Il sottosegretario Isabella Rauti spiega come l’Italia stia innovando la propria strategia sulla difesa attraverso investimenti mirati, alleanze solide e l’adozione di tecnologie avanzate per affrontare le sfide geopolitiche e le minacce emergenti.
L’Italia è impegnata in 39 missioni internazionali, che si estendono dal Mediterraneo allargato al Medio Oriente, fino al fianco est della Nato. Parallelamente svolge attività addestrative e operative anche in Artico e Antartide, alcune delle quali a supporto delle spedizioni scientifiche.
Ognuna richiede una visione a 360 gradi. A parlarne è la senatrice Isabella Rauti, Sottosegretario di Stato alla Difesa, che sottolinea l’importanza delle alleanze: “Nessuna nazione può difendersi da sola. Cooperazione, interoperabilità dei sistemi d’arma, esercitazioni e operazioni congiunte sono essenziali. La mutua assistenza è il fondamento di ogni strategia”.
Negli ultimi tempi si è parlato molto dell’aumento della spesa per la Difesa. Qual è il messaggio che vuole trasmettere ai cittadini italiani riguardo a questo investimento?
Vorrei trasmetterne due: il primo, l’impegno sottoscritto al vertice Nato dell’Aja lo scorso 25 giugno, relativo al raggiungimento il 5% del Pil nazionale in Difesa, riguarderà solo per il 3,5% settori prettamente militari, mentre il restante 1,5% riguarderà la sicurezza e l’uso duale.
Tradotto, investimenti che aumenteranno la resilienza delle nostre infrastrutture critiche: penso alla protezione delle reti informatiche, ma anche a quelle di porti ed aeroporti, minacciati da una guerra di tipo ibrido. Il secondo messaggio riguarda le tempistiche. L’Italia si è impegnata a raggiungere il 5% del Pil in un orizzonte di 10 anni, con un piano di investimenti graduale che può essere riconsiderato se la situazione internazionale dovesse nel frattempo rasserenarsi.
Lei ha dichiarato che la Difesa italiana è “Stem per definizione e vocazione”.
Non ci sarà mai più niente che, nell’ambito delle forze armate, non intrecci, non impatti, non ricada sul perimetro Stem. Una vocazione che va coltivata e mantenuta. L’attuale Governo, con la legge 187/2023, ha introdotto la ‘Settimana Stem’: un’occasione per approfondire questi settori tematici e creare spazi di riflessione e attenzione su materie sempre più indispensabili non solo in ambito Difesa ma per l’intero ecosistema economico ed industriale.
Abbiamo inoltre promosso due eventi che hanno attivamente coinvolto tutta la sua ‘piramide formativa’, dai licei militari, alle accademie fino al centro alti studi difesa – scuola superiore universitaria, perché riteniamo che ‘seminare’ in questo campo darà frutti che si tradurranno in vantaggi strategici, competitivi e tecnologici sul campo, dall’utilizzo dei droni all’AI, fino alla cyber e al quantum computing.
Quali sono le principali sfide e opportunità legate all’adozione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale nelle forze armate?
Arriveremo ad un punto in cui non ci porremo più questa domanda perché tutti i processi saranno assistiti dall’AI, che favorirà analisi predittive, faciliterà i processi decisionali, supporterà la catena di comando e controllo. A noi il compito – questa è la sfida – di governare il processo affinché il fattore umano non sia marginalizzato: l’uomo deve sempre validare e controllare ciò che viene ‘suggerito’ dall’intelligenza artificiale. L’etica non può rimanere ai margini del processo decisionale: al contrario, deve rimanere centrale, e la persona non può essere sostituita dalla macchina.
Qual è la preparazione delle forze armate italiane rispetto alle minacce nuove come quelle cibernetiche o ibride?
Le nuove tecnologie si evolvono ad una velocità senza precedenti. Le minacce di oggi non sono quelle di qualche anno fa. Assistiamo ormai quotidianamente ad azioni di guerra ibrida: incursioni di droni, disinformazione sistematica, attacchi informatici, hackeraggi, azioni di infiltrazioni e influenza dell’opinione pubblica, minacce ai cavi che trasportano i dati internet.
Cito solo un dato: gli attacchi cyber nel 2025 sono aumentati del 60% rispetto all’anno precedente. A tutto questo ci stiamo preparando superando gli schemi del passato, ripensando le modalità di arruolamento, rimodulando l’offerta formativa, creando reparti e personale specializzato in questi nuovissimi ambiti. Così come dobbiamo adeguare la legislazione, specie in riferimento all’operatività nella cybersicurezza.
Il ‘Readiness 2030’ è stato definito un modello di difesa e deterrenza. Ci spiega come incide sulla sicurezza nazionale?
È un’opportunità di investimento per recuperare gap tecnologici e di strumenti militari che derivano da decenni di disinvestimenti nel campo della Difesa. L’Europa ha compreso che per la sua sicurezza non potrà più contare esclusivamente sull’alleato d’oltreoceano e ha messo a disposizione un piano da 150 miliardi di euro del programma Safe (Security Action For Europe) per rafforzare il pilastro europeo della Nato; l’Italia ha manifestato l’interesse a fare uso delle risorse per 14,9 mld.
La ‘Readiness 2030’ delinea il processo che dovrà portare l’Europa ad un’autonomia strategica nel contesto globale. Sottolineo che si tratta di un metodo che non impatta sul debito nazionale perché è spalmato su tempi lunghi e salvaguarda la spesa sociale. Non un nuovo debito comune, quindi, ma un meccanismo di garanzie pubbliche europee.
Quali sono le principali sfide geopolitiche attuali per l’Italia e come la Difesa italiana si sta adattando?
L’Italia è partner leale e alleato convinto della Nato e dell’Ue. Siamo impegnati da decenni, con compiti di mantenimento della pace e deterrenza delle minacce e delle tensioni geopolitiche, all’interno di coalizioni multinazionali e di missioni internazionali di stabilità che ci vedono tra i maggiori contributori su scala globale.
Le recenti violazioni degli spazi aerei europei hanno avuto una risposta immediata; ad intervenire sono stati anche aerei militari italiani, che erano rischierati in Estonia integrati nel dispositivo alleato che protegge il fianco est della Nato. Una dimostrazione di prontezza e di capacità da parte della Difesa italiana che opera con professionalità ogni giorno e lontana da riflettori e clamori.
L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia di novembre 2025 (numero 9, anno 8)
[Fonte: www.fortuneita.com]






























