Percorso:

444ª Seduta Pubblica – Intervento in discussione della Mozione n. 489, sul supporto all’attività della Corte penale internazionale, con particolare riferimento ai casi di donne vittime di violenza durante le guerre

Resoconto stenografico in corso di seduta

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, forse di questa mozione non condivido ogni singola parola, succede, ma ci sono frontiere come questa in cui bisogna scegliere se fare la guerra delle parole o la battaglia dei principi. Per questo ho deciso di sottoscrivere convintamente questa mozione, alla quale ha lavorato la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, privilegiando la battaglia in favore di alcuni principi.

Con questo preannunzio il voto favorevole del Gruppo Fratelli d’Italia e ci tengo a dire che nel mio intervento rimarrò aderente e attaccata al tema e alla mozione, perché è di questo che dobbiamo discutere oggi, evitando di uscire dal tema, usando anche accenti polemici nei confronti di altre persone e, siccome voglio stare sull’argomento, ci arrivo.

Noi oggi ci assumiamo una responsabilità che ha la sua importanza perché condanniamo in modo ufficiale le violenze e gli stupri nei conflitti e lo facciamo naturalmente raccordandoci a un perimetro di carattere ordinatorio internazionale molto robusto e anche faticosamente conquistato. Evidentemente ci riferiamo al ruolo della Corte penale internazionale, ma anche alla Convenzione di Ginevra, al citato Statuto di Roma e poi ad almeno due fondamentali e per fortuna immortali risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la n. 1325 del 2000 e la 1820 del 2008, ma potrei citare anche le tre successive di follow-up.

C’è quindi un perimetro di diritto internazionale importante e robusto, per fortuna, al quale facciamo riferimento.

Ma al di là di quanto previsto, veniamo al tema. Partiamo dal presupposto che lo stupro è un’arma di guerra. Lo è stato storicamente e continua ad esserlo nei conflitti post-moderni. Le donne, insomma, come bottino di guerra, dal ratto delle Sabine fino alle marocchinate della Ciociaria, dagli stupri in Sudan, in Sierra Leone, in Ruanda, in Liberia, in Congo, in Bosnia-Erzegovina, alle vittime dell’Isis, alle vittime di Boko Haram fino all’Ucraina di oggi. Una pratica che si tramanda da secoli, direi un mondo di violenze che ha attraversato e che continua ad attraversare il mondo, una storia infinita e maledetta che attraversa il tempo. Questo è il lato nascosto della guerra e voglio sottolineare che è anche uno dei più grandi silenzi della storia, è un buco nero che ha inghiottito migliaia di vittime. La differenza è che oggi il nodo donne e conflitti armati non è un affare di donne, ma è una questione definitivamente inserita nelle politiche di sicurezza umana, con un forte impatto anche sul diritto internazionale, su quel perimetro al quale facevo riferimento e al quale la mozione intende contribuire.

Ritorno alla citata risoluzione dell’ONU 1325, «Donne, pace e sicurezza», che è considerata, per chi segue questi temi, la madre delle risoluzioni successive e correlate, perché è la prima del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad affrontare in modo esplicito l’impatto della guerra sulle donne ma anche – lo sottolineo – il ruolo femminile importante, fondamentale nella risoluzione dei conflitti. Le donne, quindi, non sono solo vittime, ma sono anche agenti e costruttrici di pace. Il punto di forza della risoluzione n. 1325, importante documento e strumento giuridico, è il suo carattere innovativo, perché ci indica delle direttrici principali su come promuovere una cultura che non discrimini le donne, su come adottare ogni misura per prevenire le forme di violenza, su come proteggere le donne vittime di violenza, su come punire gli autori dei crimini commessi nei confronti delle donne e anche su come risarcire le vittime di violenza.

La successiva risoluzione n. 1820 del 2008 segna quindi un passo ulteriore, perché arriva a collegare la violenza sessuale a una tattica di guerra e riconosce l’impatto che la violenza sessuale ha nei conflitti, definendo gli stupri e le altre forme di abuso sessuale come un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità, come ribadisce anche la nostra mozione. (Applausi). Questo è il punto: si tratta di un crimine contro l’umanità. Ancora, vi è il riconoscimento dello stupro di guerra come strumento di pulizia etnica e come disegno di genocidio, con uno scopo strategico e politico, come arma e come tattica sistematica per destabilizzare, terrorizzare, umiliare, costringere all’abbandono del territorio, ridurre all’obbedienza e alla sottomissione e attenzione: quest’arma non riguarda soltanto donne e bambini, ma può riguardare uomini e bambini ridotti in schiavitù, perché sono tante le forme di violenza.

Per secoli, lo stupro e le violenze sessuali sono stati considerati un sottoprodotto delle guerre, lo definivano un danno collaterale subito dalle donne, lo definivano un effetto inevitabile dei conflitti.

Dobbiamo rovesciare questa prospettiva, questo rito antico e maledetto, che si è rinnovato nei conflitti moderni e asimmetrici, tra attori non statuali, multidimensionali, in guerriglie interstatuali, che hanno reso ancora più violenti questi strumenti e sono andati ancor più a colpire la popolazione civile. È contro questo fenomeno che dobbiamo assolutamente emettere una condanna. Come scrive la studiosa franco-algerina Karima Guenivet nel suo memorabile libro, intitolato «Stupri di guerra: le violenze sessuali come nuova arma», «le violenze sessuali sono sempre meno una conseguenza della guerra e sempre più un’arma utilizzata a fini di terrore politico, di sradicamento di un gruppo, di un disegno di genocidio e di una volontà di epurazione etnica». La realtà è drammaticamente questa. Vedete, onorevoli colleghi, questa è l’arma di ieri, di sempre e speriamo non di domani, che usano alcuni vincitori contro i vinti, che usano alcuni invasori contro gli invasi. È una forma di prepotenza ed è diventata un’arma strategica.

Le violenze sulle donne e sulle bambine, ma anche sugli uomini e sui bambini, insomma sui vinti e sugli invasi, qualunque sia il contesto, sono una forma orrenda che va condannata come atto che viola i diritti umani fondamentali e il diritto umanitario internazionale e come atto inqualificabile, quando diventa anche una strategia di guerra. Questo è il nodo, ormai ineludibile nelle questioni internazionali, della sicurezza umana: donne, pace e sicurezza, per restituire a questo dignità di diritto umano internazionale. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

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