Percorso:

Giovani a Destra.it – Le nuove sfide per la destra tra passato e futuro, intervista a Isabella Rauti

lDM-pino_isabella_rauti

Ultimamente si parla del fatto che in questo periodo storico con l’ascesa dei sovranismi si vede scalfita una certa visione del mondo cosmopolita, che rinnega l’idea di un attaccamento all’identità nazionale e alle proprie radici. Secondo lei quali sono le prospettive e l’approccio da tenere per affrontare queste nuove questioni, ma allo stesso tempo vecchie questioni, alla luce sia del processo di integrazione europea sia della globalizzazione?
Non dobbiamo mai rassegnarci alla globalizzazione anche se è un fenomeno irreversibile, ma da governare come nel mondo della destra sociale discutiamo da anni. Il concetto cardine è quello appunto di governare la globalizzazione e salvare le identità dal “rullo compressore”. La globalizzazione ha ampiamente dimostrato al mondo tutti i suoi guasti, le sue contraddizioni, i suoi difetti, e la sua potenza nichilista. Per questo sono convinta che ci sarà, non solo per la nostra opera intellettuale e politica e per il nostro impegno, ma anche come noto spontaneo e delle coscienze un ritorno della centralità del concetto di identità nazionale, ma anche di identità locali, le cosiddette piccole patrie, ed una affermazione del sentimento e dell’idea – concetto di sovranità nazionale. Penso che la strada che stiamo percorrendo dal punto di vista intellettuale e politico sia quella giusta e sia un percorso destinata ad aumentare intorno a noi il consenso popolare, una sorta di forza e di reazione proveniente “dal basso” contro le oligarchie dominanti e contro il pensiero unico. Perché il concetto delle radici e delle identità, della sovranità nazionale e dei valori più profondi, è qualcosa di cui si sente un bisogno diffuso! Affermare con forza il valore dell’identità nazionale e della sovranità si può e si deve fare anche e soprattutto nei contesti europei e internazionali. Secondo una concezione europea di confederazione di Stati liberi e sovrani e senza sudditanza. Noi non siamo antieuropeisti, non lo siamo mai stati, ma non ci piace questa Europa così come è stata realizzata e come è gestita e vorremmo cambiarla.

Il tema dell’identità è emerso prepotentemente con la crisi migratoria e il tema dell’integrazione, che opinione si è fatta?
Per quanto riguarda il tema dell’immigrazione, abbiamo subito per anni ondate migratorie senza regole e senza controllo dei flussi, secondo un’ipocrita politica buonista di apertura indiscriminata e di un’accoglienza senza criteri. E’evidente che l’assenza di gestione del fenomeno, aggravata dalla latitanza dell’Europa sulla questione e dalla nostra posizione e conformazione geografica, ha reso l’Italia meta privilegiata delle migrazioni con numeri spaventosi e quello che si va profilando è una sorta di “invasione” con il rischio di un’islamizzazione del continente europeo e dell’Italia. Questo scenario lo spiegano anche i numeri della demografia: in Europa crolla la fecondità e diminuisce il numero medio di figli per coppia mentre il sud del mondo vive un’esplosione demografica, e non mancano anche le statistiche di demografia religiosa a tracciare questo scenario di islamizzazione del vecchio continente e del nostro Paese. Siamo contrari alle ondate migratorie incontrollate e all’immigrazione clandestina ed a coloro che non rispettano le regole del Paese in cui arrivano. Credo sia giusto, quindi, che il nostro mondo politico e culturale si batta per difendere l’identità italiana da ogni tipo di minaccia ed aggressione, identità che è al tempo stesso culturale, linguistica, religiosa e nazionale.

Vi è lo stereotipo, per quanto riguarda la militanza femminile, per la quale il militante di destra è esclusivamente un uomo, per ragioni legate a un presunto maschilismo e sessismo “connaturato” all’area della destra, per cui non vi è una vera militanza femminile di destra. Lei cosa può dirci della sua esperienza?
Lo stereotipo descritto è la classica “fake news” ed è stato un luogo comune che ci ha perseguitato per anni, benchè sia totalmente infondato. Ed io stessa che mi sono sempre occupata di politica femminile, o come dicevamo inizialmente al femminile, poi definita di pari opportunità e comunque di temi dedicati alle donne, ho sempre dovuto spiegare all’esterno del partito che questo stereotipo, questo pregiudizio era infondato. Infatti, il nostro è sempre stato ambiente militante, soprattutto quello giovanile che ho frequentato egli anni “70 ed “80, in cui non esisteva il problema della “discriminazione femminile” e della retorica dell’angelo del ciclostile; c’erano altre emergenze e priorità, eravamo una minoranza ghettizzata, minacciata, e la componente femminile ha sempre condiviso la militanza allo stesso modo di quella maschile. Certo, talvolta in modo meno muscolare, ma concettualmente non ha mai avuto spazio l’emarginazione femminile. E questo vale in parte anche per l’apparato di partito: Il MSI ha sempre avuto un dipartimento per le politiche femminili dimostrando quindi una certa lungimiranza e sensibilità, pur se quel dipartimento aveva a mio avviso una impostazione che allora consideravo conservatrice mentre si affermavano le nuove sfide lanciate dalla modernità e che richiedevano un’altra politica per le donne. Ma ci siamo attrezzate per competere e rispondere; in particolare lo facemmo – ricordo – con la cosiddetta area rautiana che riuscì a percepire questa esigenza di dare risposte e di elaborare una politica sulle “questioni femminili” come dimostra anche l’esperimento del gruppo “Eowyn” – come l’ eroina del signore degli anelli – e del suo ciclostilato femminile, sottotitolo alternative femminili; eravamo un gruppetto dai 14 ai 28 anni e avevamo anche una rubrica fissa radiofonica a radio alternativa, e riuscivamo a confrontarci ed a sfidare il femminismo allora egemone. Infatti, ci furono molti dibattiti che ci hanno viste impegnate ed invitate, ed era molto difficile affermare, ma ci riuscimmo, che si poteva fare politica femminile senza essere femministe e rivendicare alcuni diritti senza per questo essere in competizione con l’altro sesso. Per questo come nostro simbolo scegliemmo quello orientale dello Yang e dello Yin, un simbolo che per eccellenza rappresenta la complementarietà dei sessi. Quando ne parlavamo noi, non ne parlava ancora nessuno.

