Percorso:

241ª Seduta Pubblica – Discussione sul Voto di fiducia al Dl Rilancio

Resoconto stenografico in corso di seduta

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, un altro provvedimento e un altro voto di fiducia. Ma facciamo un passo indietro: a metà marzo abbiamo avuto il decreto-legge cura Italia, che si è rivelato purtroppo non una cura, ma un piccolo rimedio, un cerotto. La richiesta del voto di fiducia da parte del Governo sul provvedimento cura Italia ha rotto in quel momento il sentimento di unità nazionale che si stava vivendo nell’emergenza provocata dal Covid, ed ha anche interrotto il dialogo, allora aperto, tra maggioranza e opposizioni.

Poi è arrivato il decreto-legge liquidità, annunciato – ricordiamolo – in conferenza stampa molto prima di esistere, e con un grande, eccessivo spazio dedicato a denigrare le opposizioni in diretta televisiva. Si era annunciata una potenza di fuoco che poi si è rivelata purtroppo un accendino, ma soprattutto ha deluso, perché aveva creato aspettative di una liquidità immediata nei conti correnti e nelle tasche degli italiani. Così non è stato e anche quel provvedimento è passato con un voto di fiducia.

Ora il decreto rilancio (che doveva essere il decreto aprile – quello di Pasqua – ed è poi stato ribattezzato rilancio), arriva con estremo ritardo a metà luglio e ci state chiedendo un altro voto di fiducia. Nel contempo avanza (è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale) il decreto semplificazione ed è facile prevedere che più o meno a Ferragosto ci chiederete un altro voto di fiducia.

Questo Governo, ogni giorno e con ogni atto, si sta sempre più caratterizzando come autoreferenziale e autoritario e va avanti a colpi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. Ne abbiamo discussi e subiti tantissimi: atti amministrativi che, con i loro effetti e ricadute, hanno travalicato l’ambito amministrativo e sono risultati abusivi, salvo poi chiedere all’Assemblea di essere condonati.

Quindi: decreti del Presidente del Consiglio dei ministri; voti di fiducia; annunci roboanti e avveniristici, nel senso di futuribili; promesse senza riscontro; Stati generali convocati e conclusi senza un programma (che arriverà forse a settembre); entità misteriose, come le innumerevoli task force; titoli dei provvedimenti a effetto, un po’ da cartellone e suggestione cinematografica.

Poi, però, ci sono la realtà della nazione e la vita quotidiana delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese. Il Governo non dimostra comune buon senso e percezione della realtà. Ha un suo storytelling che racconta un Paese che non esiste, che è in emergenza non domani, ma ieri; una nazione in cui la cassa integrazione non arriva, le banche non concedono alle imprese i crediti agevolati e il sistema INPS va in tilt esattamente quando serviva; un Paese in cui gli imprenditori sono spinti più a chiudere, che a riaprire; il bonus professionisti che non c’è o non è dignitoso e il bonus vacanze che non è un credito esigibile, ma un anticipo dell’albergatore e un credito d’imposta.

Ricordo che il decreto rilancio nasceva per riscattare l’Italia dalla crisi economica drammatica scatenata dalla pandemia: una crisi di domanda e di offerta per effetto della quale, stando alle previsioni di ieri della Commissione europea, l’Italia esce peggio di tutti, con un crollo del PIL previsto pari a meno l’11,2 per cento, una ripresa stimata pari al 6,1 per cento per l’anno prossimo – ad arrivarci – e una recessione che è quasi il doppio di quella tedesca.

Purtroppo questo non è il solo allarme, ma ce ne sono altri. Secondo l’Istat il 30 per cento delle imprese rischia di chiudere. Inoltre, secondo un’indagine di Banca d’Italia, i redditi delle famiglie sono stati falcidiati; il 40 per cento non paga il mutuo, il 34 per cento ha difficoltà con i pagamenti a rate e oltre un terzo delle famiglie dispone di risorse finanziarie sufficienti per meno di tre mesi. Tre mesi sono esattamente quel periodo di tempo che voi avete perso per fare questo decreto rilancio di aprile, che però arriva a luglio.

