Percorso:

Mozione – Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00261 – Autostrade per l’Italia

Atto n. 1-00261

Pubblicato il 21 luglio 2020, nella seduta n. 242
Esame concluso nella seduta n. 242 dell’Assemblea (21/07/2020)

CIRIANI , GARNERO SANTANCHE’ , BALBONI , CALANDRINI , DE BERTOLDI , FAZZOLARI , IANNONE , LA PIETRA , LA RUSSA , MAFFONI , NASTRI , PETRENGA , RAUTI , RUSPANDINI , TOTARO , URSO , ZAFFINI

Il Senato,

premesso che:

risulta di pubblica, consolidata e diffusa conoscenza la problematica degli elevati prezzi dei carburanti e dei servizi di ristorazione nelle aree di sosta autostradali;

nell’arco di quindici anni, ossia dalla privatizzazione della rete, i prezzi dei carburanti, da qualche centesimo al litro nel 2003 (divario compatibile con i maggiori costi di gestione di un servizio attivo 24 ore su 24), sono oggi superiori a quelli praticati sulla rete stradale ordinaria da un minimo di 11 ad un massimo di ben 33 centesimi al litro, a seconda delle modalità di servizio (self service o servito) e del confronto effettuato sul benchmark medio della rete stradale a marchio petrolifero ovvero degli operatori indipendenti (così dette “pompe bianche”), divario talmente significativo da non potersi in alcun modo ritenere motivato da fondate ragioni di mercato;

è noto che i concessionari delle tratte autostradali hanno imposto fino ad oggi agli operatori cui viene affidato il servizio di vendita di carbolubrificanti ovvero di servizi di food & beverage, royalties elevatissime (sia sui volumi erogati, per i carbolubrificanti, sia sui valori delle vendite, per gli altri servizi), che gravano enormemente, come è di tutta evidenza, sulla formazione dei prezzi finali di vendita ai consumatori, determinandone una significativa (e inaccettabile) lievitazione;

a tutto ciò si aggiunge l’aumento significativo dei pedaggi che sono passati (secondo dati di AISCAT, l’Associazione dei concessionari autostradali) da 4,7 miliardi di euro nel 2003 a 8,1 miliardi di euro nel 2017, con una lievitazione del 71,5 per cento (un pò meno severa, più 68,6 per cento, se si sterilizza l’effetto dell’aumento dell’IVA intervenuto dal 2011), ma in ogni caso superiore di più di tre volte all’inflazione cumulata nel quindicennio e di più di otto volte all’incremento delle percorrenze chilometriche sulle tratte viarie;

tale concomitanza di fattori, in aggiunta agli effetti di una lunga crisi economica che, nel comparto autostradale, ha dispiegato le conseguenze peggiori nell’anno 2012, ha, in un certo senso, determinato, e col tempo accelerato, una marcata disaffezione dei consumatori con effetti evidenti non tanto sui volumi del traffico, quanto sulle vendite di carburanti, beni e servizi offerti dalla rete autostradale (diminuite, rispettivamente, dal 2003 al 2017 in misura pari al 63 per cento e al 30 per cento);

la vicenda del crollo del ponte “Morandi”, gestito in concessione dalla società Autostrade SpA, verificatosi il 14 agosto 2018 ha rappresentato, per molti versi, la punta dell’iceberg della condizione di estrema debolezza e vulnerabilità in cui versa l’intera rete autostradale, priva, ormai da anni, di adeguati interventi di manutenzione (sia ordinaria che straordinaria) oltre che di investimenti strutturali per l’ammodernamento e la messa in sicurezza;

peraltro, la desecretazione da parte del Governo degli atti delle concessioni autostradali in essere ha fatto emergere l’estrema debolezza contrattuale dello Stato e l’inadeguatezza delle clausole negoziali sottoscritte nella fase delle privatizzazioni della gestione di infrastrutture strategiche;