A proposito di politica al femminile, che opinione ha di Marine Le Pen?
Marine Le Pen ha dovuto trasformare quello che era il partito di suo padre in una cosa diversa; una trasformazione necessaria anche per i tempi e probabilmente necessaria per lanciare la sfida politica che ha lanciato e che le ha portato larghissimo consenso. Marine Le Pen è stata capace di realizzare il cosiddetto sfondamento a sinistra, una teoria rautiana, che quando venne formulata nei congressi del MSI non venne compresa fino in fondo, ed è stata capace di creare anche un patto sociale che andasse oltre i vecchi steccati. Criticando la globalizzazione e, difendendo l’interesse nazionale, è riuscita a prendere voti anche nelle periferie francesi ed è riuscita a strappare consensi persino all’intellighenzia ex di sinistra, inaugurando un esperimento politico interessante. Non la conosco personalmente ma la seguo con attenzione e la guardo con empatia e simpatia politica.

Qual è il suo ricordo della militanza nel Fronte della Gioventù?
Mi sono iscritta al fronte della gioventù un mese prima di compiere 14 anni, in una sezione romana molto attiva, quella di Via Ottaviano 9, nella zona Prati di Roma, purtroppo poi diventata nota perché li vicino venne ucciso il nostro militante Mikis Mantakas; poi ho continuato a fare attività alla sezione Balduina (fino alla sua chiusura per gli attentati subiti) e poi a Via Sommacampagna, sede provinciale del Fronte della Gioventù. Ero nella Giunta e mi occupavo della formazione culturale dei quadri, ovvero tenevamo dei corsi ai ragazzi, con un esame di cultura politica finale finalizzato all’ottenimento della tessera. Avere la tessera non era un automatismo ma bisognava superare un piccolo esame. il mio ricordo è di una generazione, anzi di una catena di generazioni dai più grandi ai più piccoli, che è stata capace di suggerire al partito temi talvolta anche di frontiera, temi qualche volta divisivi, temi d’avanguardia, dalla politica estera all’ambiente passando anche attraverso battaglie di tipo culturale. C’era un attivismo militante molto educativo per i ragazzi ed eravamo tutti militanti, i dirigenti stessi erano prima di tutto dei militanti.

Che ricordo ha di suo padre Pino Rauti?
Un Ricordo personale indelebile di padre affettuoso, presente, sensibile ed attento. Poi c’è il ricordo politico, anch’esso indelebile, perché io faccio politica da quando avevo 14 anni ed ho sempre seguito le attività e l’impegno di mio padre. Io penso che Pino Rauti abbia rappresentato, non solo per me ma per intere generazioni, una guida e un punto di riferimento dal punto di vista politico culturale e di elaborazione, anche ideologica, oltre ad essere un riferimento ideale. Lo dimostra il fatto che a quasi 10 anni dalla sua scomparsa continuano a verificarsi riconoscimenti del suo pensiero e delle sue opere, sia come politico che come intellettuale, che come giornalista. Tra poco nascerà alla Biblioteca Nazionale di Stato di Roma un fondo a lui dedicato che consta della sua biblioteca e del suo archivio, che ha ottenuto il riconoscimento di archivio di particolare interesse storico. Questa non è soltanto una vittoria di Pino Rauti ma è la vittoria di una destra sociale, nazionale e popolare, che non è stata sufficientemente riconosciuta in passato ma che ha sempre dimostrato di offrire molti spunti e intuizioni profetiche, validi ancora oggi per interpretare il presente e delineare politiche future.

Gruppo preferito della musica alternativa di destra?
Io li ho amati tutti perché hanno parte delle nostre feste giovanili e dei nostri Campi Hobbit, tutti. In particolare ero legata anche in termini di amicizia personale a Junio Guariento che purtroppo è scomparso di recente, e al gruppo della compagnia dell’anello; sono stati loro che più a lungo hanno interpretato, celebrato, musicato e cantato, le nostre sensazioni e la nostra visione della vita e del mondo.

A cura di Albrizio Fedele e Daniele DF

[Fonte: giovaniadestra.it]

Questa voce è stata pubblicata in Primo piano, Rassegna stampa.