Percorso:

343ª Seduta Pubblica – Intervento in dichiarazione di voto sul decreto legge 8 giugno 2021, n. 79, recante misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori

Resoconto stenografico in corso di seduta

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, era già tutto previsto. Non lo dico con soddisfazione, perché è una conferma triste; lo dico con un misto di rabbia e di rincrescimento, interpretando anche il sentimento di tutte quelle famiglie nelle quali il Governo ha, incautamente, creato aspettative che sono andate deluse.

Era tutto previsto e potremmo riprendere gli atti della seduta del 30 marzo scorso, nella quale abbiamo approvato all’unanimità la misura dell’assegno unico universale per i figli, quindi con il voto favorevole anche di Fratelli d’Italia, come accaduto anche alla camera otto mesi prima. Già il 30 marzo, però, abbiamo stigmatizzato il ritardo e i tempi stretti di una riforma che sarebbe dovuta entrare in vigore il primo luglio e che sconta un errore all’origine, nella vostra scelta di un disegno di legge delega, i cui tempi sono sempre incerti e lunghi.

Era già evidente che non c’erano gli spazi sufficienti per varare i decreti attuativi, che sono gli unici deputati a garantire una copertura adeguata e l’entrata in vigore della misura. D’altronde – e non è casuale – il Governo non era in grado di quantificare la cifra dell’assegno e gli interventi del Ministro di competenza, ma anche del Presidente del Consiglio, si basavano su previsioni e simulazioni che oggi potremmo definire con il loro nome, cioè campate per aria.

Infatti, si è ricorso a una soluzione ponte, da luglio a dicembre: l’assegno temporaneo. Ad aprile era già evidente che l’assegno unico era condannato a rinvio, ma solo con ritardo è stata ufficializzata la misura che oggi discutiamo. Insomma, il Governo ha nascosto le strettoie legislative e burocratiche, che pure conosceva. Sta vendendo come vittoria l’assegno temporaneo, che invece è un insuccesso politico.

Il piano B del Governo, la soluzione ponte, permette di salvare il salvabile grazie ai tre miliardi aggiuntivi stanziati nella finanziaria 2021: ma non bastano. Inoltre, siamo lontanissimi, non solo dalla filosofia del family act, ma proprio dal principio della universalità dell’assegno unico, che dovrebbe appunto riguardare tutti e riunire, in una sola misura, le misure oggi esistenti. Si tratta di circa sei sussidi diversi.

Insomma, con una battuta direi che per il Governo vale il principio di università quando si tratta di dare monopattini a tutti, ma, quando si tratta di pagare i pannolini per i neonati, improvvisamente si abbandona l’universalità e si diventa restrittivi. (Applausi).

Qual è il vulnus? Si vorrebbe introdurre un cambio di paradigma nelle politiche di sostegno alla famiglia, della natalità e della demografia e, invece, oggi si concretizza una sorta di ulteriore bonus, sganciato da una visione e da una strategia politica organica di intervento. Una misura, appunto, temporanea.

Devo sottolineare che sullo sfondo resta il rischio di un corto circuito legato alla certificazione dell’ISEE, che è uno strumento iniquo e discriminatorio, che Fratelli d’Italia ha proposto di modificare, come hanno spiegato i miei colleghi, senatori Maffoni e Drago, che ringrazio per il lavoro svolto.

L’ISEE è molto distante dal principio dell’universalità come dell’equità e, soprattutto, è distante da un’etica di inclusione, che è meglio rappresentata, a nostro avviso, dall’idea di quoziente familiare e dal modello di fattore famiglia.

Ricapitolando, al di là delle dichiarazioni trionfalistiche, la verità è una: il Governo è rimasto impantanato sull’assegno unico e il suo storytelling prevedeva che la misura entrasse in vigore il 1° gennaio 2021, poi è scivolata al 1° luglio. In realtà, la legge delega entrerà in vigore – speriamo – nel gennaio 2022, insieme a un’ampia riforma fiscale, come mi auguro.

