza sulla pesca”

Una dichiarazione che non è piaciuta agli armatori. “Sappiamo che sono zone pericolose, ma ci spingiamo fino a lì per necessità – ha aggiunto Marrone – consapevoli che quelle sono acque internazionali su cui la Libia unilateralmente ha deciso i confini. Il Mediterraneo è ormai pieno di pescherecci e restrizioni e per lavorare dobbiamo arrivare fino a lì. A questo punto chiediamo che venga rimessa la sorveglianza alla pesca. Noi pescatori dobbiamo essere tutelati perché abbiamo poche zone disponibili per pescare. In ogni caso non è questo il momento per parlare di queste cose, quello che a noi interessa è che i pescatori facciano ritorno a casa sani e salvi”.

Farnesina: “Vertice di governo per sequestro pescherecci”

Da quanto emerso, dal giorno del sequestro in poi, gli equipaggi sarebbero in buone condizioni. Circostanza confermata da Merlo durante l’intervento in commissione Esteri al Senato dove ha annunciato la convocazione di un apposito vertice di governo con l’obiettivo di “coordinare ulteriormente gli sforzi per portare presto a casa i nostri pescatori”.

FdI: “Cosa fa il governo per il rilascio dei motopesca?”

In ogni caso la tensione sul sequestro dei pescherecci in Libia sale. Le condizioni di instabilità politica rendono difficili anche le trattative per il rilascio degli italiani che si trovano nell’area sotto controllo del generale Khalifa Haftar. L’uomo forte della Cirenaica, infatti, proverà ad ottenere il massimo in questa trattativa con il nostro governo con cui in passato ha avuto qualche frizione.   Per questi motivi è stata depositata un’altra interrogazione al ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale da parte dei senatori di Fratelli d’Italia Rauti, Urso e Fazzolari che sottolineano come in questa storia “l’unica cosa che appare chiara è la prova di forza del generale Haftar, l’escluso dal congelamento della guerra imposto da Mosca, Ankara e Washington, nei confronti di Roma; in particolare, il sequestro dei pescherecci siciliani si incastona nel conflitto libico e in un panorama politico confuso e questa vicenda, che in altri momenti si sarebbe potuta risolvere in maniera più semplice, oggi diventa più complessa e preoccupante”. E chiedono “quali iniziative di competenza stia assumendo il Governo per garantire l’immediato rilascio dei motopesca Antartide e Medinea oltre che dei 18 membri dell’equipaggio tuttora trattenuti a Bengasi; se e quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire l’incolumità dei pescherecci italiani e sanare la situazione del riconoscimento unilaterale delle acque internazionali come territorio proprio dalla Libia o da altri Paesi”.

L’altro nodo di questa vicenda, infatti, è proprio la sicurezza in mare dei pescherecci che quotidianamente abbandonano le acque nazionali per raggiungere zone più pescose ma oggetto di diatribe internazionali sulla competenze territoriali, spesso mettendo a rischio la sicurezza degli equipaggi.

[Fonte: ofcs.report]

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