ROMA (dal nostro inviato). E’ da circa 90 anni che l’Artico è una ribalta politica per russi e americani.
Tutto iniziò nel 1937 con l’installazione delle prime stazioni scientifiche. E tre anni dopo con lo scoppio della II Guerra mondiale i ghiacci fecero da campo di battaglia tra nazisti e Paesi alleati.
In questi 80 anni poi l’evoluzione politica, economica e militare ha fatto sì l’Artico restasse comunque terra di confronto e di scontro tra le due massime potenze (URSS, poi Russia e Stati Uniti) con l’arrivo poi della Cina..
E i Paesi scandinavi quali Norvegia, Svezia e Finlandia a presidiare l’area.
E poi il 4 aprile 2023 e il 7 marzo 2024 la NATO giocò la carta dell’entrata di Finlandia e Svezia nell’Alleanza.
Ovvero decise che dalla neutralità dei due Paesi si passasse alla loro operatività in una funzione anti Mosca.
Tutto questo prelude, ci domandiamo, alla nascita di un nuovo Teatro operativo nella nostra Europa?
Lo abbiamo chiesto, ieri a margine, della Prima Conferenza nazionale sull’Artico, tenutosi a Roma nella sede del Centro Alti Studi Difesa (CASD) al sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti con delega all’Artico, sub-artico ed Antartide, promotrice ed organizzatrice dell’evento.
“Prima di essere un Teatro Operativo – ha spiegato – è sicuramente già oggi la frontiera delle frontiere e uno scenario geopolitico nevralgico”.
E per fare questo l’Italia guarda con la massima attenzione anche agli aspetti logistici e industriali.
L’Italia ha in uso Nave l’Alliance che un’unità della NATO.
E’ stata consegnata il 21 marzo 2016, alla Marina Militare grazie ad un accordo fra il Ministero della Difesa e lo STO/CMRE che stabilisce la messa a disposizione del personale della Forza Armata er equipaggiare l’unità, mentre la NATO ne condivide l’impiego.
È classificata come unità di ricerca oceanografica. E’ una nave ausiliaria, non è una rompighiaccio ma sostiene la ricerca e lo sviluppo scientifico.
Intanto, Fincantieri sta costruendo na nuova unità Navale Idro-Oceanografica Maggiore (N.I.O.M.) destinata all’Istituto Idrografico della Marina, con consegna prevista nel 2026 presso il cantiere integrato di Riva Trigoso-Muggiano.
“E’ importante l’idea di una dottrina interforze dedicata all’Artico, – ha evidenziato il sottosegretario Rauti -. Una dottrina strategica che comprenda gli aspetti formativi, addestrativi e operativi e dobbiamo cominciare a immaginare la costruzione di un Polo nazionale Artico”.
Per anni abbiamo sempre pensato, ha aggiunto la Rauti, a un Artico irraggiungibile, remoto, lontano, chiuso nel silenzio dei ghiacci.
“Questo non lo è più – ha proseguito – perché l’Artico è raggiungibile, si sono aperte nuove rotte commerciali. Per l’effetto dei cambiamenti climatici e dello scioglimento dei ghiacci diventa anche un ambito per le sue risorse strategiche e per le materia prime, di cui è ricchissimo. Dobbiamo evitare che ci siano monopoli da parte di grandi player globali, dobbiamo evitare che ci sia una corsa selvaggia allo sfruttamento di queste risorse, dobbiamo proteggere l’Artico che è diventato un ecosistema nevralgico e al tempo stesso fragile, ricco di potenzialità ma anche di grandi rischi”.
Insomma, dall’Artico dipendono i destini del Pianeta. Destini scientifici, economici e d sicurezza.
GEOPOLITICA E SICUREZZA
Su questi temi l’intervento del capo di Stato Maggiore della Difesa, Luciano Portolano ha evidenziato come le “dinamiche polari” si riflettano direttamente sulla nostra sicurezza, sui nostri interessi strategici e sulle nostre capacità militari.
