Percorso:

Mozione – Atto di sindacato ispettivo n. 1-00297 – Vicenda Autostrade

Atto n. 1-00297

Pubblicato il 18 novembre 2020, nella seduta n. 276

URSO , CIRIANI , BALBONI , CALANDRINI , DE BERTOLDI , DE CARLO , FAZZOLARI , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , LA PIETRA , LA RUSSA , MAFFONI , NASTRI , PETRENGA , RAUTI , RUSPANDINI , TOTARO , ZAFFINI

Il Senato,

premesso che:

è notizia di questi giorni che le indagini della magistratura hanno portato all’arresto dell’allora amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (ASPI) e di altri manager dell’azienda per vicenda diversa da quella che ha portato al disastro del “ponte Morandi”, ma comunque riguardante la manutenzione di Autostrade;

nel settembre 2018 il Governo aveva assicurato l’immediata revoca della concessione, salvo poi cambiare posizione preferendo l’avvio di un procedimento negoziale che sembra allo stato senza soluzione;

Atlantia ha rigettato anche la seconda offerta presentata dal consorzio guidato da Cassa depositi e prestiti per l’acquisto della sua quota di proprietà di Autostrade per l’Italia;

la prima offerta, presentata il 20 ottobre, era stata rifiutata con la motivazione che “i termini economici e le relative condizioni allo stato sono non ancora conformi e idonei”, che la valutazione del valore complessivo di ASPI, che l’offerta presentata stimava compresa tra 8,5 e 9,5 miliardi di euro, era troppo bassa e, che di conseguenza, sarebbe stato troppo basso il prezzo offerto per l’acquisto della quota di Atlantia;

la holding, inoltre, chiedeva un’offerta vincolante e non preliminare, comprensiva dell’indicazione di un prezzo;

il 28 ottobre una nota stampa di Cassa depositi e prestiti ha annunciato che il consiglio di amministrazione “ha dato il via libera a CDP Equity per la presentazione di un’offerta dettagliata per l’acquisizione dell’88,06% di Autostrade per l’Italia detenuto da Atlantia, con relativa proposta di accordo (memorandum of understanding) volto a identificare i principali termini e condizioni relativi all’operazione prospettata”;

stando alla nota “la proposta, confermando la forchetta di prezzo già indicata in precedenza, sottopone un’offerta ancor più dettagliata che, se accolta, porterà all’individuazione di termini, condizioni e prezzo definitivi dell’operazione, a seguito di una due diligence di 10 settimane”, ad esito della quale potrà rapidamente essere avanzata un’offerta finale per l’acquisto della partecipazione in ASPI;

anche questa offerta, tuttavia, non è stata accolta da Atlantia, che ha dichiarato i relativi termini economici e le condizioni “ancora non conformi e non idonei ad assicurare una adeguata valorizzazione di mercato della partecipazione”, rigettando nell’incertezza il futuro proprietario di una società che gestisce un asset infrastrutturale fondamentale della nazione;

nell’ambito della trattativa si sono inserite anche le perplessità espresse dall’Autorità di regolazione nel settore dei trasporti nel parere sul nuovo piano economico-finanziario di ASPI, rispetto al quale ha formulato 8 rilievi negativi, in quanto il piano non rispetta i criteri stabiliti dalla stessa ART;

la trattativa è, quindi, ancora in corso nonostante i numerosi aspetti poco chiari, primo tra tutti il costo finale che Cassa depositi e prestiti dovrebbe sopportare, che potrebbe risultare eccessivamente elevato rispetto ad altri interventi di sostegno nella politica industriale nazionale, e, di conseguenza, risultare eccessivamente remunerativa per Atlantia, cui si vanno ad aggiungere le fluttuazioni in borsa provocate dall’andamento della trattativa, dalle quali Atlantia ha tratto notevoli guadagni significativi, e sulle quali aleggia qualche sospetto di aggiotaggio, considerate le spesso avventate dichiarazioni di esponenti di Governo che le hanno sostenute;

nell’ambito della trattativa, inoltre, rimangono controversi tre punti: la questione dei pedaggi, oggetto del nuovo piano economico-finanziario e censurata dall’ART, quella della manleva, e, infine, quella dell’ingresso nel consorzio con CDP di due fondi stranieri che avrebbero la maggioranza delle azioni;

con riferimento al primo aspetto, secondo il quotidiano “la Repubblica” dal 2010 al 2019 la società avrebbe pagato dividendi per un controvalore di 6,3 miliardi di euro finanziati dall’incasso dei pedaggi, i quali, nonostante rappresentino le risorse per effettuare gli investimenti e la manutenzione delle infrastrutture, ammontano a una cifra molto profittevole per gli azionisti;

un’eventuale revisione delle tariffe modificherebbe i rendimenti della società e, di conseguenza, la valutazione aziendale, elemento fondamentale nell’ambito della trattativa e suscettibile di incidere profondamente anche sul futuro valore di mercato della nuova Autostrade;