è così tornato all’attenzione della pubblica opinione, in modo assolutamente preponderante, il tema del ruolo dello Stato rispetto alle infrastrutture nazionali strategiche, nelle quali rientrano senza dubbio le reti autostradali, alla loro proprietà e ai modelli della loro gestione;

considerato che:

l’imposizione delle royalties da parte dei concessionari, nei termini indicati, costituisce di fatto una modificazione peggiorativa delle condizioni di esercizio e formazione dei prezzi nel comparto rispetto al mercato “generale” e a quello della rete stradale ordinaria, con inevitabili conseguenze negative in termini di competitività per le imprese che vi operano con rischi ed investimenti propri e non del concessionario;

tale deficit di competitività si è andato progressivamente enfatizzando a causa di politiche commerciali miranti comunque a realizzare margini non compatibili con le offerte del mercato dei carburanti esterno al comparto;

i consumatori che percorrono (quotidianamente, anche per lavoro) le tratte autostradali risultano fortemente penalizzati dalle dinamiche, per così dire, “speculative” dei pedaggi, e da quelle relative ai costi di beni e servizi consumabili nella rete distributiva, tanto che si può giustamente parlare del crollo delle vendite come di una vera e propria “fuga” dal mercato di comparto (che, di fatto, finora, si è comportato come una sorta di “monopolio” vero e proprio);

l’imposizione delle royalties nell’ambito del regime concessorio, così come strutturato, ha costituito, in sostanza, una discriminazione oggettiva e rilevante della potenzialità competitiva delle imprese e microimprese operanti nel mercato complessivamente integrato dell’offerta di beni, quali i carburanti, e di servizi, quali quelli di somministrazione, aventi componenti e caratteristiche di base omogenee sull’intero territorio nazionale, configurandosi, in buona sostanza, come una limitazione delle “condizioni di pari opportunità e del corretto ed uniforme funzionamento del mercato”;

ciò ha comportato per il consumatore una ingiustificata restrizione del principio costituzionale volto ad “assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale”;

alla luce delle considerevoli debolezze e inadeguatezze emerse, è diventato assolutamente necessario e urgente riformare l’intero sistema delle concessioni autostradali, ripensando totalmente anche il meccanismo dei controlli;

al riguardo, sarebbe opportuno sancire, anche formalmente, la preminenza dell’interesse pubblico generale nella corretta gestione delle reti e delle infrastrutture strategiche (e, dunque, anche di quelle autostradali), introducendo nell’ordinamento una sorta di «clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale», cui conseguentemente adeguare le concessioni;

tale clausola, in sostanza, dovrà prevedere, per ogni concessione, un meccanismo ampliato e rafforzato di «golden power» al fine di un controllo preventivo delle decisioni societarie attraverso il quale lo Stato possa intervenire a tutela dell’interesse pubblico,

impegna il Governo:

1) ad adottare tempestivamente tutte le iniziative di competenza volte ad assicurare che, nel complessivo riassetto del sistema delle concessioni autostradali:

1.a) qualora sia confermata la previsione di un meccanismo di imposizione di royalties, lo stesso sia adeguato, equo e proporzionato, ovvero strutturato in modo da non consentire in alcun modo al concessionario di fissarle secondo parametri che determinano, di fatto, importi assolutamente elevati e sproporzionati, come è avvenuto fino ad oggi;

1.b) sia prevista una sostanziale riduzione dei pedaggi o, comunque, un meccanismo di determinazione degli stessi sul modello di quanto già avviene in molti Stati europei (ad esempio, forme di abbonamento periodico);

1.c) siano garantite condizioni di pari opportunità e di corretto ed uniforme funzionamento del mercato senza effetti distorsivi per le imprese che operano nei comparti interessati, né (conseguenti) penalizzazioni per gli utenti e i consumatori che percorrono quotidianamente le tratte autostradali;

1.d) sia introdotta nell’ordinamento la «clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale» di cui in premessa, cui adeguare sostanzialmente tutte le concessioni relative alle reti e alle infrastrutture strategiche e, nello specifico, quelle autostradali.

[Fonte: www.senato.it]

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