“Negli ultimi decenni, la regione artica sta subendo trasformazioni profonde, riconducibili a due principali tipologie di fattori – ha spiegato -. Il primo dei fattori è di natura geofisica ed è legato al riscaldamento globale (cambiamento climatico). Mentre il secondo, che dal primo in buona parte deriva, è di carattere geopolitico, ossia connesso alla crescente competizione tra attori statuali e non, dell’area e non solo. La geografia artica, oggi più accessibile e meno periferica, ma anche particolarmente appetibile e contesa. E’ divenuta un altro quadrante nel quale si dispiega la competizione tra le potenze, generando ulteriori, potenziali frizioni”.
Di fatto, dal 2007, Mosca investe nella militarizzazione di tale area, istituendo “bastioni militari lungo la costa settentrionale, in particolare nella Penisola di Kola, dove mantiene asset che esprimono capacità del cosiddetto “secondo colpo nucleare” (second strike) e il presidio di grandi hub energetici e infrastrutturali.
Di contro, la Cina si è autodefinita una “Nazione vicina all’artico” (near-arctic state), una formula utilizzata per rivendicare un ruolo legittimo sul futuro economico e politico dell’area… proiettandovi la propria visione strategica.
In questo senso, nell’ambito della “Polar silk road”, Pechino sta progressivamente assumendo una postura assertiva con la propria guardia costiera, ma anche con l’impiego di rompighiaccio e l’invio di spedizioni scientifiche.
Nel frattempo, Stati Uniti, Canada e taluni Paesi europei hanno ricalibrato le loro strategie per garantire equilibrio, sicurezza e libertà di navigazione nell’area.
“Ma attenzione – ha evidenziato il Generale Portolano – che libertà di navigazione significa anche capacità di movimento con navi rompighiaccio: e qui i Paesi NATO mostrano un ritardo preoccupante – negli assetti disponibili e negli investimenti programmati – rispetto ai loro competitor. Sarebbe, dunque, un grave errore considerare l’Artico come periferia. Viceversa, va concepito quale potenziale crocevia strategico in cui si incontrano – e talvolta si confrontano – le agende di Mosca, Pechino, Washington e delle varie capitali europee”.
E, come detto, l’ingresso di Finlandia e Svezia nell’Alleanza atlantica, ha fatto sì che confine strategico settentrionale euro-atlantico si spostasse, sensibilmente, verso l’area polare artica, la cui connotazione operativa ha portato a un’importante riflessione sugli obiettivi strategici e gli strumenti tattico-operativi a disposizione della stessa Alleanza.
Pertanto, ha detto ancora Portolano, “è possibile affermare che gli effetti provenienti da tale Fianco Nord avranno una sempre più evidente influenza sulla sicurezza dell’intero contesto euro-atlantico, spingendo i Paesi NATO a dotarsi di capacità da potervi impiegare. E qui abbiamo una domanda: perché l’Italia, Nazione mediterranea, deve guardare all’Artico con crescente attenzione militare e strategica? La risposta è chiara: perché l’Artico sarà verosimilmente uno snodo geopolitico da cui dipenderanno rotte commerciali, equilibri energetici e stabilità climatica, che toccheranno direttamente anche il nostro Paese. E non dovremo farci cogliere impreparati”.
Essere presenti nell’Artico – in chiave di conoscenza, cooperazione, agibilità e sicurezza – significa accendere un riflettore su un’area che può avere effetti sulla nostra area di interesse strategico, il Mediterraneo allargato, in quanto le due, in prospettiva, saranno sempre più interconnesse, ma anche perché l’Italia, membro osservatore permanente del Consiglio Artico, già vanta una lunga tradizione nella Regione Polare: dalle imprese del Generale Umberto Nobile, alla base scientifica “Dirigibile Italia” alle Svalbard.
A tutto questo si unisce l’aspetto militare e della sicurezza.