È stata sparsa vanità politica e ottimismo sulle ferite aperte delle famiglie italiane, duramente colpite dalle pandemia. Si è fatta della demagogia, si è nascosto fino all’ultimo lo slittamento dell’assegno unico al 2022. D’altronde, i soldi non c’erano, quelli stanziati erano insufficienti, quelli del recovery ancora non ci sono e l’assegno unico e universale è inserito nelle riforme di accompagnamento al Piano nazionale di ripresa e resilienza, quando si faranno.

Debbo ricordare le pubbliche dichiarazioni e promesse del premier Draghi, che cito testualmente: concediamo 250 euro al mese per ogni figlio dal 1° luglio. La realtà, cari colleghi, è che nessuno avrà mai i 250 euro promessi. (Applausi). Infatti, si va da un minimo di 30 euro a un massimo di 217 euro mensili per figlio e l’importo dell’assegno in base al ISEE cala, per poi crollare, per chi supera i 50.000 euro.

Insomma, stiamo parlando di un bonus temporaneo che riguarda una platea ristretta di famiglie, quelle che non godono degli assegni familiari. Stiamo parlando di 2 milioni di persone, tra lavoratori autonomi, disoccupati, incapienti, inattivi, lavoratori dipendenti esclusi per ragioni di reddito dagli assegni familiari, per non parlare della logica perversa dell’accumulo con il reddito di cittadinanza, quello che aveva abolito la povertà, che è tutta un’altra storia fantastica.

È chiaro che l’assegno temporaneo – questo è un concetto che sottolineo – non ha nulla a che fare con le politiche familiari e per la natalità, che infatti sono le grandi assenti del PNRR, e nessuna delle sei missioni è dedicata in modo specifico, come invece ha richiesto Fratelli d’Italia, alla famiglia e alla natalità. Al Governo sfugge evidentemente quanto costa un figlio (non lo dico io, ma lo dicono gli studi di politica economica): costa tra i 250 e i 350 euro al mese, ma i governi Conte e Draghi si sono dimenticati, anche nei loro interventi di ristoro, sostegno e indennizzo, il carico e il numero dei figli.

Fratelli d’Italia ha presentato ieri una mozione su questo tema, che non illustro oggi, ma vi prego di prenderla in considerazione. In sintesi, la nostra mozione chiede che il Governo rispetti almeno i tempi previsti e gli impegni assunti per la data di decorrenza del gennaio 2022, introducendo questo fatidico, famoso assegno unico e soprattutto eviti che le famiglie vadano, al netto, a percepire di meno di quello che percepiscono oggi. È stato fatto un calcolo, lo voglio dire: due milioni di famiglie, cioè il 22 per cento della platea, rischia con l’assegno unico, quello futuribile, di andare a prendere di meno e sto parlando in particolare delle famiglie numerose.

Torniamo all’assegno temporaneo, che è individuato in base ai livelli di ISEE e ha degli importi bassissimi per il ceto medio e comporta il rischio – lo sottolineo, Presidente – di una vera e propria trappola della povertà per le famiglie più fragili e più bisognose. L’assegno ponte, cari colleghi, lo dico con chiarezza a nome di Fratelli d’Italia, appare una beffa. Se questo voto – attenzione – dovesse esprimere un giudizio sull’operato del Governo su questa materia, noi dovremmo votare due volte contro, ma Fratelli d’Italia ha nel suo DNA di valore, nonché nei suoi programmi in sostegno alla natalità e alla famiglia, combattere il trend demografico negativo. È solo con questo spirito, quello di un’opposizione responsabile, che come in precedenza esprimiamo un sofferto voto favorevole a questo provvedimento.

Lo facciamo per quelle famiglie, in quella logica tristanzuola del «piuttosto di niente è meglio piuttosto». Ma un Governo che strombazza come fatto addirittura epocale uno straccio di assegno temporaneo si assuma la responsabilità di essere venuto meno a una promessa, e deve essere consapevole che le famiglie non vogliono regali, ma giustizia sociale e riconoscimento del loro ruolo. Sia consapevole questa maggioranza di esprimere a malapena solo un mediocre «meglio piuttosto di niente».

Insomma, colleghi, tanto rumore per nulla, ma state certi che le famiglie se lo ricorderanno. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

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