(9Colonne) Roma, 30 ott – Adottata all’unanimità il 31 ottobre del 2000 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la 1325 è la prima Risoluzione di questo organismo che esplicitamente menziona sia l’impatto della guerra sulle donne, sia il contributo delle donne per la soluzione dei conflitti e per una pace durevole. La risoluzione riconosce e valorizza il contributo delle donne, fino a quel momento sottovalutato e sottoutilizzato, nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti, nel peacekeeping e nel peace-building, considerando la leadership delle donne centrale per una pace giusta e duratura. Se ne è parlato oggi, alla vigilia del quarto di secolo trascorso dalla Risoluzione, nella Sala del Cenacolo di Vicolo Valdina, in un evento promosso da Martina Semenzato, presidente della Commissione Femminicidio, nell’ambito del “Taccuino” dedicato ai nuovi linguaggi contro la violenza di genere. Tra i relatori Rosa Vinciguerra, capo sezione Politiche di genere dello Stato maggiore della Difesa e Luca Fratini, coordinatore per l’Agenda “Donne Pace e Sicurezza” presso la Direzione generale Affari politici del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. A rappresentare il governo Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità e Isabella Rauti, sottosegretario alla Difesa. “Quello che è stato raccontato anche in questo convegno illustra con chiarezza quanto le donne possono fare in tutti i teatri di conflitto, quindi come peacekeeping e non soltanto. Prima di tutto, per esempio, potendo contattare le donne del territorio in cui si trovano ad operare, che spesso sono donne non emancipate, non libere e quindi con cui è difficile avere un rapporto, ma che vanno coinvolte perché anche le donne dei territori in cui si svolgono i conflitti sono un elemento fondamentale della pace, quindi stabilire questo rapporto è essenziale” così Roccella, per poi aggiungere: “Ma poi le donne sono fondamentali in moltissimi altri modi, anche lottando proprio per i diritti delle donne dei tanti territori in cui ancora queste non sono libere, non hanno diritti fondamentali, non possono non dico avere pari opportunità nei confronti degli uomini, ma neanche avere proprio quel minimo di diritti che noi definiamo umani, cioè che devono essere di tutti gli esseri umani”. (PO / SEGUE)
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