“Il nostro impegno – ha detto il Generale Portolano – si traduce in regolari attività addestrative nelle principali esercitazioni nato in ambiente polare. Ricordo, ad esempio, la Cold Response, in Norvegia, e Nanook, in Canada, attraverso le quali affiniamo la capacità di operare in condizioni estreme. Inoltre, con Nave Alliance, unità polivalente di ricerca della NATO armata”da equipaggio della Marina Militare, la Difesa, dal 2017, svolge attività di ricerca nell’ambito della campagna High North: un’iniziativa che mira, appunto, a migliorare la comprensione dell’ambiente artico e dei suoi fondali”.
Mentre, l’Aeronautica Militare prende parte, da alcuni anni, a diverse esercitazioni multinazionali: dall’Arctic Challenge 2023, svoltasi tra Finlandia, Norvegia e Svezia, all’Arctic Defender 2024, in Alaska, giusto per citare gli esempi più recenti, e concorre alle missioni di Air Policing, nella regione sub-artica, nell’ambito del NATO Integrated Air and Missile Defence System.
Per il CHOD occorre cogliere le opportunità addestrative offerte da Svezia e Finlandia e migliorare le nostre conoscenze sui climi rigidi e sulle difficoltà ad essi connessi (sviluppo di expertise]), incrementando così la nostra comprensione e la nostra capacità di operarvi. Oltre a ciò, sarà necessario riflettere anche sui nuovi domini operativi: quello cibernetico e spaziale. Nel primo, la posa di cavi sottomarini e infrastrutture digitali imporrà misure di protezione da sabotaggi e attacchi informatici. Con riguardo al dominio spaziale, dovremo essere in grado di garantire – nonostante l’estrema latitudine dell’Artico, il costante monitoraggio satellitare e la sorveglianza delle rotte marittime e aeree che vi insisteranno. Un’attività che già oggi, attraverso Cosmo-Skymed, siamo in grado di fare, ma che dovremo potenziare”
Accanto a questi domini, nella sfera cognitiva, sarà “essenziale riconoscere, gestire e controbilanciare le campagne di influenza e di propaganda, già in parte integrate nelle strategie di alcuni attori statuali, legate soprattutto ai fenomeni climatici e geopolitici”
In questo scenario, il sistema Italia dovrà mantenere un approccio a 360 gradi e, eventualmente, predisporsi per contribuire agli sforzi dell’alleanza, dell’Unione Europea o di coalizioni ad hoc, con le sue capacità di intervento.
“Per fare ciò – ha concluso il capo di Stato Maggiore della Difesa – sarà necessario armonizzare la dottrina interforze, favorire il possibile sviluppo di equipaggiamenti specifici attraverso sinergie tra le Forze Armate, l’Università e l’Industria, oltre che redigere e sostenere programmi di formazione coordinati, che sfruttino le competenze esistenti nelle diverse Forze Armate, ad esempio il Centro Addestramento Alpino per l’Esercito o il Polo Subacqueo per la Marina”.
IL RUOLO DELLE INDUSTRIE: LEONARDO E FINCANTIERI
Nel suo intervento, Stefano Pontecorvo, presidente di Leonardo, ha spiegato che sulla questione Artico l’azienda è pronta a “contribuire con soluzioni concrete, sviluppate in Italia ma concepite per rispondere alle esigenze di sicurezza e resilienza globale, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale e operativa”.
E lo fa attraverso una visione autenticamente multi-dominio, che integra capacità spaziali, cyber, terrestri, aeree e navali in un ecosistema digitale connesso, sicuro e intelligentemente orientato alla protezione degli equilibri globali.
“Operare nel dominio artico significa misurarsi quotidianamente con alcune delle condizioni ambientali più estreme al mondo – ha proseguito Pontecorvo – : temperature che possono raggiungere i 40 °C, lunghi periodi di oscurità, tempeste magnetiche, copertura satellitare discontinua e comunicazioni spesso compromesse. Al tempo stesso, significa assicurare continuità operativa in territori vastissimi e scarsamente popolati, dove logistica, manutenzione e formazione si trasformano in veri e propri fattori strategici di complessità e resilienza”.
Leonardo ha sviluppato un portafoglio di soluzioni integrate, progettate per coniugare resistenza ambientale, mobilità avanzata, capacità di sensing multi-dominio e sistemi di protezione evoluti garantendo così operatività, sicurezza e sostenibilità anche nei contesti più estremi del Pianeta.
