Percorso:

Mozione – Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00125 – Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (Cannabis sativa L)

Atto n. 1-00125

Pubblicato il 14 maggio 2019, nella seduta n. 112

IANNONE , CIRIANI , RAUTI , BALBONI , BERTACCO , CALANDRINI , DE BERTOLDI , FAZZOLARI , GARNERO SANTANCHE’ , LA PIETRA , LA RUSSA , MAFFONI , NASTRI , RUSPANDINI , STANCANELLI , TOTARO , URSO , ZAFFINI

Il Senato,

premesso che:

la legge 2 dicembre 2016, n. 242, reca disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (Cannabis sativa L);

la canapa ad uso industriale deve avere per legge un contenuto complessivo di THC (principio attivo ad azione psicotropa) compreso tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento;

la pianta è una specie del genere Cannabis, che appartiene alla canapa stupefacente, dalla quale differisce per alcune caratteristiche morfologiche e per un basso tenore di tetraidrocannabinolo (THC), l’agente psicotropo della Cannabis;

con la locuzione “cannabis light” si mira ad individuare in modo semplificato e discorsivo quel tipo di canapa che presenta un principio attivo inferiore al limite di 0,6 per cento di THC, quale deroga del limite principale, pari allo 0,2 per cento, sancito dall’articolo 4, comma 5, della legge n. 242 del 2016, che esclude la responsabilità posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato la normativa in materia;

l’approvazione della legge n. 242 del 2016 seppur da un lato ha rilanciato la produzione italiana di canapa a scopo industriale e terapeudico, dall’altro ha avuto l’effetto collaterale di aprire il varco alla cannabis a basso contenuto di THC per uso ricreativo, consentendo di commercializzare liberamente le infiorescenze ottenute dalle coltivazioni legali;

infatti, tali misure legislative, concepite originariamente a tutela dei coltivatori, di fatto, hanno ampliato la loro portata applicativa consentendo la commercializzazione del prodotto;

anche se la legge indica alcune destinazioni d’uso (alimenti e cosmetici, semilavorati per applicazioni industriali, prodotti per la bio-edilizia, e così via), nulla prevede esplicitamente sulla possibilità o meno di commercializzare le infiorescenze per uso ricreativo;

in questo vuoto normativo, dunque, si è insinuata la possibilità di commercializzare liberamente le infiorescenze ottenute dalle coltivazioni legali;

ad oggi in Italia, secondo il magazine specializzato “DolceVita”, che riporta dati aggiornati all’8 maggio 2019, sono 778 i negozi, i cosiddetti growshop, che commercializzano vari prodotti a base di cannabis, con un incremento del 289 per cento dal 2014: nel 2014 i growshop erano appena 200; solo in Lombardia sono passati dai 67 del 2017 ai 134 del 2019, segue il Lazio con 105 negozi che registra il record di incremento, pari al 63 per cento in un solo anno;

questi negozi commercializzano vari prodotti a base di cannabis, dagli olii alle tisane, alle bevande energetiche, ai biscotti e così molte le persone “si avvicinano alla marijuana”, in modo assolutamente inconsapevole e senza l’adeguata percezione dei rischi potenzialmente connessi;

la commercializzazione di prodotti contenenti la cannabis, infatti, comporta una sorta di “sdoganamento” e di banalizzazione del rischio che il consumo di questa sostanza porta con sé, con conseguenze dirompenti soprattutto sui più giovani;

al riguardo, il Consiglio superiore di sanità si è espresso contro la vendita dei prodotti a base di cannabis con basso contenuto di THC, avvertendo che “non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa” e raccomandando di attivare le misure necessarie a bloccare la libera vendita di tali merci, “nell’interesse della salute individuale e pubblica”;

infatti, non è stato valutato il rischio “connesso al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni”: concomitanza di alcune patologie pregresse, gravidanza o allattamento, assunzione di determinati farmaci, età, e nulla è stato fatto per “evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come sicura e priva di effetti collaterali si traduca in un danno per se stessi o per altri”,

impegna il Governo ad assumere tutte le iniziative necessarie al fine di vietare l’importazione e commercializzazione della canapa a basso contenuto di THC per uso ricreativo e ad adottare provvedimenti che riconoscano come stupefacenti tutti i prodotti derivati dalla canapa sativa, a base di infiorescenze.

[Fonte: www.senato.it]

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