Percorso:

280ª Seduta Pubblica – Intervento in dichiarazione di voto sulle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in vista del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2020

Resoconto stenografico in corso di seduta

RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, saluto il collega Renzi che usa le parole dell’opposizione. Ha strappato anche degli applausi da questa parte.
Signor Presidente, Governo, colleghi, Presidente del Consiglio, ho ascoltato attentamente il suo discorso e ha evitato accuratamente di approfondire la questione centrale, il nodo di fondo, ovvero la riforma del MES.
Oggi noi siamo chiamati a un atto importante e suscettibile di gravità per la nazione. Siamo chiamati, almeno formalmente, a dare un mandato al Governo sulla modifica del fondo salva Stati. Tale questione era stata accantonata, dopo essere stata affrontata con le note frizioni all’interno della vostra maggioranza e discussa anche in Parlamento, il luogo deputato per farlo e dove è stata espressa contrarietà. Uscita la questione dalla porta, è rientrata dalla finestra.
In data 30 novembre, il ministro Gualtieri, nella riunione dell’Eurogruppo, in assenza di un mandato, ha dato il consenso italiano alla riforma e il MES è diventato, purtroppo, il fulcro nella gestione della crisi delle nazioni dell’eurozona e questa è, a nostro avviso, la vergognosa ambizione della riforma.
Della riforma del meccanismo europeo se ne parla – l’abbiamo detto in molti – dal 2017, ma solo ora hic et nunc – guarda caso – diventa necessaria. Perché diventa un obbligo e perché volete tanto una riforma che abbassa la soglia della maggioranza qualificata, che di fatto esclude – aspetto poco sottolineato – l’Italia dal diritto di veto, conservato, guarda caso, da Francia e Germania, che detengono le quote maggiori all’interno del MES? Perché volete una riforma che trasferisce il potere decisionale in materia economica all’interno dell’organismo e, soprattutto, perché legittimate il peggiore dei ricatti? Lo hanno ammesso apertamente esponenti della maggioranza dicendo che la riforma è pessima, ma serve. Insomma, si riprende quel refrain insopportabile e malato: ce lo chiede l’Europa. In realtà, dovreste dire: ce lo impone l’Europa! Questo è, infatti, un ricatto europeo sulle risorse da usare contro gli effetti della pandemia da Covid.
La verità è che avete già deciso tutto non ora e non qui. Avete già deciso, come ricordava il collega Urso, che ricorrerete al MES sanitario e, infatti, nel recovery plan avete previsto per la sanità solo nove miliardi, di cui – aggiungo – 4,2 per la ricerca e 4,8 per l’assistenza territoriale e la telemedicina.
Sono decisamente un po’ pochini in un Paese in piena pandemia, al quale avete promesso protocolli di cure domiciliari che non si sono invece mai visti, ma ne parleremo.
Votando per la riforma del MES, imboccate definitivamente la strada che vi hanno indicato la Francia e la Germania e anche questo non da ora, ma dall’inizio di questo Esecutivo: una strada e un abbraccio mortale che prevedono, appunto, la modifica del MES e – Fratelli d’Italia lo sottolinea – la ristrutturazione del debito.
Come stamane ha detto Giorgia Meloni intervenendo alla Camera, l’accesso al MES sanitario, con le sue condizionalità – un aspetto che curiosamente non è stato modificato – è una delle tappe che ci porterà ad un sostanziale commissariamento dell’Italia, con la ristrutturazione del debito, con i prelievi forzosi dai conti correnti, con i nostri titoli di Stato a rischio, sui quali si può innescare una spirale speculativa e, ancora, con la polverizzazione dei nostri risparmi e magari anche con la patrimoniale.
In sostanza, cari colleghi, si realizza il disegno tedesco dell’alto debito pubblico italiano, ripagato con i risparmi degli italiani e, di fronte a questa evidenza, voi avete il coraggio di dirci che noi usiamo uno slogan quando gridiamo che il MES non serve all’Italia, ma che sono i soldi italiani che servono a garantire le banche francesi e tedesche piene zeppe di derivati. (Applausi). Non è uno slogan, diciamolo: vi fa paura perché è la verità.
