Percorso:

219ª Seduta Pubblica – Discussione del ddl n. 1811 sulle misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19

Resoconto stenografico in corso di seduta

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, colleghi, questo è il mio primo intervento nella fase 2, quindi voglio cominciare ringraziando tutti coloro che hanno garantito nel lockdown i servizi essenziali. Voglio anche ringraziare tutti gli italiani – donne e uomini – che hanno assunto una condotta molto seria e responsabile in questa fase emergenziale.

Ringrazio le famiglie, grande forza italiana, che hanno assorbito tutte le attività di welfare, di servizi alla persona, di didattica a distanza, insieme allo smart working, e in particolare le donne. Quelle famiglie che hanno tenuto insieme la società in questo periodo di emergenza.

Quindi grazie all’Italia che ha riaperto da lunedì, nonostante il ritardo delle comunicazioni, nonostante la confusione, l’assenza di aiuti mirati settore per settore, attività per attività, perché in realtà le direttive che sono arrivate non guardavano alle persone e alle esigenze differenziate ma guardavano agli Ateco in blocco, trattando così situazioni molto diverse. Rivolgo un pensiero anche a chi è rimasto senza lavoro, a chi è rimasto senza nessun aiuto, a chi non ha potuto riaprire e forse non riaprirà mai. Grazie Italia per la forza che hai dimostrato nel rialzare la testa ancora una volta.

Veniamo ora al provvedimento al nostro esame, la conversione in legge del decreto-legge n. 19. Sostanzialmente, come è stato già anticipato, stiamo parlando di una sanatoria di decreti del Presidente del Consiglio precedenti, quindi atti amministrativi. Parliamo di sanatoria perché è il termine che meglio si lega al concetto di abuso perché è proprio questo quello che è avvenuto.

Tutto ha origine dal decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2019, votato anche da noi, nel quale sono contenute due parole: «altre misure». Si fa risalire a quelle due parole ogni decreto del Presidente del Consiglio successivo, quindi quel decreto-legge è stato brandito come una spada per compiere continui atti abusivi attraverso i decreti del Presidente del Consiglio. Abbiamo votato a favore del suddetto decreto-legge perché tifiamo sempre per l’Italia, perché eravamo in una situazione di emergenza. Noi ci siamo sempre stati. Abbiamo garantito il contingentamento delle presenze in Aula, abbiamo garantito anche il contingentamento dei tempi di dibattito, abbiamo partecipato a tutte le riunioni di maggioranza e opposizione, portando, inutilmente peraltro, le nostre proposte. Abbiamo anche votato a favore degli sforamenti di bilancio, con senso di responsabilità, e abbiamo richiamato sin da subito la necessità di tenere aperto il Parlamento, di farlo funzionare e vivere. Giorgia Meloni per prima ha proposto una cabina di regia e, rivolgendosi al Parlamento, ha parlato di porte aperte del palazzo. Insomma, ci siamo stati, con responsabilità, e abbiamo difeso il ruolo del Parlamento e l’efficacia ad esso connessa del sistema democratico perché l’istituzione, purtroppo, è stata scavalcata, è stata esautorata ed il Presidente del Consiglio ha assunto – lasciatemelo dire – atteggiamenti arroganti e prepotenti parlando di concessioni al Parlamento. Questo non va bene con il rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti ed ha rilevanza democratica e costituzionale perché si è andati avanti a colpi di decreti del Presidente del Consiglio – dodici in questi mesi – tutti coattivi e non proattivi, o di decreti-legge. Sono stati compressi i diritti costituzionali e sono state limitate le libertà fondamentali e personali, come quella di circolare, quella di manifestare, multe comprese (vergogna), la libertà religiosa e altro.

Decreti del Presidente del Consiglio, task force, direttive, ordinanze, dirette Facebook e televisive: ecco la cifra negativa di una gestione dell’emergenza con l’aggiunta aggravante – lo voglio dire – di un narcisismo autoreferenziale e di un gusto per la spettacolarizzazione e per lo show più da reality che da adesione in rappresentanza di un dramma nazionale qual è quello che l’Italia ha vissuto.