Affrontare l’ambiente artico richiede piattaforme e tecnologie in grado di garantire affidabilità, interoperabilità e continuità operativa anche nelle condizioni più estreme.
In questa prospettiva, Leonardo mette in campo un portafoglio integrato di capacità che rappresentano l’eccellenza tecnologica e industriale nazionale.
Come l’AW101 che si distingue come piattaforma multiruolo di riferimento, progettata per operare in scenari climatici estremi grazie alla piena protezione anti-ghiaccio e a un’autonomia superiore ai 1.400 km. È impiegabile per missioni di Search and Rescue (SAR), Combat-SAR e trasporto tattico.
L’AW 101 può operare in ogni condizione meteo e resiste a temperature che vanno dal -40 a +35 gradi.
Il presidente Pontecorvo ha poi evidenziato l’impiego di altri prodotti.
“La costellazione COSMO-SkyMed – ha detto – fiore all’occhiello del sistema spaziale europeo, fornisce immagini radar ad apertura sintetica (SAR) ad altissima risoluzione, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche o di illuminazione, abilitando una conoscenza situazionale costante e tempestiva. Sul dominio terrestre, sistemi integrati come le torrette HITROLE® Light assicurano protezione e controllo anche in scenari caratterizzati da bassa visibilità, mentre le oluzioni C-UAS e i sistemi C5ISTAR di nuova generazione rafforzano il dominio informativo e decisionale”.
Insomma, ogni asset è concepito per essere interconnesso, interoperabile e scalabile, secondo una logica di system-of-systems, a pieno supporto delle missioni congiunte e multinazionali in contesti ad alta complessità operativa.
“Le attività di ricerca e sviluppo di Leonardo – ha detto ancora Pontecorvo – mirano a trasformare la complessità operativa in consapevolezza situazionale piena e tempestiva: traducendo la tecnologia in vantaggio strategico. Gli ambiti d’intervento nei quali Leonardo può mettere a disposizione del progetto vanno dall’Intelligenza artificiale (per il riconoscimento automatico dei bersagli e la riduzione del carico cognitivo degli equipaggi) ai Gemelli digitali (a supporto dell’addestramento e della sperimentazione realistica”.
Ed ancora. Quantum sensing e architetture digitali cyber-secure, per assicurare capacità di sicurezza nei collegamenti e superiorità informativa anche in ambienti altamente degradati. E può garantire manutenzione predittiva e realtà aumentata, per la gestione remota e intelligente di flotte e infrastrutture operative a migliaia di chilometri di distanza.
Tali tecnologie poggiano sull’infrastruttura del Digital Continuum, alimentata dal supercomputer Davinci-1, uno dei più potenti al mondo nel settore industriale, capace di erogare oltre 6,6 petaflop di potenza di calcolo e 25 petabyte di capacità di archiviazione.
Un ecosistema digitale che Leonardo mette a disposizione del progetto e che consente agli utilizzatori di trasformare i dati in decisioni e le informazioni in vantaggio competitivo, in una logica di piena integrazione multi-dominio.
Per Biagio Mazzotta, presidente Fincantieri, “il nostro Paese, pur mantenendo una forte vocazione mediterranea, ha saputo costruire nel tempo una presenza solida e credibile nella regione. Fincantieri mette a disposizione del Paese le proprie competenze ingegneristiche e la capacità di innovare in chiave sostenibile, a beneficio sia del comparto civile sia di quello militare, contribuendo a rafforzare la presenza italiana in un’area strategica per il futuro”.
Il presidente di Fincantieri ha citato, tra gli esempi, la Nave Idro-Oceanografica Maggiore (N.I.O.M.).
L’unità, concepita con la massima attenzione verso gli aspetti green, è destinata ad attività di mappatura e monitoraggio scientifico, supportando le iniziative dell’Istituto Idrografico della Marina Militare.
[Fonte: www.reportdifesa.it]






























