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Roma Italia Lab – Non è una politica per donne

Ancora pochi i risultati del dibattito avviato sulla sottorappresentanza femminile nelle istituzioni. Importante il testo di legge in discussione alla Camera

Donne e politica: quello della sottorappresentanza femminile nelle istituzioni è un problema antico che ancora oggi le statistiche denunciano impietosamente: in base al numero degli eletti in Parlamento nella XVI legislatura risultano alla Camera dei Deputati 135 donne (pari al 21,59%) e 495 uomini sui 630 di cui si compone l’organo e al Senato della Repubblica 60 donne (pari al 18.69%) e 261 uomini, su un totale di 321 senatori.

Le donne nelle Istituzioni sono poche, troppo poche, e l’obiettivo da raggiungere è la percentuale del 30% per arrivare poi al traguardo del 50%; quello che garantisce la democrazia paritaria. Il dibattito sulla questione del riequilibrio della rappresentanza femminile nelle Istituzioni è da sempre aperto e si susseguono le iniziative, e cito sole le ultime in ordine di tempo: il tavolo di confronto in materia di parità di accesso agli organi delle società di Roma Capitale, organizzato dalla Fondazione Bellisario e presentato l’8 marzo al Comune di Roma; il Convegno “Democrazia paritaria: parità di accesso alle cariche elettive”, promosso da F.i.d.a.p.a, (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) che si è svolto il 20 marzo a Palazzo Valentini a Roma; il Convegno di Catanzaro lunedì 26 marzo, “La democrazia paritaria”, promosso dalla Commissione regionale per le pari opportunità tra uomo e donna della Calabria e dalla F.i.d.a.p.a.

Molte le iniziative negli anni, pochi i risultati! Per puntare ad impegnare le Istituzioni a trovare soluzioni concrete è stato organizzato, nel novembre scorso, il I° Forum delle Elette nei Consigli regionali e nelle Province Autonome – a cui ho preso parte in qualità di Consigliera regionale e membro del Comitato promotore – che ha approvato un documento conclusivo, rivolto ai Presidenti delle Assemblee legislative regionali per il riequilibrio della rappresentanza di genere nelle cariche elettive e nelle Istituzioni politiche. Il documento definisce le linee guida e di indirizzo per il riequilibrio indicando la necessità di intervenire sugli Statuti delle Regioni e sulle leggi elettorali regionali in maniera incisiva e coordinata, introducendo il principio vincolante della rappresentanza di genere (doppia preferenza o collegi binominali), e stabilisce l’avvio di un dialogo strutturale con le Commissioni per le Pari opportunità, con le Commissioni parlamentari competenti, con le elette nelle Assemblee degli enti locali e con tutte le organizzazioni che operano a favore del raggiungimento della parità di genere e con gli organismi associativi di riferimento. La richiesta di democrazia rappresentativa e della rimozione degli ostacoli che impediscono la piena parità di genere nelle istituzioni, formalizzata dal I° Forum delle Elette, apre ad una visione programmatica che supera le stesse quote-rosa per collocarsi su un livello più alto di funzionalità dei sistemi democratici.

Nelle regioni la rappresentanza femminile è marginale e pari all’11.5% nei Consigli Regionali, e al 17.6% nelle Giunte, mentre due sole donne sono le Presidenti di Regione (Lazio e Umbria), (Fonte Anci, Luglio 2010). Ci sono regioni, come ad esempio la Calabria, dove – malgrado lo Statuto menzioni l’obbligo di candidature femminili nelle liste elettorali, pur senza stabilire alcuna proporzione rispetto alle candidature maschili – non figurano donne elette in Consiglio Regionale.

Sul fronte della rappresentanza di genere in termini di previsioni legislative, la Regione Lazio è sicuramente all’avanguardia, considerato che nel suo Statuto si stabilisce nella Giunta la rappresentanza femminile di un terzo e anche una quota di rappresentanza di genere nell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, nonché il 50% di candidature femminili nel listino. Diverso il caso della Campania, dove il Consiglio regionale rappresenta, in questo senso, un modello di riferimento, in quanto ha tradotto in norma il principio di democrazia paritaria, introducendo, nelle ultime elezioni amministrative, la doppia preferenza di genere nella propria legge elettorale regionale. E’ evidente, dunque, che la revisione degli Statuti e delle leggi elettorali regionali rappresenti un passaggio fondamentale e prioritario, perché senza l’introduzione di nuove regole, il nostro non sarà mai un “Paese per donne”. Un deficit di democrazia paritaria che denuncia una vera e propria malattia ed asimmetria del nostro sistema democratico, che rischia di endemizzare una situazione critica legata anche alla tardiva introduzione in Italia, nel 1946, del diritto di voto per le donne. Una risposta fondamentale può arrivare allora dalla discussione in corso alla Camera del testo di legge “Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei Consigli e nelle Giunte delle Regioni e degli Enti locali”: un punto d’arrivo e, al tempo stesso, di partenza per ridisegnare la geografia politica nei luoghi della decisione, politica ed economica. Solo rafforzando le politiche di promozione della parità di genere e realizzando una presenza equilibrata tra uomini e donne nella gestione della vita politica del Paese, si puó garantire l’efficacia di un sistema veramente democratico.

di Isabella Rauti

[Fonte: www.romaitalialab.it]

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