Pisa, 24 ott. (Adnkronos) – Questa mattina, nel Centro Addestramento Paracadutisti, si è svolta la cerimonia di commemorazione dell’83° anniversario della Battaglia di El Alamein, alla presenza del sottosegretario di Stato alla Difesa, Isabella Rauti, del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello, e delle autorità civili e militari locali. Nell’ottobre del 1942 i paracadutisti italiani schierati a El Alamein, insieme alle Divisioni Ariete, Littorio, Pavia, Brescia, Bologna, Trento e Trieste, lungo un fronte di 15 chilometri, con un rapporto di forze impari, seppero resistere con determinazione ai ripetuti attacchi avversari, tanto che alla resa fu loro tributato l’onore delle armi.
L’inaspettata resistenza dei paracadutisti italiani, che registrarono nella battaglia oltre 1.100 tra morti, feriti e dispersi, costrinse i comandi inglesi a sospendere ogni ulteriore iniziativa su quel fronte.
Sul piazzale del Capar, assieme ai Reparti della Folgore, sono state schierate rappresentanze dei Reparti della Brigata Ariete, unica Grande Unità ancora in vita di quelle che combatterono al fianco della Divisione Folgore, rappresentanze del 1° Reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania, del Comando Forze Speciali dell’Esercito e della 46° Brigata Aerea di Pisa, presente con la propria Bandiera di Guerra. Nel suo intervento il generale Masiello, che della specialità Paracadutisti è il decano, ha sottolineato: “El Alamein non è un semplice anniversario. Non è un rituale da vivere una volta l’anno: è un’eredità viva, un’eredità che orienta il nostro pensiero, le nostre scelte, le nostre azioni. Un filo che unisce le generazioni dei paracadutisti italiani: è senso di appartenenza, identità, memoria viva. È il sigillo della tradizione; il passaggio di testimone da chi ha dato tutto a chi oggi si prepara a dare tutto. È il sigillo del Noi sull’Io. Ogni ordine dato, ogni decisione presa, deve avere un solo obiettivo: il soldato, il paracadutista! Se lo mettiamo al centro oggi, domani sarà pronto a tutto”.
“Siamo a un bivio: cambiare o diventare irrilevanti. Cambiare non è un’opzione, è un dovere morale e operativo. Dobbiamo prepararci alla peggiore delle eventualità – spiega il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito – sperando che non arrivi mai. E non basta dire: ‘noi non vogliamo la guerra’. I militari, lo ripeto ancora una volta, sono i primi a non volerla, perché sanno cosa significa. Però, purtroppo, quando la guerra arriva, non sempre ti chiede il permesso. Il futuro appartiene a chi sa trasformare la memoria in forza, la tradizione in energia, l’onore in azione. Perché nella Folgore, nell’Esercito, ciascuno è parte di un tutto. Quel tutto è ciò che dà significato al sacrificio, alla fede, all’onore, all’amore per la Patria. Il grido ‘Folgore!’ ispira, unisce, guida. E la solidarietà di atteggiamento morale e la fraternità del rischio ci fanno fratelli. Oggi questo spirito si rinnova. Oggi la nostra grande famiglia si arricchisce di una nuova presenza”.
(Sil/Adnkronos)
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