Ci sono state comunicazioni confuse, contraddittorie, decreti del Presidente del Consiglio annunciati prima di essere scritti, naturalmente non condivisi o pubblicati in ritardo rispetto all’annuncio, una ridda di autocertificazioni e l’onda anomala delle FAQ. Il vizietto degli annunci infondati ha prodotto anche guasti ben più gravi. Cito soltanto alcuni dei tanti esempi: avete creato aspettative e penso al bonus di 600 euro ai lavoratori autonomi che un milione di loro sta ancora aspettando; penso alla cassa integrazione in deroga che non è arrivata; penso ai disabili chiusi in casa senza il bonus promesso, senza la terapia e senza l’assistenza. Penso ai caregiver familiari senza riconoscimento.

Penso agli anziani nelle residenze sanitarie assistenziali, isolati dai loro famigliari. Penso ai decessi senza funerale. Chi ha guadagnato dall’emergenza Covid sono soltanto i mafiosi, quelli che abbiamo fatto uscire dal carcere, rimandandoli a casa. (Applausi). Tutti gli altri li abbiamo chiusi in casa senza aiuti e assistenza.

Torniamo all’abuso che ci chiedete di sanare, ma che farete senza il nostro voto. La gestione che avete avuto ha una criticità non soltanto politica, ma anche in termini di diritto e il Presidente, l’avvocato del popolo, comprende bene cosa questo significa. Parliamo di rilievi di incostituzionalità contenuti nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri che sono andati a limitare delle libertà fondamentali e garantite dalla Costituzione. È molto chiaro e semplice. E nulla, neppure la tempestività, può giustificare un protagonismo eccessivo, un’azione confusa e l’abuso a cui mi sto riferendo.

Quanto alla tempestività, siete stati certo tempestivi nell’apparire, nell’esternare e nel dichiarare; statici e fissi nel determinare. Penso a quei venticinque giorni di ritardo tra la dichiarazione dello stato di emergenza e il primo atto del 23 febbraio scorso.

Ad ogni modo, vengo all’oggi. Questo nesso di immediatezza con l’emergenza non dovrebbe esserci più. Siamo nella fase 2, pessimamente avviata, eppure vediamo che si continua a perseverare nello stesso errore. Voi sapete che errare è umano, ma perseverare è un’altra cosa e vi appartiene. Spiego anche il perché. Ora si dovrebbe ricondurre tutto alla normale prassi parlamentare. Noi abbiamo sempre detto e continuiamo a pensare che ogni misura straordinaria debba essere autorizzata dal Parlamento, il quale dovrebbe riappropriare delle sue funzioni di deliberare e anche delle sue competenze di controllo sull’Esecutivo.

Tutto questo non solo non è accaduto, ma rischia di non succedere più perché – e vengo al nodo – il 14 maggio scorso alla Camera dei deputati è stato bocciato l’emendamento presentato dall’onorevole Lollobrigida di Fratelli d’Italia ed è stata approvata una norma che, secondo una fake news, sarebbe di garanzia perché questi provvedimenti verrebbero illustrati alle Camere da parte del Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato. Attenzione, non è così. Infatti, il Presidente del Consiglio illustra i provvedimenti alle Camere e tiene conto degli eventuali indirizzi emersi, ma non vi è un voto parlamentare su questi e, inoltre, se vi sono motivi di urgenza, riferirà in una fase successiva. Insomma, signori, si sta perseverando e si sta facendo il gioco delle tre carte.

Occorre prestare attenzione anche all’articolo 14 del cosiddetto decreto rilancio, rivisto e corretto in corso d’opera, sulla dichiarazione dello stato di emergenza, di cui riparleremo.

Essendo terminato il tempo a mia disposizione, mi avvio a concludere con una considerazione che faccio come quando si lancia un sasso: avete ucciso la Repubblica parlamentare, ma il voto popolare vi rimanderà a casa. (Applausi)

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Interventi in Aula Senato, Primo piano.