La prima Conferenza nazionale sull’Artico ha riunito istituzioni, Forze armate, diplomazia e ricerca per definire un approccio integrato all’area polare. L’Italia riconosce la crescente rilevanza geopolitica e ambientale del grande nord, segnato da tensioni, interessi e cambiamenti climatici. Il Paese adatta le proprie capacità operative, sviluppando strumenti specifici per il contesto artico e rafforzando la cooperazione con gli Alleati, mentre il nuovo percorso nazionale mira a saldare una sempre più stretta collaborazione interdicasteriale
La prima Conferenza nazionale sull’Artico, promossa dal sottosegretario di Stato alla Difesa, Isabella Rauti, ha raccolto al Centro alti studi per la Difesa (Casd) esponenti delle istituzioni, delle Forze armate, del mondo diplomatico e scientifico. L’obiettivo, riconoscere la trasformazione dell’Artico in un’area di rinnovata rilevanza strategica e sviluppare un approccio nazionale integrato che coinvolga tutti gli attori del sistema-Paese.
Aprendo i lavori, il ministro dell’Università e Ricerca, Anna Maria Bernini, ha infatti definito Difesa, Esteri e Ricerca come un “trittico che rappresenta la prospettiva del futuro”, rimarcando in particolare il valore dell’inserimento del ministero della Difesa nel Comitato Scientifico per l’Artico – iniziativa a sua volta fortemente voluta dal sottosegretario Rauti. Secondo Bernini e Rauti, questo è solo il primo passo di un percorso sinergico che in futuro permetterà di sviluppare al meglio le potenzialità del sistema-Paese, non solo nel profondo nord ma anche nell’intero spettro della proiezione estera dell’Italia.
Rauti, che detiene la delega all’Artico, Sub-Artico e Antartico, ha inserito questo impegno nella nuova realtà strategica che si è delineata dopo il 2022. La regione, ha spiegato, è attraversata da “una frattura, una discontinuità geopolitica fondamentale” determinata dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha reso il contesto artico “decisamente più assertivo, quando non aggressivo”. La Russia considera il profondo nord un luogo identitario, ha ricordato, mentre la Cina guarda all’Artico per “la nuova via polare della seta e per le miniere estrattive”. In questo quadro, l’ingresso di Svezia e Finlandia (storici Paesi neutralisti) nell’Alleanza Atlantica ha modificato il grande nord europeo. “La Nato ora è più artica”. Per Rauti, lo scenario è chiaro: “L’Artico non solo ci interessa, ci riguarda”.
Una rivoluzione geopolitica
La transizione artica è al centro degli equilibri globali. Il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli ha osservato che l’Artico “non è più una frontiera remota ai confini del mondo” e che “la posta in gioco nel grande nord non riguarda solo l’ambiente, ma anche la sicurezza e la stabilità delle nostre società”. “Negli ultimi anni siamo diventati consapevoli che quanto avverrà nell’Artico avrà ripercussioni sulle future generazioni”, ha confermato il consigliere Agostino Pinna, inviato speciale del Maeci per l’Artico. Pinna parla di “un futuro lontano che si avvicina” e al quale l’Italia andrà incontro, come annunciato da Silli, con la ventura pubblicazione di un nuovo documento strategico sull’Artico, che andrà ad aggiornare quello del 2015.
“La nostra missione, da lungo tempo, è mantenere l’Artico un’area a bassa tensione”, ha sottolineato Peter Taksøe-Jensen, ambasciatore del Regno di Danimarca in Italia. Ma lo scenario è cambiato negli ultimi trent’anni e l’invasione russa dell’Ucraina ha avuto effetti anche nella regione polare, il che ha peraltro portato alla sospensione di Mosca dalle riunioni ministeriali del Consiglio Artico. Per Copenhagen, la tutela della pace nordica rimane prioritaria, ma non senza cognizione di causa. “Pur continuando a promuovere cooperazione e dialogo, riconosciamo la necessità di rafforzare la deterrenza nell’Artico”, ha affermato.
L’inviata speciale dell’Unione europea per l’Artico, Claude Veron-Reville ha descritto quello in corso nell’Artico come un “build up militare massiccio”. Ha però avvertito che le nuove criticità “non devono oscurare quelle di prima”, segnatamente quelle legate al cambiamento climatico e allo scioglimento dei ghiacciai. “L’impatto del cambiamento climatico e del ritiro dei ghiacci può essere visto come un’opportunità, ma anche come responsabilità”. La revisione della Arctic Policy europea, in questo contesto, concettualizzerà “un nuovo equilibrio tra sfide di ieri e quelle di oggi”.