Le famiglie (quelle che hanno retto durante il lockdown, hanno erogato servizi ai loro componenti e sono stati piccoli centri di welfare sussidiario) sono le più dimenticate, specie se numerose. Il vostro presentismo e il vostro respiro corto vi impediscono di pensare in prospettiva. Infatti, nelle trattative europee (scusate la parentesi) non sento mai parlare di risorse, nell’ambito del recovery fund, destinate a sostenere le famiglie e favorire la natalità. L’Istat ci avverte che in Italia siamo già oltre l’inverno demografico, in piena emergenza demografica. Siamo destinati all’estinzione se non lanciamo un piano di salvataggio per famiglie e natalità.

Insomma, nel decreto rilancio ci sono 55 miliardi di euro impiegati male: quasi un paio di leggi di bilancio, una cifra notevole ottenuta anche grazie al nostro voto sullo scostamento di bilancio. Abbiamo fatto questo nuovo deficit per questo tipo di omnibus? Inoltre, 266 articoli, migliaia di commi, misure che richiederanno 98 decreti ministeriali attuativi e tanto tempo.

È un provvedimento infarcito di cose che non servono al rilancio, è questo il dramma. Mance, marchette e bonus a termine, pioggerelle senza, a presidio di questo, una visione politica di progettualità e di sistema ed è stato praticamente impossibile, soprattutto al Senato, presentare emendamenti. Questo decreto doveva far ripartire l’economia dell’Italia, per essere efficace doveva farlo in questi mesi di aprile, di maggio e di giugno, ora. Come vi ha chiesto Fratelli d’Italia, doveva essere snello, immediato, per essere efficace, con zero burocrazia, doveva contenere solo misure di rilancio, secondo tre grandi direttrici precise di strategia: difesa dei posti di lavoro, sostegno a imprese e lavoratori autonomi, sostegno alle famiglie e alle persone in difficoltà. E invece no, tutto quello che abbiamo chiesto – che non ho il tempo di ripetere – dalla sblocco degli investimenti alla semplificazione delle procedure nel codice degli appalti, alla confluenza del reddito di cittadinanza nel reddito di emergenza (Rem), nessuna delle nostre proposte è stata accettata. Il nostro Gruppo ha presentato tantissimi emendamenti alla Camera, inutilmente riproposti al Senato, anche per contributi a fondo perduto per la piccola e media impresa, per le famiglie, ma nulla di quanto proposto è stato accettato. È stato detto sempre pregiudizialmente no alle proposte delle opposizioni. Si è preferita una legge mancia, con norme e prescrizioni eterogenee ed estranee al rilancio, oltre che contraddittorie. Anche tutti questi bonus (eco, sisma, baby-sitter, mobilità, vacanze) vanno bene, ma il diavolo si nasconde nei dettagli e prima bisogna assumerne il costo e poi si può fruire del credito di imposta, quindi è quasi una presa in giro e di fatto non c’è nessuna agevolazione automatica o iniezione di liquidità, insomma nessun rilancio per il sistema economico e produttivo, ma direi più che altro un lancio nel vuoto. Tralascio la parte delle nostre proposte, perché i cittadini le conoscono, ma voglio dire in quest’Aula – il senatore Bagnai ha usato toni pacati, io mi scuso se i miei lo sono un po’ meno, perché sono sofferente e perché riceviamo tante grida di sofferenza – che le parole hanno un senso e hanno una storia. La fiducia, termine che viene dal latino, significa avere fede, confidare in qualcuno o in qualcosa, significa fidarsi, significa anche affidarsi. In quest’Aula voi riuscirete a strappare la fiducia, ma con una maggioranza sempre più risicata, una maggioranza che è in quest’Aula, ma che non rappresenta la maggioranza del Paese, fuori da questo palazzo, fuori dai palazzi di una politica impaludata. C’è solo un modo in cui potete chiedere un atto di fiducia e sono le elezioni, sono i seggi, è chiedere ai cittadini un atto di fiducia. Questo voi non lo farete, questo voi lo temete, lo rinviate. Accontentatevi, allora, di strappare qui, con unghie e denti, la fiducia, sapendo bene, nelle vostre coscienze, di non avere il consenso popolare. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Interventi in Aula Senato, Primo piano.