Percorso:

Interrogazioni a risposta scritta – Atto n. 4-04388 – Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa

Atto n. 4-04388

Pubblicato il 10 novembre 2020, nella seduta n. 273

URSO , RAUTI – Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e della difesa. –

Premesso che:

la sera del 1° settembre 2020, 18 membri dell’equipaggio di due pescherecci di Mazara del Vallo, “Antartide” e “Medinea”, venivano sequestrati dai militari del generale Khalifa Haftar a largo della Cirenaica;

la controversa vicenda è rimasta ad oggi insoluta e sulla stessa si sono già registrate numerose interlocuzioni istituzionali, tra le quali il question time, d’iniziativa del Gruppo Fratelli d’Italia del Senato della Repubblica, già svolto nella seduta d’Aula del 14 ottobre 2020 (atto 3-01978), volte a sollecitare il massimo impegno per una celere liberazione e messa in sicurezza degli ostaggi e, al contempo, chiarire la dinamica e le circostanze dell’evento o la sussistenza di eventuali carenze nei protocolli di sicurezza e dunque, di profili di responsabilità;

proprio riguardo alla dinamica dell’accaduto, ha generato non poche perplessità la ricostruzione, riportata da “la Repubblica” lo scorso 5 novembre e basata su quelle che il quotidiano nazionale ha definito “fonti informate”, secondo cui il sequestro dei due pescherecci sarebbe avvenuto “con il mancato intervento di un elicottero di un cacciatorpediniere della Marina Militare che era a 115 miglia dall’area del sequestro”; elicottero che, prosegue l’articolo, sarebbe stato dato “per ore in avvicinamento alla zona del sequestro” e “la cui semplice presenza sarebbe bastata ad allontanare i miliziani libici”, ipotizzando così che la Marina militare, non intervenendo, avrebbe di fatto abbandonato i pescatori;

in reazione a tale articolo, la Marina militare ha precisato, in un comunicato stampa, che la possibilità d’intervento del cacciatorpediniere “Luigi Durand de la Penne” sarebbe stata preclusa dalla distanza e dalla dinamica dell’evento, e che “un intervento in quelle condizioni avrebbe innescato un processo escalatorio, innalzando la tensione e mettendo a rischio la sicurezza stessa dei pescatori”;

permangono palesi incongruenze tra le due versioni che determinano la persistenza di gravi dubbi su quanto accaduto e su quali siano le disposizioni che la Marina abbia dovuto eseguire in quella drammatica occasione anche a fronte di precedenti simili;

la ricostruzione del quotidiano, ove fosse confermata, sarebbe particolarmente grave, perché i pescatori operavano in acque internazionali nel pieno rispetto della legalità e le forze armate italiane avevano il dovere di intervenire a loro difesa, tanto più che il sequestro è stato realizzato da milizie di un’entità libica non riconosciuta dall’Italia e dalla comunità internazionale;

se corrispondesse al vero, la notizia sarebbe grave anche sul piano dei rapporti di leale collaborazione tra le istituzioni, perché il Governo avrebbe fornito al Parlamento in Aula e nelle risposte alle interrogazioni una versione del tutto diversa;

è un dato non trascurabile, inoltre, che poche ore prima dell’evento si era svolta un’importante missione in Libia, nell’ambito della quale il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi di Maio, accompagnato dal sottosegretario Manlio Di Stefano, incontrava vari leader libici per discutere degli ultimi sviluppi sul campo del cessate il fuoco e della cooperazione economica tra i due Paesi, incontrando, oltre al premier del Governo di accordo nazionale (GNA), Fayez al-Sarraj, anche il presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, ma non ritenendo tuttavia di incontrare il generale Haftar;

non si può pertanto escludere, senza un attento vaglio e nell’inquadramento delle circostanze dell’accaduto, tra le concause scatenanti l’azione ostile libica, l’ipotesi di una reazione di rivalsa da parte di quest’ultimo, da riconnettersi alla gestione delle relazioni diplomatiche da parte del Governo italiano;

resta il fatto che ad oggi i 18 pescatori sono di fatto ostaggio a Bengasi e non si intravede una soluzione, come inizialmente era stato fatto balenare, anche a fronte di quanto accaduto in altre occasioni apparentemente simili;

appare evidente che il generale Haftar voglia utilizzare gli ostaggi italiani per contrattare condizioni migliori sul tavolo delle trattative che si stanno svolgendo in queste settimane nel “dialogo libico” per iniziativa della missione UNSFIL delle Nazioni Unite;

vi è chi ipotizza che gli elicotteri italiani siano stati ritirati per decisione “diplomatica” del Ministero degli affari esteri al fine proprio di non aggravare la tensione emersa proprio poche ore prima per la missione del Ministro in Libia, i cui colloqui erano stati considerati provocatori dal generale Haftar che era stato palesemente escluso dai colloqui, con il riconoscimento di altri potenziali interlocutori per la Cirenaica,

si chiede di sapere:

per quali motivi la Marina militare italiana non sia intervenuta e quale siano stati gli ordini, da chi impartiti e con quale sequenza;

se risponda al vero che la Marina militare abbandonò i pescatori sequestrati a seguito dell’intervento del Ministero degli affari esteri e comunque su sollecitazione dell’ambasciata italiana a Tripoli;

quali siano le direttive impartite alla Marina italiana impegnata in forze nella zona nel caso di episodi simili;

perché il Governo non abbia fornito al Parlamento alcuna versione sul mancato intervento della Marina militare, limitandosi ad addossare la responsabilità ai pescatori, come se avessero agito con imprudenza e nello specifico, perché non abbia in alcuna occasione fatto riferimento alle modalità di intervento della Marina italiana e al dispiegarsi dei nostri elicotteri, sino a quando la vicenda è stata denunciata dal quotidiano “la Repubblica”;

se sia corretta la relazione ipotizzata tra la missione in Libia del Ministro degli affari esteri, il sequestro dei pescatori, il ritiro del dispositivo militare per una scelta politico diplomatica e se la vicenda non lasci il nostro Paese in condizione di subire un ricatto proprio mentre si configurano nuovi equilibri nel teatro libico dal tavolo negoziale, condotto con tutte le fazioni, dalla missione UNSFIL.

[Fonte: www.senato.it]

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