Il fronte nord della Nato
L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della Nato, ha sintetizzato con chiarezza l’evoluzione strategica in atto. “L’Artico è sempre più centrale nella competizione geopolitica”. Mentre si descrive spesso il profondo nord come “uno spazio silenzioso”, oggi, sottolinea Cavo Dragone, “si sente il frastuono dei cambiamenti geopolitici attualmente in corso”. “La sicurezza è indivisibile, ma le minacce sono interconnesse”, avverte il vertice militare atlantico, e, nel profondo nord, “Russia e Cina stanno forgiando un partenariato di convenienza”. Per l’Alleanza, l’Artico rappresenta “il fronte settentrionale”, in primis per le implicazioni relative alla sicurezza delle linee di comunicazione tra Europa e Nord America, nonché per la deterrenza strategica e la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine. L’obiettivo, rimarca l’ammiraglio, è “garantire che l’Artico resti governato dal diritto internazionale e non dalla legge del più forte”.
Una prospettiva (oggi) interforze e (domani) multidominio
Il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Luciano Portolano, ha affermato che “l’Artico, sebbene estremo, non è più remoto né marginale”. La regione, evidenzia il generale, è “più accessibile e meno periferica, ma anche più appetibile”. Per Mosca, infatti, è centrale nel quadro del suo comando nucleare e per le capacità di second strike nucleare, mentre Pechino, che si definisce near-Arctic State, vede nell’apertura delle nuove rotte commerciali il grimaldello per dominare il commercio eurasiatico. Sul fronte delle capacità operative artiche, sottolinea Portolano, “i Paesi Nato mostrano un ritardo preoccupante”, soprattutto riguardo alle navi rompighiaccio. “È verosimile che un domani, non molto lontano, possa esserci chiesto di fare di più”, ha avvertito. Per questo il sistema Italia “dovrà mantenere un approccio a 360 gradi”, anche tramite lo sviluppo di equipaggiamenti specificamente dedicati alle operazioni nel profondo nord.
Capacità nazionali e interoperabilità alleata
La Difesa italiana sta adattando la propria postura alla dimensione artica. Il generale Salvatore Cuoci, sottocapo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, ha illustrato il programma delle forze terrestri “per poter operare in ambiente artico e sub-artico”, valorizzando particolarmente la comprovata esperienza delle truppe alpine. La Brigata Taurinense è infatti designata come grande unità da combattimento nel grande nord, con attività in sinergia con l’Alleanza (Nordic Response 2024) e progetto “Campo alta quota 2025” sul Monte Bianco.
“La militarizzazione dell’Artico è già in corso”. Per l’ammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto, appena nominato capo di Stato maggiore della Marina militare, la dimensione marittima dell’Artico è destinata a cambiare rapidamente. “La Russia possiede il 53% della costa artica”, ha ricordato, mentre lo scioglimento dei ghiacci e le nuove rotte “aprono a prospettive commerciali inedite”, che in futuro potrebbero portare a marginalizzare il Mediterraneo. Cresce anche la rilevanza delle infrastrutture critiche sottomarine, la cui tutela diventa centrale. In questo contesto, con nave Alliance oggi, e con le future Quirinale e Arcadia domani, “avremo una presenza costante lì dove è importante”.
Lo scioglimento dei ghiacci e l’apertura di nuove rotte commerciali prefigurano anche un Artico che in futuro sarà esposto a sempre più attività illecite. Per questo il generale Fabrizio Parrulli, comandante delle unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri, ha indicato il ruolo sempre maggiore della Benemerita nella governance della regione, dal contrasto ai traffici illeciti alla tutela delle comunità indigene, fino al supporto per le attività contro le minacce ibride.
Nei cieli, il generale Antonio Conserva, capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, ha richiamato la necessità di mettere in campo capacità a lungo raggio con aerei e droni, che “potrà contribuire a quelle capacità di sorveglianza e situational awareness necessari per supportare la difesa e la deterrenza” nel teatro artico.
Il ruolo dell’industria
L’attenzione all’ecosistema produttivo è stata ribadita in chiave di competitività internazionale. Il Presidente di Leonardo, Stefano Pontecorvo, ha sottolineato che “affrontare l’ambiente artico richiede tecnologie per affrontare condizioni estreme”. In questo contesto, il gruppo di Piazza Monte Grappa mira a “tradurre la tecnologia in vantaggio strategico”, puntando sull’intelligenza artificiale, i sistemi unmanned, i digital twin e la formazione avanzata. Infatti, dopo il Digital Twin Italia, Leonardo realizzerà anche “un digital twin per l’Artico”, grazie al supercomputer Da Vinci 1.
A confermare il ruolo proattivo dell’industria anche Biagio Mazzotta, presidente di Fincantieri. “Il nostro Paese, pur mantenendo una forte vocazione mediterranea, ha saputo costruire nel tempo una presenza solida e credibile nella regione” artica e “Fincantieri mette a disposizione del Paese le proprie competenze ingegneristiche e la capacità di innovare in chiave sostenibile, a beneficio sia del comparto civile sia di quello militare, contribuendo a rafforzare la presenza italiana in un’area strategica per il futuro”. Tra gli esempi citati, la nave idro-oceanografica Maggiore, unità concepita con la massima attenzione verso gli aspetti green, destinata alla mappatura e al monitoraggio scientifico, per supportare le iniziative dell’Istituto idrografico della Marina.
[Fonte: formiche.net]






