il secondo punto riguarda il tema dell’inserimento della clausola della manleva richiesto da Cassa depositi e prestiti nel contratto di acquisizione, un esonero da responsabilità volto a proteggere l’acquirente da eventuali futuri obblighi di risarcimento danni scaturenti dal processo per il crollo del “ponte Morandi” del 14 agosto 2018, ma che Autostrade non intende concedere;

la mancata concessione della manleva in caso di obblighi risarcitori riconosciuti in capo alla nuova società per via del subentro andrebbe a configurarsi come un duro colpo per il suo valore di mercato;

infine, suscita non poche perplessità l’ingresso nel veicolo societario attraverso cui sarà realizzato l’investimento, denominato “BidCo”, di due fondi speculativi internazionali, Blackstone infrastructure partners (“Blackstone”) e Macquarie infrastructure and real assets (“Macquarie”), che inizialmente deterranno ciascuna il 30 per cento di BidCo;

in particolare Macquarie, gruppo finanziario miliardario australiano attivo in 31 Paesi, secondo gli osservatori “famoso per garantire ottimi rendimenti ai suoi investitori ma non altrettanti servizi agli utenti”, oltre alla quota di Autostrade sembrerebbe essere interessata anche a un altro asset strategico, con l’offerta di 2,6 miliardi di euro presentata a ENEL per l’acquisto del 50 per cento di Open Fiber, la società di reti digitali a banda larga destinata alla fusione con la rete di Telecom Italia;

gli inglesi hanno ribattezzato Macquarie “il canguro vampiro” dopo che l’autorità di controllo Ofwat ha scoperto le irregolarità compiute dal gruppo negli 11 anni in cui è stato proprietario della “Thames Water”, società delle acque che serve Londra: la corresponsione di dividendi pari a 1,2 miliardi di sterline, a fronte di un aumento del debito di 9 miliardi, e del mancato pagamento delle imposte;

la composizione azionaria di Autostrade parzialmente straniera per l’ingresso di Blackstone e Macquarie suscita forti perplessità, aggravate dalla circostanza che si tratta di due fondi speculativi, che nella loro storia hanno investito sempre pochissimo nella manutenzione, massimizzando i guadagni;

a fronte delle oscillazioni nelle trattative e delle perplessità che queste complessivamente suscitano, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti De Micheli non ha dato risposte convincenti nemmeno nella seduta di question time di giovedì 12 novembre 2020 in Senato, pur avendo in altra occasione affermato che a garanzia di tutta l’operazione ci sarà Cassa depositi e prestiti;

la mission istituzionale di CDP è quella di sostenere, stabilmente e nel lungo termine, le infrastrutture strategiche nazionali, che hanno bisogno di capitali in grado di supportare piani di investimento ambiziosi e con un orizzonte di lungo termine, favorendo la transizione verso nuovi modelli di reti digitali e di logistica integrata;

la presenza di CDP dovrebbe, quindi, essere funzionale anche al presidio di un consistente piano di investimenti per l’ammodernamento della rete autostradale, l’accelerazione dei programmi di manutenzione e la promozione della logistica integrata e delle soluzioni a favore della mobilità sostenibile;

per svolgere pienamente la propria funzione di sostegno e di tutela degli asset strategici nazionali, Cassa depositi e prestiti deve essere in grado di gestire la governance del nuovo assetto societario, in caso anche attraverso il coinvolgimento degli operatori nazionali del settore, volto a garantire la necessaria guida industriale e la tutela dell’interesse nazionale;

il tema della governance della futura società non può prescindere dalla considerazione che l’efficienza dello strumento concessorio nel rendere servizi pubblici dipende dall’adozione di procedure competitive per l’affidamento e dell’efficacia del sistema regolatorio;

nella nuova governance, inoltre, rischiano di rimanere insoluti i problemi di gestione, posto che rimarrebbe comunque in capo ad ASPI, mentre si determinerà una pericolosa instabilità dell’assetto proprietario a causa della libertà dei fondi partecipanti di cedere la propria quota in base a mere logiche di mercato, se non speculative;

la complicata vicenda di ASPI potrebbe subire ulteriori svolte con la decisione del Governo, riportata dai maggiori quotidiani nazionali, di emanare prima della fine dell’anno un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per estendere la golden power anche al settore delle autostrade, che conferma come si tratti di un asset strategico che rischia di cadere in mani ostili;

questa decisione, che dimostra quanto la questione ASPI sia complessa e quanto sia avvertito il rischio non solo di scalate ostili, ma anche quello di una successiva vendita da parte dei fondi ad altri soggetti esteri ancora meno affidabili, in ogni caso non esenta la governance italiana dalle sue responsabilità industriali e finanziarie per garantire investimenti sulle manutenzioni della rete e costi contenuti per gli utenti, in linea con altre tipologie di concessioni in altri Paesi,

impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative utili, per quanto di competenza, affinché nell’acquisizione della quota di ASPI e nella nuova società proprietaria Cassa depositi e prestiti mantenga la governance della società, in caso anche attraverso il coinvolgimento degli operatori nazionali del settore, per garantire la tutela di un asset strategico nazionale, a fronte della presenza di partner stranieri che puntano esclusivamente alla remunerazione dell’investimento.

[Fonte: www.senato.it]

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