Vedo che avete trovato un accordo all’interno della vostra maggioranza, dopo le finte minacce e le prove muscolari fatte a favore di telecamera, dopo le piroette stellari che hanno visto passare il MoVimento 5 Stelle dal dogma del No MES al mantra «Siamo responsabili, quindi sì alla riforma, anche se peggiorativa», per cui MES ni, anzi sì, pur di restare dove siete, in una posizione per la quale nessuno vi ha eletto, lontanissimi dal vostro programma elettorale che parlava apertamente di smantellamento del MES, nonché da quel programma elettorale, al quale avete derogato, che andava dal No TAV al No Vax al doppio mandato al Mai col PD: insomma, una carrellata di deroghe che dovete giustificare al vostro elettorato.
Ci lasciano attoniti le vostre giustificazioni alla capriola sul sì alla riforma del MES. Oltre al cedimento, che non vi fa onore, e alla legittimazione a quel ricatto di cui parlavo, mi voglio riferire anche alle dichiarazioni del ministro Di Maio che candidamente dice che resta il no dei 5 Stelle al MES – non si sa dove resti – ma bisogna votare la riforma perché la posta in gioco è la sopravvivenza del Governo.
Infine, c’è un’altra motivazione – che sarebbe quasi risibile in un altro contesto – un po’ bambinesca, per la quale chiedete di votare la riforma, ribadendo però che tanto al MES noi non accederemo mai: altra grande bugia.
Le vostre contraddizioni sono evidenti. Abbiamo tutti ascoltato anche adesso che cosa pensa il collega Renzi della task force, di questa cabina di regia in cui i tecnici sostituiscono i politici e i Ministri, insomma un’altra forza di maggioranza, che un giorno fa il partito di lotta e un altro quello di Governo e che poi, non so, dovrà decidere se fare retromarcia o cogliere la sfida finale e cruciale.
Il centrodestra resta invece compatto anche oggi, anche su questo voto, come dimostra la nostra stessa proposta di risoluzione, nella quale chiediamo di non firmare l’accordo sulla ratifica della riforma del MES e chiediamo misure di sostegno per le filiere economiche più colpite dalla crisi.
Chiediamo altresì di togliere – attenzione – quell’immunità concessa al MES e ai suoi dirigenti, immunità di cui non parlate mai; chiediamo anche di togliere quelle procedure di ristrutturazione del debito.
Fratelli d’Italia voterà contro questa riforma, che rafforza il MES in qualità di super creditore e gli consente di sindacare su quali debiti siano sostenibili o no dai Paesi; si tratta di un meccanismo che favorisce le consorterie europee, l’asse franco-tedesco e la linea di credito per i Paesi cosiddetti virtuosi, quelli che hanno il rigore nei conti pubblici, per capirci. Penso all’Olanda, che non è solo tulipani, ma è anche un paradiso fiscale che ogni anno toglie risorse agli altri Paesi europei in termini di imposte e succhia le risorse degli altri Paesi. (Applausi).
Vi piace tanto lo storytelling tra i buoni e i cattivi, tra i Paesi frugali (che sarebbero i buoni, ovviamente) e i Paesi cattivi che vorrebbero il veto. La questione si sta ricomponendo in questi minuti, ma non è da poco il nodo dello stato di diritto, sul quale lei ha sorvolato, signor Presidente del Consiglio, e che può diventare un’arma verso quei Paesi che dissentono nei confronti del pensiero unico europeo. Cari colleghi, quando votate pensate che oggi ognuno di noi fa una scelta. Oggi questa maggioranza sceglie la strada dell’asservimento alle burocrazie europee, cede al ricatto e sacrifica gli interessi dello Stato sovrano. Il nostro no a questa riforma è ontologico, è patriottico, è la difesa dell’Italia dalla dittatura economica del MES, è la difesa della sovranità nazionale dai diktat europei. Se qualcuno mi ha insegnato che più buio che a mezzanotte non è, voi siete la mezzanotte della politica e state lasciando il popolo italiano, che lei non ha mai nominato nel suo discorso, signor Presidente, neanche una volta, nelle maglie strozzine dell’Europa, senza se e senza ma. (Applausi).

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Interventi in Aula Senato, Primo piano.