Percorso:

Interrogazione a risposta orale – Atto n. 3-00980 – Ai Ministri della giustizia e per la famiglia e le disabilità

Atto n. 3-00980

Pubblicato il 9 luglio 2019, nella seduta n. 130

BALBONI , FAZZOLARI , BERTACCO , RAUTI – Ai Ministri della giustizia e per la famiglia e le disabilità. –

Premesso che:

la normativa vigente prevede che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo” sia affidato “ad una famiglia, preferibilmente con figli minori” ovvero, in subordine, “ad una persona singola” in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno, e che, solo ove ciò non sia possibile, “è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato” (articolo 2, commi 1 e 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184);

tale ultima forma di affidamento, peraltro, è prevista come misura assolutamente temporanea, da superare mediante affido “ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia” (articolo 2, comma 4);

è del tutto evidente, dunque, che la ratio complessiva della disciplina, coerentemente a quanto previsto per l’adozione, sia quella di garantire il diritto effettivo del minore a crescere in una famiglia (come peraltro confermato dal titolo stesso della legge: “Diritto del minore ad una famiglia), e che si ricorra all’affido ad una persona single ovvero ad una comunità solo in via residuale e comunque in casi del tutto eccezionali e motivati (ad esempio in presenza di una persona legata al minore da vincoli di parentela o di amicizia);

per quanto risulta agli interroganti, il fenomeno dell’affido familiare a persone single o a strutture comunitarie risulta al contrario in forte espansione soprattutto negli ultimi anni e nonostante la presenza di un elevato numero di famiglie disponibili all’affidamento e all’adozione;

considerato che, per quanto risulta agli interroganti:

lo scandalo scoppiato nei giorni scorsi in provincia di Reggio Emilia sul presunto sistema illecito di affidamenti dei minori, strappati alle loro famiglie naturali attraverso falsificazioni di atti e altri escamotage, ha sconvolto profondamente l’opinione pubblica;

dall’inchiesta “Angeli e demoni” sta emergendo un quadro complessivo drammatico assolutamente preoccupante, soprattutto se si considera che dietro tale sistema si celerebbero un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro e (cosa più grave) un discutibile movente ideologico di stampo LGBT;

oltre alla gravità degli illeciti perpetrati dai soggetti a vario titolo coinvolti (psicologi, psicoterapeuti, operatori socio-sanitari, rappresentanti dei servizi sociali territoriali e amministratori locali) e all’orrore degli abusi (anche di natura psicofisica) commessi sui minori e sulle loro famiglie, ciò che colpisce, infatti, è il coinvolgimento diretto di Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato dell’Unione di Comuni della val d’Enza; secondo gli inquirenti, sarebbe lei, peraltro attivista LGBT e paladina della “genitorialità gay” e dell’affido alle coppie omosessuali, uno dei vertici determinanti del sistema emiliano dell’affidamento dei minori e addirittura emergerebbero, in alcuni casi, “collegamenti stretti” tra le affidatarie (omosessuali) e, appunto, le operatrici e dirigenti del servizio sociale;

la Anghinolfi ha partecipato in passato a numerosi convegni sul tema, come quello dello scorso maggio 2018 a Mantova (dal titolo “AffidarSI: uno sguardo accogliente verso l’affido LGBT”), in cui peraltro sarebbero state presentate le esperienze e (si legge testualmente) le “buone pratiche di Comuni virtuosi che da tempo hanno avviato progettualità specifiche” al riguardo;

ritenuto che:

l’attuale sistema di affido dei minori presenta evidenti criticità e lacune, soprattutto se si considerano l’eccessiva discrezionalità attribuita ai servizi sociali, la sussistenza frequente di situazioni di “conflitto di interessi” in capo a molti operatori del settore e la mancanza di adeguati ed efficienti strumenti di controllo sull’affidabilità dei soggetti affidatari e sugli standard qualitativi e di servizio delle comunità ospitanti: tutti fattori che inevitabilmente compromettono l’obiettivo primario della tutela del benessere psicofisico dei bambini;

fermo restando che sarà compito della magistratura accertare gli eventuali illeciti e le responsabilità personali, è assolutamente prioritario fugare ogni sospetto circa presunte interferenze ideologiche nelle procedure di affidamento dei minori che, di fatto, si tradurrebbero nell’adozione di criteri che terrebbero conto dell’orientamento sessuale dell’affidatario, anche al fine di implementare quelle progettualità specifiche funzionali alla valorizzazione e allo sviluppo della “genitorialità gay”,

si chiede di sapere:

quanti bambini ad oggi siano stati affidati a persone single (e, tra queste, quante si dichiarino omosessuali) e quanti bambini a coppie omosessuali, nonché quali siano state le motivazioni che hanno portato a preferire tale scelta in alternativa a quella prioritariamente indicata dalla legge (affidamento a famiglie con figli);

quali ulteriori informazioni i Ministri in indirizzo ritengano di poter fornire, ciascuno per quanto di competenza, riguardo al paventato rischio della sussistenza di un movente ideologico LGBT dietro il complesso sistema degli affidi dei minori;

se, in ogni caso, non ritengano di dover avviare, ciascuno per quanto di competenza, urgenti iniziative, anche di carattere ispettivo, volte ad escludere categoricamente ogni forma di interferenza (e pressione) ideologica che, seppur nel rispetto formale della normativa vigente in materia, finirebbe con il favorire pratiche di affidamento sulla base principalmente dell’orientamento sessuale dell’affidatario e non dell’interesse prevalente del minore che è quello di crescere in una famiglia.

[Fonte: www.senato.it]

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