Fissata l’assemblea dei soci della Fondazione. Biava: «Si decide il destino dell’ente»
di Carlantonio Solimene
«Il Cda della Fondazione Alleanza Nazionale ha deliberato all’unanimità la convocazione dell’assemblea dei soci entro la fine di giugno. Quella sarà la sede in cui si deciderà, finalmente, il destino politico della Fondazione». A dare la notizia, dal suo profilo Facebook, è stato Francesco Biava, che dell’ente è vicepresidente. E subito gli ambienti della destra italiana sono entrati in agitazione. Per capire cosa potrà succedere a giugno, occorre fare un riassunto delle puntate precedenti.
UN TESORO DA 200 MILIONI
La Fondazione è l’ente nato sulle ceneri di An per amministrarne i beni  e conservarne la memoria storica. Su quanto valga la sua cassa occorre  essere cauti. Vecchie valutazioni ne stimavano il «peso» in 230 milioni  di euro tra immobili e liquidità. Ma il crollo del mercato avrebbe  comportato una diminuzione del valore complessivo. Che resta di tutto  rispetto. Della Fondazione, fino a qualche anno fa, si erano interessati  in pochi, fatta eccezione per diverse Procure. Poi, nell’inverno 2013,  la prima assemblea dei soci fu chiamata a votare l’affidamento del  simbolo di An a Fratelli d’Italia, che passò, seppur tra polemiche e  scontri, grazie al voto quasi unanime dei – pochi – presenti. A tal  proposito, proprio nel Cda di mercoledì scorso è stata approvata una  proroga della concessione del logo al partito della Meloni, che potrà  usarlo anche nelle prossime competizioni elettorali. Ad astenersi, solo i  consiglieri attualmente in Forza Italia: Gasparri, Matteoli e  Martinelli.
UNA MEMORIA «SMEMORATA»
Il voto del dicembre 2013 fu la prima occasione in cui si discusse del  destino della Fondazione: se dovesse avere un ruolo più marcatamente  «politico» (come volevano Alemanno, Meloni e La Russa) o mantenere la  semplice funzione di «memoria storica» della destra (come chiedevano  Gasparri e Matteoli). Una memoria – hanno contestato in diversi, in  primis l’ex Fdi Massimo Corsaro – un po’ smemorata, al punto da non aver  organizzato nessun evento, il gennaio scorso, per celebrare il  ventennale di An. Ora l’argomento torna d’attualità e a giugno le  opzioni sul tavolo saranno due: trasformare la Fondazione – con tutti i  suoi mezzi economici – in partito, o lasciarla nel ruolo di «archivio»  della destra italiana. Magari meglio di come è stato fatto finora.
LE DUE FAZIONI IN CAMPO
A guardare con interesse agli eventi è Isabella Rauti, animatrice di  Prima l’Italia con il sogno di rivedere finalmente tutte le destre  riunite. «Non sono iscritta alla Fondazione – spiega a Il Tempo –  ed è giusto che la decisione finale sul suo destino sia affidata ai  soci. Ma se si trasformasse in un partito, sarebbe senza dubbio un  interlocutore privilegiato col quale dialogare per veder finalmente  riunita la destra. Non si tratterebbe di rifare An tale e quale, ma solo  di inserire il nuovo contenitore in un processo di riaggregazione e  allargamento della destra». Di fatto, sarebbe anche un modo per reagire  all’opa di Salvini: «Con lui deve esserci dialogo – conclude la Rauti –  ma la destra ha una sua storia e non deve né mettersi in ginocchio né  presentarsi col cappello in mano».
Nettamente contrario all’ipotesi partito è invece Maurizio Gasparri:  «Se qualcuno avesse un’idea del genere si aprirebbe un contenzioso  infinito» sostiene, «e, peraltro, si violerebbero le finalità della  Fondazione espressamente previste nello statuto. Se qualcuno pensa di  cancellare le proprie sconfitte e i propri errori politici creando un  nuovo partito coi soldi della Fondazione, si sbaglia di grosso». Giù le  mani dalla cassa, insomma. Altrimenti la storia dell’ente si  arricchirebbe di nuovi episodi in tribunale.
[Fonte: www.iltempo.it]
 
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