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La Notizia Giornale – Non solo Weinstein e Hoffman, anche l’Italia è un bel porcile. Scoperchiato il vaso di Pandora delle violenze ma le donne che denunciano restano poche

LaNotizia3novembre2017

Collage-1Il muro di impunità, omertà ed ipocrisia che, da sempre,  nasconde le violenze sulle donne, sta crollando. È bastata una crepa, per scoperchiare il “Vaso di Pandora” e far uscire un male antico come il mondo. Ma andiamo per ordine. Lo scandalo sessuale che ha coinvolto Harvey Weinstein non è stato il sasso nello stagno, ma la classica punta del più classico degli iceberg. E così, a cascata, dopo il caso-Weinstein, il mondo di Hollywood ha continuato a tremare con le testimonianze e le accuse al regista James Toback. E, poi, dall’America alla Gran Bretagna, da Hollywood a Wall Street, dal mondo dello spettacolo a quello della politica, lo scandalo sessuale ha coinvolto oltre trenta politici (a comcinciare da Damien Green) e attori di punta come, ultimo caso, Dustin Hoffman. Lo scandalo delle molestie a sfondo sessuale  ha travolto anche il Parlamento europeo dove pare che prendere un ascensore da sole sia rischioso quanto camminare di notte in una zona decentrata e malfamata di una metropoli;  e, dopo l’articolo del Sunday Time, che aveva raccolto numerose testimonianze  di molestie subite dalle assistenti impiegate all’Europarlamento, i gruppi parlamentari hanno presentato, la settimana scorsa,  sette mozioni che sono state discusse in una Plenaria semideserta e quasi totalmente femminile.

Casa nostra – Anche l’Italia ha fatto la sua parte. Molte le accuse mosse da attrici ed ex attrici a produttori e registi italiani, a cominciare da Asia Argento fino alle testimonianze riportate nel servizio delle Iene dei giorni scorsi. E ieri la notizia del ginecologo siciliano agli arresti domiciliari per gli atti reiterati di stupro  di una giovane  paziente di origini tunisine. E chissà quanto altro vedremo emergere ora che la falla si è aperta, ora che  la discarica del sesso si dischiude al cielo. E ora che le donne – magari – prenderanno coraggio e riusciranno a denunciare di più le violenze subite. Perché la questione di fondo è una (e lo avevamo anticipato su queste colonne): la piaga dei ricatti e delle molestie sessuali, delle violenze fisiche e sessuali. Se qualche vittima ha strumentalizzato la sua vicenda per mettersi in mostra ed aumentare la sua personale visibilità ed anche se qualcun’altra fosse stata consenziente ed avesse accettato di “fare sesso per fare carriera”, resta il fatto che le vittime vere esistono, ci sono, non si contano e non le vediamo. E soprattutto il numero delle vittime non corrisponde a quello delle denunce ma è drammaticamente superiore.

L’onere della prova – Il deficit quantitativo, in realtà, ha una ragione immateriale e più profonda di quel che sembra: la donna vittima di violenze sente di avere su di sé “l’onere della prova”, di dover dimostrare a tutti, al partner, ai familiari,  ai parenti, agli  amici, nei tribunali, di essere innocente, di non aver provocato né favorito gli atti subiti. La donna vittima di violenze si sente in colpa, si vergogna, perde l’autostima, teme uno stigma, ha paura di non essere creduta e, spesso, non ha fiducia nell’efficacia e negli effetti della sua coraggiosa denuncia. Diciamo le cose come stanno, anche con crudezza: quello che sta emergendo non è di oggi, è l’eterno esercizio di potere e di controllo, dell’elemento maschile su quello femminile, tipico in particolare di alcune culture ma diffuso anche in quelle che dovrebbero esserne esenti. Ma il problema di fondo è che quelle che quelle stesse culture che dovrebbero esserne esenti, minimizzano e giustificano. L’autore della violenza non solo non si assume ma non accetta la responsabilità degli abusi fatti: è la soddisfazione della teoria dell’atto predatorio e del piacere dato dal potere, dalla forza e dal possesso. Quello di cui parliamo è un esercizio di supremazia, in  taluni casi una riaffermazione di gerarchia ed una “conferma” del più irrispettoso dei luoghi comuni, ovvero “alle donne piace”, perché in fondo in fondo sono tutte uguali e un po’ promiscue. Ebbene, ora che il porcile globale sta emergendo, approfittiamone per fare un pò di educazione e di rieducazione: “no” significa “no”; e chi subisce violenza è una vittima, non una complice. E deve difendersi denunciando. Sempre.

[Fonte: www.lanotiziagiornale.it]

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